Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2005

Liberi tutti 1434 così scriveva: <<Noi ordiniamo e raccomandiamo... di restituire alla loro primitiva libertà, completamente e per sempre, e nello spazio di tempo di 15 giorni a partire dalla pubblicazione della presente lettera, nel luogo eli loro dimora, e di !asciarli partire senza esigere alcuna tassa, né denaro, tutti gli abitanti dei due sessi delle isole chiamate Canatie, che essi hanno reso schiavi e che tengono assoggettati ... Nel caso contrario, essi incorreranno nella sentenza di scomunica, dalla quale non potranno essere assolti neppure da questa Sede Apostolica, a meno d'aver prima restituito la libertà e tutti i beni ai prigionieri in questione». Papa Niccolò v, invece, invita il re del Portogallo, Alfonso V, a soggiogare i pericolosi saraceni, impadronendosi dei loro territori e «a porre le loro persone in perpetua servitù» (bolla Dum diversas dell8 giugno 1452). Anche Alessandro Vl autorizza il re di Spagna a ridurre in schiavitù i non cristiani delle Americhe, in lotta con il potere dei cattolicissimi sovrani. Ma è rimasto famoso soprattutto il dinamico papaPaolo m che, nella bolla Sublimis Deus (2 giugno 1537), condanna severamente la schiavitù degli indigeni americani, scrivendo chiaramente: «Noi decidiamo e dkhiariamo con questa nostra lettera... che detti indiani e tutte le altre popolazioni le quali potranno in futuro essere note alla cristianità, non saranno privati della loro libertà e dei loro beni, anche se essi non siano cristiani (!);ma, al contrario, saranno lasciati nel godimento della loro libertà e delle loro proprietà... Gli indiani e le altre genti che possano essere scoperte in futuro saranno conveniti solo dalla parola di Dio e dall'esempio di una buona e santa vita». Parole mirabili, anche se poi lo stesso papa confermerà il diritto del clero e dei laici a possedere schiavi. E, per amore di verità, occorre anche ricordare come .le disposizioni di Roma ben raramente venivano osservate (anche da preti o religiosi), nonostante fossero supportate dall'esempio di zelanti missionari, quali Bartolomé de Las Casas e san Pedro Claver. F urono i protestanti (e, precisamente, i quaccheri) che, per primi, cominciarono a opporsi e combattere decisamente contro la schiavitù in ogni sua forma; lotta che culminò nel1833 con la sua abolizione Fra' Bartolomé de Las Cosos. in tutti i territori delJ'impero britannico. Gregorio XVl proibisce, nel 1839, senza alcuna restrizione, il commercio degli schiavi. Ma, ancora nel1866, il Sant'Uffizio, in un'Istruzione fumata da papaPio IX, giustificava la schiavitù; dopo aver menzionato come la Santa Sede avesse spesso proibito il commercio dei negri , il documento così continuava: «Tuttavia, la schiavitù in sé, considerata nella sua natura essenziale, non è affatto contraria alla legge naturale e divina e vi possono essere giusti titoli di schiavitù esposti da teologi approvati e da commentatori dei sacri canoni. Non è contraria alla legge naturale e divina che uno schiavo sia venduto, comperato, scambiato o regalato». Vent'anni dopo, però, Leone X!Il, in una lettera ai vescovi del Brasile (1888), condannava nei termini più severi Ja vendita e il commercio dei negri, schierandosi decisamente per il movimento antischiavista; e nell'enciclica Rerum Novarum (1891), negava decisamente che esistessero giustificazioni per Ja schiavitù. il Codice di dirt'tto canonico, promulgato nel 1917 da Benedetto xv, imponeva severe pene ecclesiastiche a chiunque avesse venduto un essere wnano come schiavo (can. 2354). E, ne.ll965, il Concilio Vaticano n affermerà: «Tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarce razioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e respohsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l'onore del Creatore» (Gaudium et Spes, 27). S iamo partiti da Gorée ed è Il che vorremmo concludere. Proprio con le parole di papa Giovanni Paolo II che, nel febbraio dell992 , sull'isola degli schiavi , chiedeva perdono per la responsabilità avuta dai cristiani nei confronti della schiavitù. Esprimeva, cosl, in modo significativo, l'atteggiamento attuale della chiesa verso questo «crimine enom1e>> (magnum scelt-ts, come lo definì Pio n , nel1462) che ha attraversato quasi tutta la stoda dell ' umanità. «Da questo santuario africano del dolore nero, ùnpiorittmo il perdono del et'elo... Noi preghiamo perché~· crt'stianinon siano maipiù oppresson·dei loro/ratellz; in nessun modo... Noi preghiamoperchéscompaia persempre ii flagello della schiavitù, cosìcome le sue conseguenze». • MC l ottobre-novembre 2005 poglna 95

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