d bianchi (bidan), che parlano l'arabo hassaniya, sono i proprietari degli schiavi e detengono saldamente il potere nelle proprie mani; i neri arabizzati (haratin), che costituiscono il grosso degli schiavi o depJj ex schiavi; iili afro-mauri venuti dal sud, che parTano le lingue africane (wolo/,fula, soninke} e non hanno akun diritto, neppure quello di cittadinanza. Gli haratin sono in stato di schiavitù, come lo erano i loro genitori e progenitori... una situazione che dura da secoli. In genere gli schiavi vivono in casa dei loro padroni, dormendo in un angolo e occupandosi di tutti i lavori manuali e i servizi più umili. AJtri vengono impiegati in attività di agricoltura, allevamemo, pesca. Nelle città sono utilizzati come domestici; non vengono pagati e sono privati di ogni più elementare diritto, oltre che della dignità. Povertà e mancanza d ' istruzione contribuiscono al perpetuarsi di tale situazione. Le persone ridotte in schiavitù (e da tutti considerati schiavi a tutti gli effetti) sono impossibilitati ad andarsene. In caso di fuga , potrebbero rischiare la vita; ma, anche senza arrivare a casi estremi, non saprebbero dove andare a sbattere la testa, per cui si rassegnano alla loro condizione, come q~alcosa di inevitabile. A causa della diffusa ed estrema povertà molte persone devono dipendere da un padrone per sopravvivere. Nelle regioni n1raH, il padrone mantiene un potere assoluto sul proprio schiavo: può prestado, affittarlo, venderlo; è parte integrante del capitale costituito dalla terra. Esercita la sua autorità anche sui figli degli schiavi. Ci sono anche haratin con una vita propria e un lavoro indipendente: macellai, lavandai, carrettieri, autisti di autobus o di taxi, venditori di legumi ... ma ri - mangono schiavi. Per sposarsi devono chiedere il permesso al padrone, il quale comunque potrà chiedere loro corvées di lavoro e, alla loro morte, avanzare pretese sull'eredità. Anche dopo la liberazione, essi possono essere ancora arrestati dalla poli.zia, su incarico degli ex-padroni, e riconsegnati ai loro «proprietari». IN PARADISO.. . COL PERMESSO DEL PADRONE n controllo sulla vita degli schiavi è totale dato che, nella diffusa mentalità tradizionale, anche «andare in paradiso» dipende dalla volontà e benevolenza dei padroni. Gli schiavi sono dappertutto; ma non è facile distinguerli; non portano catene. <<La schinvitù in Mauritania è peggiore: una persona catturata ha conosciuto la libertà - spiega Malowna Mint Bila!, una dei fondatori di Sos Esc/4ves-e per mantenerla in cattività la devi incatenare. Da noi non c'è bisogno di catene: chi nasce schiavo interiorizza talmente il proprio status, da considerarlo assolutamente normale, le catene le ba già nella testa>>. A rafforzare tale forma mentale contribuisce anche l'uso della religione. «Essa viene strumentalizzata per giustificare la schiavitù, perpetuare la dominazione ed estinguere ogni velleità di rivolta o volontà di liberazione - si legge nel Rapporto 2002 di Sos Esclaves -.Si inculca così allo schiavo che la sua salvezza dipende dal suo signore, che l'accesso al paradiso è legato all'obbedienza al padrone. Così la sottomissione dello schiavo è eretta o dovere religioso». Lo testimonia la storia di MaloumH, una ragazza riuscita a scappare daJJa casa del padrone, contro la volontà dei propri genitori. «La mia famiglia non ha accettato la mia ribellione - racconta la giovane-. Ho litigato a lungo con mia madre, che mi ripeteva che quello che avevo fatto era peccato». In quanto musulmani osservanti, molti schiavi pensano infatti che sia stato Dio a metterli nella casa deJ padrone e che abbandonarla sarebbe peccato. MANCA LA VOLONTÀ POLffiCA D Corano permette esplicitamente il possesso di schiavi; ma afferma pure che, qualora essi si convertano all' islam, devono essere liberati. Ma, benché la totalità della popolazione sia musulmana, non vi è mai stata alcuna liberazione massiccia di schiavi. Dal 1980, la Repubblica islamica di Mauritania ha introdotto la sharia, che viene utilizzata, con una lettura distorta del Corano, per terrorizzare gli schiavi e mantenere lo status quo. Alcuni ulema, legati al potere, si esprimono spesso a favore della schiavitù. n governo ha cancellato la schiavitù con un testo di legge (1980), ma nessuno si è preoccupato di informarne gli schiavi. Nessun decreto applicativo è stato da allora formulato, cosl come nessuna strurrura d i accoglienza è stata apwontata per q!-'elli che da un giorno all 'altro eranodiventati ex schiavi. Un'ul tima legge, votata nel 2003, proibisce il <<lavoro forzato», ma nel testo non compa tono mai Le parole
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