GIAPPONE NON SOLO GEISHE I n Giappone il 4 lugUo 2005 sarà ricordato per un belpo' come una data stori~ per l'affermazione dei diritti umani delle donne vittime del traffico di persone. È la data in cui, per la prima volta. la polizia giapponese ha arrestate un trafficante di persone. La legge contro il traffico di persone e la prostituzione infantile esisteva da oltre sei anni, ma finora nessun criminale aveva pagato per le conseguenze di un traffico che l'Interpol stima attorno alle 150.000 persone l'anno. La vittima nel caso rivelato dalla polizia giapponese era una ragazzina t ho l di 13 anni . Era stata comprata in Thailandia nel 2002 dal trafficante giapponese Klyoshi Shiratori di 65 anni, grazie alla mediazione della sua giovane convivente that Poi era stata nvenduta In Giappone per 22 mila dollari. Shiratori è un impiegato di una casa dì pompe funebri. La convivente, che lavora in una sala di bellezza, ha confessato di aver collaborato in altri l O -acquisti• del trafficante giapponese. La giovane thal ha netto che l'avevano convinta a viaggiare in Giappone con la promessa dì un lavoro in fabbrica ; ma poi è stata obbligata a prostituirsi almeno 200 volte al prezzo di quasi 200 dollari per cliente. Ma a lei pagavano solo 300 dollari al mese da mandare alla famiglia in Thailandia. Aveva pensato dì scappare, ma ha poi rinunciato quando fu obbligata ad assistere a uno stupro di gruppo di un'altra vittima che aveva cercato di scappare. La polizia ha rivelato che sta investigando altri 29 casi. La stampa locale ha ammesso che le autorità hanno deciso di intervenire, soprattutto a seguito dell'imbarazzo causato dal rapporto annuale del governo USA sul traffico di persone, che ha denunciato l'indifferenza del governo giapponese per gli aspetti cri· m!nali della colossale industria del sesso commerciale in Giappone. I n realtà c'è ben poco di nuovo In questo business. ATokyo, capitaledel Giappone, ma anche una delle più sofisticate caj:)itali del sesso apagamento, abbondano i quartieri a luci rosse. Nei luoghi più tradizionali l'imperativo •solo per giapponesi• è appli· cato senza eccezioni. Ma data la domanda crescente da parle di turisti, è cresciuto il traffico di ragazze coJombiane, filippine, cin.esl e thai, disponibili anche agli stranieri. D cammino giapponese di applicazione della legge anti-traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale sarà tutto in salita. Ma l'importante è che finalmente si sono fat· ti i primi passi . In alcuni paesi, come il Nepal, non c'è modo di fare un censimento dei bambini, non solo dì quelli coinvolti ne.l lavoro vincolato, dato che si ac· quisisce la cittaclinanza al compimen· w del sedicesimo anno dì età. In questa giungla dì problemi anna· spano le molte associazioni e organizzazioni non governative che lottano per ridonare la dignità perduta e ga· ranlire un fu turo libero alle vittime delle varie forme di sfruttamento. L'esistenza del fenomeno non è spiegabile neppure con l'assenza di legislazioni mirate a contrastado. Le leggi esistono; il problema, semmai, sta nel farle applicare. Nel 1992 il Pakistan aveva approvato una legge contro il lavoro forzato, ma i fatti di - mostrano quanto poco, in questi 13 anni, sia stata rispettata. Anche l' lndia ha fatto degli sforzi per combattere la piaga dello sfrutta· mento minorile, impegnandosi a tra· durre in legge le normative emesse dall'OH in materia di lavoro forzato. MC l ottobr.. nove.mbre 2005 Genesio Ferro La costituzione nepalese del 1990 ribadisce la proibizione di ogni fom1a di sfruttamento e traffico di persone e la legge del paese vieta categorica· mente l'impiego di manodopera a persone di età inferiore a 14 anni. D Nepal è anche finnarario della C<>nvenzione internazionalesui diritti dell'infanzia. Inoltre, sotto la pressio· ne di organizzazioni comeAntislavery intemational e altri gruppi militanti locali, lo statohimalayano hapromulga· to un decreto, nel febbraio de] 2002, mirato a colpire il sistema kamaya di sfruttamento minorile c avviare processi di riabilitazione dei bambini liberati da tale vincolo schiavista. Bisogna riconoscere che il governo nepalese ba fatto della liberazione e della riabilitazione dei piccoli kamaya uno degli impegni centrali della sua politica. L'intenzione, seppur buona, non è certamente disinteressata, visto che nasconde lo scopo strategico di avvicinare giovani che, perché vessati, potrebbero trovare nella guerriglia maoista un'opportunità più che valida per riscattarsi. Sulla carta, quindi, non mancano le buone intenzioni. È assente, purtroppo, la volontà di ap· plicare le nom1ative esistenti. Difficoltà si incontrano anche nel dare un futuro ai bambini liberati dai lacci del lavoro vincolato. lnnanzitut· to, affinché non si ripetano casi come quello di I qbai, è necessario protegge· re dalla vendetta della criminalità or· ganizzata coloro che hanno il coraggio di sollevare la testa e uscire dal circolo vizioso del lavoro vincolato. È fonda - mentale garantire loro luoghi sicuri, in cui possano ricevere un' istruzione a· deguata per avviarli verso un futuro differente e non ricadano nelle mani del primo sfruttatore che incontre· ranno sul loro cammino. Infine, bisogna incidere sul problema economico di molte famiglie, dato che è nella povertà in cui si genera· no più facilmente questi contratti capestro, che obbligano i bambini a vivere in schiavitù. L'accesso a modesti prestiti agevo· lati potrebbe aiutare molti padri di fa . miglia a sviluppare le proprie nùcro· imprese, evitando cosl il ricorso agli strozzini. Qualcosa si sta muovendo. Moltissime sono le organizzazioni che si danno da fare, nonostante le diffi. coltà di ogni genere. In India, per esempio, sono stati avviati processi di riabilitazione che devono,_però, fare i comi con la scarsezza di fondi a essi destinati. Si deve pure migliorare l'informa· zione e la coordinazione tra le varie associazioni che si occupano della ge· stione di tali progetti, con quelle im· pegnare nel sociale. Naturalmente, è necessario educare i soggetti riscatta· ti o le loro famiglie a utilizzare i fondi in modo efficiente. Il cammino è ancora lungo e irto di difficoltà, che potranno essere supe· rate solo ed esclusivamente grazie alla determinazione dei governi delle nazioni interessate e al costante mo· nit'!ragg~o delle organizzazioni inter· naz10nali. Ma anche noi possiamo contribuire nella !orta al lavoro forzato e minorile con i nostri acquisti consapevoli , boi· cottando i prodotti di quelle aziende occidentali che si servono di soci locali invischiati nelle varie forme di schiavismo. È ora di dare anche ai bambini di quest'angolo del mondo il diritto di tornare a giocare. •
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