Missioni Consolata - Febbraio 2006

Il STIGMA EPAURA 11 1111 1111111111 rus,e questi continuano a tacere, pensando che nel parlare della propria situazione ci sia molto da perdere epoco da guadagnare. li silenzio, almeno, permette loro di non essere visti come lebbrosi. l malati di Aids sono doppiamente colpiti:dalla malattia fisica e, spesso, dal non trovare alcuno con cui parlarne.Da parte loro ci vuole coraggio; ma questo può nascere solo quando si incontrano veri ascoltatori. L'anno scorso, durante un incontro di sacerdoti, organizzato dalla diocesi di Johannesburg per parlare sull'Aids, una delle «dinamiche di gruppo»chiedeva di discutere su queste domande:«Se tua sorella scoprisse di essere ammalata di Aids, ne parlerebbe con te? Lo direbbe asuo marito? Cosa le accadrebbe sul posto di lavoro?».Nella discussione azzardai un'altra domanda:«Se tu, prete, scoprissi di avere l'Aids,ne parleresti...e con chi?». Credo che anche nella chiesa, anzi, nelle chiese cristiane (in Sudafrica ce ne sono più di 5.000) non siamo ancora riusciti a liberarci e a liberare la nostra gente. In un paese dove il90% della popolazione si dichiara cristiana, non siamo stati ancora capaci di diventare «buona notizia»,di rivelare il volto misericordioso di Dio,che continua asfidarci:«Ero malato e...». L'Aids ha mostrato che il nostro cuo16 • MC FEBBRAIO 2006 re, almeno in parte,assomiglia più a quello del fariseo che al cuore di Dio, che si identifica con il malato. l volontari, ministri della consolazione La «coalizione» lanciata dall'attuale presidente del Sudafrica è stata una .sfida all'abituale ritmo del lavoro nelle parrocchie affidate a noi missionari della Consolata.Verso la metà dell'anno 2000,abbiamo invitato una suora delle Francescane di Nardini, comunità che si occupa di malati di Aids, a parlare del problema durante, la messa domenicale: lanciammo l'appello perché qualcuno offrisse la propria disponibilità al servizio degli ammalati della comunità. La risposta fu immediata. Si presentarono una cinquantina di giovani eadulti, che nei mesi successivi furono preparati con appositi corsi, tenuti dalle stesse Francescane, sulla Durban: parco intitolato a Gugu Diamini, uccisa per aver avuto il coraggio di confessare pubblicamente di essere sieropositiva. prevenzione e l'accompagnamento dei malati di Aids. Nasceva così il primo gruppo di volontari, diventati ministri di consolazione, volto visibile dell'amore del Padre. Il primo impegno fu quello dell'accompagnamento.Si cominciò con il lavoro di collegamento tra l'ospedale e gli ammalati,dal momento che la struttura sanitaria non poteva prendersi cura a lungo di un numero tanto elevato di malati e li rimandava a casa appena notava in essi un qualche miglioramento. Ma come rintracciare tanti altri, che hanno paura di parlare del loro male? Come primo passo, una domenica fu organizzata una celebrazione religiosa per i malati, in cui tutti erano invitati,anche i non cattolici.lniziammo il rito con l'aspersione dell'acqua benedetta, chiedendo al Signore di purificare i nostri cuori. Dopo aver chiesto aDio di guidarci con la sua Parola,'abbiamo ascoltato alcune letture,commentate da due volontarrche,alla luce della loro esperienza, illustrarono il cammino intrapreso dalla nostra comunità e le sfide che doveva ancora affrontare. Quindi,altri due volontari hanno guidato la preghiera s'ui malati, chiedendo al Signore di darci un cuore nuovo e riempi rio con il suo spirito: le parole erano seguite dal gesto dell'imposizione delle mani. Infine chiedemmo al Signore di guarirci con il suo olio santo erisuonò l'invito:«Chi sente il bisogno, si awicini per ricevere l'unzione dei malati».Nessuno rimase seduto. Eravamo coscienti che tutti avevamo bisogno di guarigione,dal bambino al più anziano, dal mome11to che in Africa non si fa alcuna distinzione tra una malattia e l'altra. Alla fine della celebrazione ungemmo con l'olio santo anche i volontari ed esortammo la genteaffinché li invitasse a ripetere ciò che avevano fatto in chiesa:pregaree condividere la Parola di Dio con i malati rimasti in casa. Il presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki, con un gruppo di giovani.

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