Missioni Consolata - Gennaio 2006

ferenza dal neurotrasmettitore éhimico in difetto, a isolare la malattia del singolo dalla crisi della società in cui ci muoviamo e della quale siamo impregnati. Eallora si ricorre in maniera sempre più massiccia agli psicofarmaci, che·, tra l'altro, hanno costi sempre più elevati, non giustificati dai miglioramenti, peraltro inoppugnabili (non tanto in termini di efficacia, quanto in termini di minori effetti collaterali). OLTRE I PREGIUDIZI E Gli STEREOTIPI Piccola riflessione: e se in psichiatria invece di parlare solo di guarigione imparassimo a parlare di qualità della vita? Lo psichiatra allora non è più il professionista della sofferenza, così come la sofferenza non è più una malattia di cui quasi vergognarsi, ma un bagaglio della grande valigia della vita. Allora un altro concetto è importante: quello di evitare le categorie, le generalizzazioni. In quest'ottica non esistono più gli schizofrenici e gli psichiatri, i depressi e gli infermieri, i disturbi di personalità e gli psicologi, ma persone diverse che fanno la medesima professione o che hanno la stessa malattia. In questo modo, possiamo meglio realizzare la soggettività di ciascuno, premessa itnportante per poter continuare ad esistere agli occhi degli altri in quanto individui con la nostra unicità fatta di biologia, di costituzione, di temperamento, ma anche di incontri, di esperienze e storie che nessun altro ha uguali alle nostre. Così parleremo di persone che esercitano la professione di medici o di infermieri , così come parleremo di persone ammalate di schizofrenia o di depressione e questo ci permetterà di evitare generalizzazioni che sono alla base dei pregiudizi e degli stereotipi: «gli schizofrenici sono violenti e impreveONSOLATA dibili», «gli psichiatri sono eccentrici e particolari». Modalità per impedire il reale incontro con l'altro che è la grande magia della vita, anche quando la generalizzazione è in positivo tipo: «i matti hanno un'intelligenzae una sensibilità eccezionali» o «gli psichiatri sono studiosi e profondi». Scopriremo così che esistono psichiatri simpatici e altri antipatici, schizofrenici intelligenti e no, infermieri spiritosi ed infermieri noiosi, matti generosi ed altri gretti. Allo stesso modo occorre riflettere insieme sullo stato di salute del mondo in cui viviamo, con le sue devastazioni ambientali,i cibi adulterati, l'aumento della povertà, la crisi industriale, i conflitti etnici e religiosi, le guerre preventive perché, come diceva il psicoanallstaJames Hillman nel suo libro dal titolo provocatorio «Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio» (8), non si può non far entrare nella stanza della terapia quello che succede fuori, se no si rischia di promuovere una cultura solipsistica, di ripiegamento su se stessi che è già ìl grande dramma della nostra società occidentale così impregnata di narcisismo equindi di perdita di contatto con il proprio sé più intimo e con la dimensione empatica verso l'altro. Evitiamo anche, per quanto possibile, di chiuderci nelle nostre specificità, impariamo a promuovere la cultura della mescolanza e della curiosità per le differenze degli altri, insieme al rispetto nel piacere della reciprocità. Bisogna poter procedere nella direzione della condivisione consapevole, insieme alla scoperta che, come con amici abbiamo ripetuto in quella meravigliosa esperienza che è stato, nel 2002, il primo forum piemontese itinerante della salute mentale: «La psichiatria non è solo il luogo tetro della sofferenza e della solitudine, ma anche il luogo dove recuperare solidarietà, senso d'appartenenza e capacità di provare piacere!». Non a caso il sottotitolo del forum, più come augurio che come provocazione, recitava «Divertirsi insieme è terapeutico!». L'operatore della salute, lo psiAl ~centro diurno• di via Leoncavallo 2, a Torino. ---------------------~------------------------------------------------- MC GENNAIO 2006 ■ 29

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