Missioni Consolata - Gennaio 2006

MISSIONI CONSOLATA un coffee shop è permesso, perché sei straniera e loro tolleranti». Si raccomanda solo che, uscendo,mi copra bene le braccia e le gambe. Ed è proprio nei coffee shops che si incontra l'Egitto,quello vero:tra le maioliche gialle, bianche eblu, tra i tavoli sbilenchi disposti sulle strade polverose dei piccoli centri, tra i giocatori di tawla (backgammon) che ti accettano solo se hai la pazienza di tornare una sera e poi un'altra e poi un'altra ancora, allo stesso tavolo a ■ ■■■■■■ bere lo stesso tè, fumare la stessa sheesha (narghilé), tirare gli stessi dadi e sorrid~re alle stesse persone. Una sera dopo l'altra, quelle persone diventano capaci di un saluto più caldo, il tè profuma di rito e la sheesha diventa l'aroma di mela che la bocca pretende. In alto, la prima comunione di Nadia, accanto al vescovo Zakaria, responsabile della comunità cattolica di luxor. Sopra, a sinistra: Cairo, moschea di Mohammed Alì; a destra: luxor, bambini dell'orfanotrofio gestito dalle suore francescane . La tawla è un linguaggio, un incastro di mosse guidate da fili sotterranei in cui i dadi fanno da controcantoallo scivolare delle pedine sul legno: nello spazio quasi intimo di un gioco amosaico che si disegna nel tempo; nascono le amicizie e le conversazioni. Eil tempo che si vive non è un sentito dire,ma un'esperienza nata da uno scambio. La curiosità non è prerogativa occidentale: i volti acquistano nomi ed ècon Mohammed,Omar,Ahmed e Said che la sera si parla di «noi». «Noi», cioè di Europa emondo arabo che sorseggiano insieme una iansung (tisana digestiva) sempre troppo dolce,domandandosi avicenda: «Come ci vedete? Cosa pensate della nostra cultura? Cosa pensate della nostra religione?». ., I I I I I I ----------------------------------------------------------------------------------------------· MC GENNAIO 2006 ■ 11

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