Missioni Consolata - Febbraio 2006

j MISSIONI CONSOLATA M aria è ha meno di vent'anni; è malata di Aids e, nel momento in cui scrivo, forse è già morta. La ricordo su un pagliericcio in una stanza piccola, ma dignitosa e pulita. Fuori, nel piccolo cortile davanti alla porta, alcuni bambini fanno festa alle mie figlie venute con le caramelle. Dentro,con lei, i genitori, in piedi in fondo alla stanza. Maria è «pelle e ossa», rannicchiata sotto una coperta di lana,malgrado i trenta gradi di oggi. Le viene messa una flebo, appesa a un chiodo nel muro; non riesce più a nutrirsi, perché un germe le ha infettato le mucose dalla bocca fino all'intestino, : che non riesce più aassorbire i cibi, : causandole una dolorosa diarrea. : Gli occhi infossati mi guardano: : qualcuno le ha spiegato che sono un : medico e negli occhi le si è accesa l 1 una luce di speranza.Vorrei dirle qualcosa, ma il mio swahili fa cilecca (è soltanto un problema di lingua?); riesco solo a balbettare alcune parole di cordoglio e poi le lacrime mi annebbiano la vista. Le prendo la mano per qualche istante. Forse il gesto serve più ame che a lei.Mi occorre sentirla, quella mano fredda emalata; almeno un contatto umano, al di là delle parole.Vorrei uscire, scappare; ma il ricordo di Maria non mi lascia proprio. Passano pochi minuti e con Paola, una volontaria italiana che lavora al 11 111111 111111 Un'aula del Centro Affamano, per la prevenzione dell'Aids. «Centro Allamano» di lringa, torniamo alla base. Rientrano anche le altre infermiere che hanno finito il giro di visite domiciliari. Ele storie si ripetono: un bambino è morto stanotte, una mamma è stata ricoverata in ospedale in fin di vita; pochi sono quelli che migliorano. È la tragedia dell'Aids in Africa, ove i farmaci sono per pochi, troppo pochi. Paola abbozza un po' di numeri: «Qui abbiamo in cura domiciliare circa 1.500 malati di Aids:a tutti portiamo da mangiare e, poi, cerchiamo di curare le infezioni, alleviare il dolore, dare ai malati un po'di dignità.Solo per 130 abbiamo i farmaci; è stato difficile inserire i pazienti nella lista dei candidati alle cure. Seguiamo le indicazioni del ministero tanzaniano della sanità, ma molti sono fuori dal programma di trattamento, acausa della mancanza di fondi; perch'é i farmaci adesso arrivano, ma per loro sono troppo costosi (una cura costa più dello stipendio annuale). Solo per il supporto alimentare adomicilio, i vestiti e le rette scolastiche per i figli, spendiamo circa 1O mila euro al mese.Abbiamo fra i nostri utenti 150 bambini, ma sono destinati amorire, perché non possiamo fornire loro i farmaci. Ecco, se già prima avrei voluto scappare, adesso rimango senza parole e, adistanza di 20 giorni da quell'incontro,ancora mi tornano alla mente i 150 bambini destinati amorire. Equesto non è che uno dei tanti luoghi che ho visitato, dei tanti missionari che ho incontrato; le storie si ripetono, ognuno ha centinaia di malati da curare, migliaia di orfani da assistere. C erto, ai ricordi tristi si a_lternano anche momenti di gioia, come l'esperienza vissuta al villaggio di lhela, nella regione deii'Ukinga, ove spesso si reca suor Emelina, missionaria della Consolata. Insieme incontriamo la gente del villaggio e pranziamo con loro.Qui, l'anno scorso abbiamo cominciato un progetto di adozioni adistanza dei bambini orfani. È una esperienza di «gemellaggio», di vicinanza, di familiarità con i più poveri, che ha riempito di gioia il cuore mio edi quelli che erano con me, ricordandoci quanto sono vere le parole di Gesù: «Vi è più gioia nel dare che-nel ricevere». E, ancora, i ricordi belli: tante persone che abbiamo incontrato e che stanno dando la vita a servizio di chi soffre, missionari,ma anche laici, come il dottor Gerold, un medico tedesco che lavora come volontario a lkonda. Egli mi ha impressionato, oltre che per la sua professionalità, 1 per la sua grande umanità verso i malati, che cura con amore e dedizione totale. Ora non ho che un sogno:vedere tanti bambini sorridere, avere tante mani da stringere e scorgere final - mente la speranza sul volto di questi fratelli e sorelle che il Signore mi ha dato la gioia di incontrare sul cammino. MARINA BARCELLA fRANCESCHI MC FEBBRAIO 2006 • 19

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