Liberi tutti «Una nazione senza Dio non può rimanere libera» recita uno dei cartelloni. Liberazione dalla schiavitù deve ancora «storicamente» cominciare, ma nel pensiero di Dio è già accaduta e compiuta. Dio è sempre il Presente o, come dicono gli ebrei, è la Shekinòh/la Presenza. ESSERE UBERATI DA••• La libertà è un dato di natura che deve essere costruito e difeso. Nella bibbia il binomio schiavttù-libertà è coniugato sempre al modo passivo: sei stato schiavo/sei stato liberato (Dt 24,18). La liberazione dalla schiavitù d 'Egitto diventa addirittura la celebrazione liturgica fondamentale, il modello di ogni celebrazione futura: è la pasqua, cuore e ragione della libertà dalla schiavitù. Ogni anno in ogni epoca ebrei e cristiani a pasqua <<fanno memoriale-zikkaròn» dell'esodo come se fossero «protagonisti» di quegli eventi. Durante la liturgia della veglia pasquale, il rituale ebraico prevede che il più giovane del - la famiglia, riempito il secondo bicchiere di vino (simboleggia La seconda r10tte della storia della salvezza: la notte stellata dclJ 'alleanza con Abramo in Gen 15, 1-6) domandi a chi presiede: «Perché questa notte è così diversa dalle altre?». Scoprendo il pane azzimo, il capo famiglia risponde: «Noi fummo schiavi del faraone in Egitto... Se il Signore santo e benedetto non avesse fatto uscire i nostri padri dall'Egitto, noi e i nostri figli saremmo ancora schiavi del faraone in Egitto» (Seder Pesach). Nella stessa prospettiva, nella liturgia cattolica, ai vespri di pasqua, l'assemblea canta: «Alla cena dell'Agnello, avvolti in bianche vesti, attraversato (= noi che attraversiamo [oggi]) il Mar Rosso, cantiamo a Cristo Signore>>. A - desso siamo contemporanei della liber<1zione di allora. Anche oggi c'è sempre pronto un faraone disponibtle (?) A farsi carico della fragilità di altri per sottometterli al suo volere e ai suoi interessi. Non c'è che l'imbarazzodella scelta: ragazze adescate con il miraggio del lavoro e ridotte alla schiavitù della prostituzione; orde di poveri e disperati privati del loro diritto naturale di essere persone, civili occidentali (magari cristiani) che per aumentare <<la ricchezza dell'ingiustizia» (Le 16,9) sequestrano il passaporto a - gli immigrati ammassandoli io tu!:,ruri dove nemmeno i maiali saprebbero resistere; bambini venduti e comprati MC l ottobre-nov•mbre 2005 poglna 92 per fini di pedofilia a servizio di uomini e donne annoiati nella sazia inciviltà della loro inutile vita, bambini uccisi per espiantargli gU organi, governi che si presentano camuffati da Uberali, mentre Sfomano leggi liberticide a favore dell'illegalità e del tornaconto di clU governa... tutti nuovi faraoni figli della «civiltà occidentale e cristiana», che magari osa anche scendere in piazza a difendere il «crocifisso» come proprio emblema simbolico. ESSERE LIBERATI PER••• L'obiettivo della liberazione dalla schiavitù (liberazione da...) che Dio comunica a Mosè è la Ubertà intesa come servizio: «lo sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3, 12). Scopo della libertà non è solo eliminazione della schiavitù, ma qualcosa di più alto: la Libertà come servizio cultuale, cioè un compito sacerdotale. Mosè, infatti , è mandato da Yhwh presso il faraone non per cruedere la libertà dalla schiavitù, ma per annunciare il «vangelo del servizio»: «Così ha detto il Signore: "Lascia partire il mio popolo perché mi serva "» (Es 7, 16.26; 8,16; 9,1.13): la Ube rtà che non abbia come obiettivo il servizio è la forma più tragica di schiavitù. L'autore della bibbia io greco Oa Lxx) si rende conto della densità di quesli. testi ebraici; infatti, traduce dall'ebraico 'ebed (servo) non con la terminologia della famiglia semantica che esprime l'idea di sottomissione e schtavitù (douietlo/doiìlos- io sono schiavo/servo), ma con quella del servizio cultuale (latreuo - rendo culto/servizio), che più tardi si svilupperà nel linguaggio che descrive l'ufficiatura liturgica nel tempio di Gerusalemme (/eitourghéolleitourghzà -compio un atto di culto/liturgia). La libertà, che nasce dalla liberazione dalla schiavitù, non è solo una prerogativa individuale, ma è una dimensione corale di popolo, perché tende verso la montagna di Dio, da cui discenderà la Toràh/ Legge come coscienza di un popolo libero perché sottomesso alla parola di Dio. Se a pasqua il popolo riceve la libertà dalla schiavitù come «dono gratuito», a pentecoste, ai piedi del Sinai, riceve la libenà come compito e responsabilità da condividere con tutti gli altti popoli (Gen 22,18; Sa157,10; 72,11.17) ai quali Israele è inviato come Seroo di Yhwh, titolo onorifico riservato all'inviato di Dio (Is 42,1-6). LIBERTÀ «VOCAZIONE» DI TUm I POPOLI Insegna la tradizione giudaica nel Talmud di Babilonia che mentre Dio scolpiva sulla pietra le dieci parole (t comandamefltt), si sprigionavano 70 scintt11e di fuoco, una per ogni popolo che abitava la terra: «È stato insegnato nella scuola di Rabbllshmael: "Non è forse coslla mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un mar· tello che frantuma la roccia?" (Ger 23,29). Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza si divideva in 70 lingue>> (bShabbat 88b). In Esodo 32 ,161eggiamo che «le tavole [della Toràh] erano opera di Dio, la scrittura era opera di Dio, scolpita sulle tavole>>. Il termine ebraico <<ch(a) rut-scolpita>> (in ebraico si scrivono solo le consonanti c non le vocali) in epoca talmudica (sec. ni - IV d.C.) poteva essere letta anche
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