Missioni Consolata - Gennaio 2006

Quando nel 1985 hanno iniziato a lavorare insieme, l'équipe era composta da 3 medici a tempo pieno, una psicologa, un assistente sociale (e per un certo periodo addirittura due), 6 infermieri a tempo pieno ed i casi attivi erano circa 300, quasi tutti di chiara pertinenza psichiatrica, per i quali attivare le risorse di personale ed economiche (sussidi, una tantum, borse lavoro, soggiorni) a disposizione. Un bel mix tra i 2 vecchi infermieri che avevano vissuto da protagonisti la fase propedeutica alla chiusura dei manicomi con la famosa legge 180 (conosciuta come legge Basaglia) e il resto del personale, tutto alle prime esperienze, amalgamati dalla responsabile che, pur ancora giovane, aveva lavorato anch'essa in manicomio, permettevano all'équipe di sentirsi parte di un progetto forte, con una salda base ideologica e con valori morali ed etici che permettevano di esprimersi in un'atmosfera di creatività, ma anche di efficienza. Sarebbe ora interessante vedere come si è trasformata quell'équipe: al momento un medico a tempo pieno che sta scoppiando per il carico lavorativo, un medico che si occupa anche di ricerca e quindi dedica metà tempo all'attività clinica con i pazienti, e un terzo medico che al momento non c'è perché in gravidanza e comunque per quel terzo posto negli ultimi anni si sono awicendati, per motivi diversi, ma costituendo un dato che comunque dovrebbe far riflettere, 5 medici e un sesto sta arrivando. Da un anno è finalmente tornata l'assistente sociale, figura professionale che per un paio d'anni era mancata, mentre gli infermieri sono quattro più una a 15 ore. La figura dello psicologo è presente: una. Insomma, un'équipe assolutamente indebolita, mentre il carico lavorativo, owero il numero dei pazienti in cura che necessitano di visite regolari e abbastanza rawicinate, è aumentato di molto, diciamo almeno del 30% in questi 20 anni. Per non parlare di quello che succede nei turni in ospedale, quando dal pronto soccorso si viene chiamati per affrontare situazioni di marginalità di gran lunga superiori alle reali competenze cliniche. Dunque, cos'è la psichiatria oggi? Come funziona un Dipartimento di salute mentale? Proviamo a raccontarlo. EVOLUZIONE O INVOLUZIONE? Credo che ormai non esistano più dubbi sui danni che sta causando il modello neoliberista. Questa non è la sede per soffermarci, ma sicuramente una serie di contraccolpi li respiriamo anche nell'ambito del nostro lavoro di operatori della salute mentale. Il neoliberismo promuove il «Dio-mercato» e riduce tutto a merce, come tale monetizzabile. Persino l'acqua si vuole privatizzare (1 ). Che c'entra questa storia con la psichiatria? C'entra: basta considerare la salute mentale come un terreno di profitto. Dunque, l'oggetto di cui si occupa la psichiatria, owero la salute mentale, rappresenta un fenomeno complesso articolato su almeno tre livelli: quello biologico, quello sociale e quello psicologico. Negli anni, a seconda della cultura dominante, si è enfatizzato un aspetto piuttosto che un altro: fino alla seconda metà degli anni Sessanta, per esempio, l'aspetto primario era quello del controllo sociale e gli ospedali psichiatrici, i manicomi, ben assolvevano questo compito. Le forti spinte di rinnovamento sociale veicolate dal movimento dell'ormai mitico Sessantotto fecero sì che in quegli anni l'accento fosse posto prevalentemente sul ruolo della società come «fabbrica della follia» (2). Le caratteristiche insite nel movimento di demanicomializzazione, l'atmosfera di libertà e impegno che si respiravano funzionarono da collante e diedero una forte identità agli operatori della salute mentale: lavorare in psi- • persone affette da malattie mentali: 450 miRoni • numero di suicidi all'anno: 1 mlione • persone schizofreniche: 45 mlioni • persone con problemi di abuso di alcool: 140 milioni • percentuale dalla spesa sanitaria mondiale per la salute mentale: 2% (alabmmiona su dati DMa/Wt«JJ ■ MISSIONI chiatria significava sentirsi prota· gonisti di un cambiamento epocale che ridava dignità e soggettività al malato psichiatrico, essere per la creatività, l'impegno e la solidarietà contro i vecchi modelli di reclusione, violenza, negazione dei diritti (3). Un forte senso di appartenenza caratterizzava gli operatori di quegli anni, con la sensazione che quello che si faceva non era solo un lavoro, ma un impegno sociale fondamentale per determinare i futuri orientamenti del nostro stile di vita. D'altro canto la psichiatria era un argomento «a la page» e lo status di operatore in questo campo era fonte di riconoscimento e interesse. Ricordo quelli che sono stati i miei veri maestri, i vecchi infermieri, come li chiamavamo, che ci raccontavano gli orrori dei manicomi e ci mostravano più con l'esempio che con le parole il senso del lavorare con la persona che si affidava a noi. Scivolo su questo terreno infido, dove rischio di diventare retorico perché è un ideale che sento di aver ereditato da loro, come se mi avessero dato il testimone dei loro sogni di rinnovamento e delle loro lotte. Ecco perché mi permetto di ricordare Pino, che era stato il protagonista della rivolta contro la violenza medica (4), ma anche Augusto, Meo, Carlo e poi mi fermo scusandomi con quelli che non cito, ma l'elenco sarebbe troppo lungo. GLI ANNI NOVANTA: L'«IO» SOSTITUISCE IL «NOI» Poi gli anni Novanta, quelli della stasi: i protagonisti della chiusura dei manicomi vanno in pensione, portandosi dietro i loro ideali e lasciandoci con un po' di idee sulla necessità dell'approccio integrato, che tenga conto di tutti e tre gli aspetti citati in precedenza. Intanto la società cambia, le multinazionali diventano sempre più padrone della scena politica. Banca mondiale, Fondo monetario internazionale (Fmi) e Organizzazione mondiale del commercio (Ome) esasperano la logica del profitto. promuovono la figura del vincente, ci colonizzano l'immaginario e ci convincono che la scienza e le operazioni finanziarie in borsa ci porteranno alla felicità. Si impone il pensiero unico: man- -------------------------- MC GENNAIO 2006 ■ %1

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