Abuk Bak, colpita con un coltello dal padrone, riuscì a fuggire di notte e non tornò più indietro. Francis Bok, per 1Oanni fu schiavo a servizio della famiglia di Giemma Abdul/ah. Magok Akot Fie/ ha perso un braccio durante la razzia di un negriero. Storie c pae-.i Garang, il quale, in breve tempo, prese il controllo di tutta la parte meridionale del paese. Per arginare le attività dello Spia, lo stato maggiore dell'esercito sudanese ba adottato varie strategie, tra cui quella di formare milizie armate di cavalieri baggara, perché compissero razzie nei villaggi del sud, uccidendo gli uomini e catturando donne e bambini per essere venduti nei mercati. Ascoperchiare la pentola sono stati due professori dell'Università di Khartoum, Suleyman Ai Baldo e Ushari Ahmed Mahmud: nel1987, sfidando la censura del regime sudanese, pubblicarono un rapporto in cui denunciavano l'esistenza di una verà e pro· pria tratta degli schiavi e gli attacchi a tappeto contro le popolazioni del sud. Le dichiarazioni dei due professori furono successivamente confermate da osservatori internazionali e addirittura aggiornate e amplificate con nuove e terribili testimonianze. Alcune autorevoli organizzazioni internazionali si sono adoperate in questi anni affinché si facesse luce sulla verità dei fatti. Traesse spicca l'Anti-Slavery Internaticmal (Asi) di Londra che da tempo si sta adoperando presso leNazioni Unite su questo fronte. Insieme a storie raccaprìccianti di fame, maltrattamenti fisici, stupro, torture, mutilazioni e, naturalmente, islamlzzazione forzata, sono venuti alla luce i centri di vendita degli schiavi (Safaha, el Dhein, Kadogli, Sumeih, Alait) e il prezzo della merce umana, oscillante tra i 10 e i 100 dollari. Il prezzo pagato dal processo di islamizzazione è salato: la guerra civile e religiosa ha provocato oltre 2 milioni di morti e 4-5 milioni di sfollati e schiavi: secondo Charles J acob, presidente dell'American Anti-Slavery Group di Boston, solo nella regione di Bahr El Ghazal, dal1983 fino a oggi, più di 200 mila tra donne e bambini sono stati messi in stato di schiavitù dalle forze armate di Khartourn e dalle milizie alleate. La tratta degli schiavi è continuata negli anni '90 e continua ancora. Non tutti i prigionieri rimangono nel Suclan settentrionale. Più della metà sono «esportati» seguendo le <<rotte» tradizionali attraverso il deserto, facendo tappa nelle oasi: l'una, da sud a nord, arriva in Libia; l'altra, da ovest a est, raggiunge Port-Sudan, sul Mar Rosso, e da qui gli schiavi sono imbarcati per l'Arabia Saudita. NUBIANI AROMA Già nel u millennio a.C., i faraoni ricevevano dalla Nubla (r~ione settentrionale del moderno Sudan) gruppi di prigionieri afro ridotti In schiavitù. Per non parlare dell'impero nubiano di Meroe che si sviluppò dal N secolo a.C. al m d.C. lungo Il corso del fiwne Nllo. Sono interessanti al riguardo le testimonianze di due autori latini, Seneca e Plinio Il vecchio. Uprirno udl da due pretoliani il racconto del loro tentativo eli scoperta delle sorgenti del Nilo (caput Nlli). Erano partiti per ordine dell'imperatore Nerone (54-68 d.C.). Il testo di Seneca, un capitolodelle Naturales quaestiones, fu ripreso da Plinio il veccl\io (79 d.C.) nel Naturalis historia. Dopo aver ricevuto aiuti dal re eli Etiopia (cioè di Meroe, cir· ca 200 chilometri a nord di Khartown) e commendatizie per i re che dovevano incontrare all'interno O' impero meroitico era feudale), la missione esplorativa si spinse a meridione e. secondo lo studioso comboniano Giovanni Vantinl, non sa· rebbe da escludere che giunse alle casca· te Mur<:hison, oggi Kabalega (Uganda). Da parte sua, ìl grand~ meroetista F. Hint· ze ritienecheNerene abbiamandato due spediZioni, perché la prima del62 d.C., riportata da Seneca, parla di un •re d'E· tlopia» che •forni aiuti e commendatizie• ai centurioniì l'altra de16&67, riportata da Plinio, parla di una regina (~oda~). Comunque siano andate le cose, l'inte· resse dei romani andava ben al di là della geografia, non foss'altro perché l'impero aveva bisogno di forza lavoro e dunque di schiavi. Testimonianze di quell'epoca In· dicano una presenza consistente eli neri a Roma, utilizzatiaddirittura come gladiatori per l giochi nelle arene. Nei secoli successivi, merce di scambio privilegiata fu il prezioso «legno d'ebanQ>I: cosi venivano chiamati in codice gli schia· vi, unitamente alle armi da fuoco che giocarono un ruolo di primo plano, come oggi d'altronde, per la conquista e il con· trollo del potere. Una co~ è certa: a pagare il più alto prezzo furono gli africani sia nelle regioni orientali che in quelle occidentali del continente nero. •Per essere sincero - scriveva l'esploratore e missionario scozzese David Uving· stone (1813-1873)- devo ammettere che non mi sarebbe possibile ampliare anche minimamente ledimensioni di questo male: quando si parla di questo infame commercio, risulta semplicemente impossibi· le esagerare! Lo spettacolo che ho avuto sotto gli occhi è stato orribile!•. San DanieleComboni, padredella chiesa cattolica sudanese {1831-1881), gli fece eco, denunciando che ~l'abolìzlone deUo schiavismo, deciso dalle potenze europee a Parigi nel1856, è lettera morta per l'A· frica Centrale». GJuuo AlBANEsE MC l ottobre·novemb,.. 2005 pagina 67
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