Missioni Consolata - Febbraio 2006

MISSIONI CONSOLATA scovi africani ci opponiamo alla marginalizzazione dell'Africa come continente. Chiediamo di rispettare l'Africa,che non ha bisogno di pietà, ma di amore vero, solidarietà egiustizia». Eguardando al continente e alle sue ricchezze umane, alla sua capacità di affrontare le difficoltà e le sofferenze, e di custodire, nonostante tutto, l'ottimismo, il presidente del Sceam dice con convinzione:«Noi non abbiamo paura. l popoli dell'Africa sono ricchi di forza interiore e di valori nobili, di coraggio e di determinazione avincere la pandemia. È per questo che facciamo appello a tutti i popoli africani, affinché si impegnino coraggiosamente nella lotta contro l'Hiv/Aids. Eaccoglieremo la solidarietà di tutti gli uomini e le donne di buona volontà». Rapporto «olistico» Il ruolo delle chiese africane e dei missionari in Africa, nel settore della salute, è assolutamente rilevante. Ancora oggi, oltre la metà di tutte le strutture sanitarie presenti nel continente sono gestite da enti ecclesiali o missionari. Einoltre, se si guarda allo specifico della lotta all'Aids, «la percentuale dei centri di assistenza sanitaria della chiesa cattolica che curano l'Aids in tutto il mondo è il 26,7%, contro il42% gestiti dai governi di tutto il mondo con copertura economica». Lo fa notare in un'intervista a Fides, il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale della salute, che aggiunge:«Anche per questo il santo padre ha voluto la Fondazione ii"Buon Samaritano'; che si occupasse di aiutare i poveri malati».Creata il l 2 settembre 2004, eaffidata al Pontificio consiglio per la pastorale della salute, la Fondazione ha ricevuto una donazione personale di Benedetto XVI di l 00 mila euro. Nei suoi primi mesi di vita, precisa mons. Lozano,«la Fondazione ha già inviato 40 mila dollari, equamente divisi tra Etiopia,Congo,Tanzania e Birmania, che possiamo dire sono già pasticche antiretrovirali». Quello di for-hire farmaci, tuttavia, Johannesburg: orfanotrofio eclinica finanziati dall'Ufficio Aids della Conferenza episcopale del Sudafrica. 11 1111 11111111 Incontro di preghiera dei volontari impegnati nella lotta all'Aids aMadadeni (Sudafrica). non è l'unico strumento con cui la chiesa interviene direttamente nella lotta all'Aids.Quattro sono le linee di fondo, per un approccio di tipo «olistico» al problema, un approccio cioè che prende in considerazione tutti gli aspetti legati aquesta terribile pandemia. Non solo trattamenti antiretrovirali,dunque,ma anche prevenzione e formazione, assistenza psicologica e spirituale, accompagnamento dei malati e delle loro famiglie, assistenza alle vedove e agli orfani, e un lavoro di base per promuovere valori e comportamenti responsabili ispirati al vangelo. Anche in ambiti non ecclesiali, pare essere questa la linea guida predominante nella lotta all'Aids, come dimostra l'ultima Conferenza interflazionale che si è tenuta ad Abuja, in Nigeria, all'inizio di dicembre 2005,significativamente incentrata sul tema: «Hiv/Aids e famiglia». «Dobbiamo prendere in mano il nostro destino- ha dichiarato per l'occasione il presidente della Conferenza, Femi Soyinka- e liberarci dell'Hiv/Aids: per questo sono necessarie politiche che rinforzino il modello familiare africano, basato sui valori dell'ospitalità, della cura edell'assistenza». lnUganda Un esempio positivo in questo senso viene daii'Uganda. Dove la chiesa ha dato un contributo fondamentale alla riduzione della prevalenza deii'Hiv/Aids,adottando una formula basata sulla promozione dei valori, la fedeltà e l'astinenza.Questo intervento capillare, in tutte le regioni del paese, anche quelle rurali più isolate- e persino, dove è stato possibile, in quelle devastate dalla guerriglia nel nord- si èassociato a un importante lavoro in rete di tutti i soggetti impegnati nella lotta all'Aids, dal governo ai donatori internazionali, dalle associazioni locali alle Ong straniere. l risultati sono incoraggianti. Si è infatti passati dal l 2% di persone affette da Hiv/Aids all'inizio degli anni '90, al4, l% nel2003 (ultimo dato disponibile) con una prevalenza tra gli adulti dei7,5%.Anche nella capitale Kampala la percentuale è scesa significativamente dal 29% di l O anni fa all'8% attuale. Questo grazie ancne all'intervento tempestivo del governo che, a fronte del primo caso diagnosticato nel l 982, ha messo a punto un piano nazionale di lotta all'Aids già quattro anni dopo, aggiornato successivamente in diverse fasi per rispondere sempre meglio all'emergenza.Nel 2001, il Progetto di controllo dell'Hiv/Aids coinvolgeva l 2 ministeri, 28 Ong locali e il')ternazionali,e 30 partners. In Sudafrica Lo stesso non si può dire per molti altri governi africani, alcuni dei quali, come quello del Sudàfrica, portano pesanti responsabilità per il grave ritardo con cui hanno affrontato il problema Aids. Nonostante il paese abbia il numero-assoluto più alto di malati- 5 milioni su una popolazione di 44- il governo di Thabo Mbeki ha elaborato un serio piano nazionale di lotta all'Aids solo nel novembre 2003,con l 5 anni di colpevole ritardo.Oggi il Sudafrica si trova afar fronte a una pandemia fuori controllo che sta devastando la società a tutti i livelli. Anche qui la chiesa cattolica- che pure non è maggioritaria nel paesesta facendo un"-=ravoro enorme ed è seconda solo al governo quanto aerogazione di servizi legati alla prevenzione e alla cura dell'Aids. Un contributo importante all'opera coordinata dall'Ufficio Aids della Conferenza dei vescovi del Sudafrica MC FEBBRAIO 2006 • 13

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=