come digiuni o pagamenti in denaro. Nella sura 16,75 la schiavitù è giustificata come dispensazione divina: «Propone Allah un esempio: ci sono due uomini, uno è incapace di rutto, è schiavo di un padrone; un altro ha mille risorse che gli abbiamo proweduto... Forse saranno uguali? No, no,lodato siaAllah!». La fortuna dell'uomo libero e la sfortuna dello schiavo, in ultima analisi, sono determinate da Al - lah. Così il musulmano non ha alcun rimorso nell' usare o sfruttaregli schiavi, perché è ciò che Allah ba ordinato e <<a lui è dovuta ogni lode!». Inoltre, la domanda retorica «sono i due uguali?» afferma un dogma del - l' anticalegge islamica, ribadita in altre sure: l'ineguaglianza fondamentale tra gli esseri umani appartenenti a diverse razze, religioni e, di conseguenza, tra padrone e schiavo (6,71; 30,28). DOVERI SENZA DIRmi Lalegislazione islamica, derivata dal Corano, vita e detti di Maometto, coclifjca una serie di «indicazioni» reJative ai rapporti tra padrone e servo e rispettivi diritti e doverL <<L'acquisizione dei servi è regolata dalla legge - scriveva Ibn Taimiya, teologo siriano deJ secolo xm, sceicco dell' islam - ed è possibile per il musulmano uccidere un infedde o mettedo in catene, assicurandosi in questo caso anche la proprietà legale dci suoi discendenti nati in cattività>>. Lo schiavo non può fare testamento, perché non ha proprietà su nulla, neppure sui figli. Tutto appartiene al suo padrone. Per sposarsi deve avere il permesso dd proprietario, altrimenti è considerato e punito per adulterio. Anzi, non ha neppure la facoltà di scegliersi la controparte, che viene imposta dal padrone. In pratica, per lo schiavo i diritti si riducono a soli doveri, assolti i quali egli può fruire della «compassione» del padrone. La disobbedienza di un servo può comportare gravi sanzioni e la sospensione della suddetta «compassione». La ~a, poi, equivale a una scomunica: «Esistono due esseri umani le cui preMi.ere non saranno mai accettate, né i foro meriti riconosciuti nell'altra vita: lo schiavo che fugge e la donna che non fa felice suo marito». Secondo la legge coranica, nessun musulmano potrà mai detenere schiavi della sua stessa religione, «poiché quella islamica è la più nobile e superiore delle razze» (IbnTaimiya). Di fatto, però, la conversione all'islam non è Storie t' pae"i mai stata garanzia di liberazione, sopram•tto per gli schiavi africani: soltanto pochi servi neri convertiti e dotati di particolari requisiti intellettivi o fisici, potevano ambire, dopo una lunga prigionia, a un regime di semilibertà, accettando di diventare soldati, eunuchi, governanti di casa e di harem o, per le donne, amanti o prostitute. SCHIAVITÙ INflNITA Secondo il diritto musulrnano, il mondo è diviso in tre parti: la casa dell'islam (darat.islam) , l insieme dci paesi islamici, in cui i «credenti» godono di tutti i diritti; la casa della guerra (dar al-harb), fisicamente occupata dai popoli non ancora convertiti; la casa dd patto (daral-'ahd), cioè quei paesi con i quali è stato stipulato un accordo. Verso la «casa della guerra» non sono riconosciute altre reJazioni se non quelle deJ jihad (guerrasanta), in cui gli <<idolatri» sono posti nell'alternativa di convertirsi o essere uccisi;mentre donne e bambini sono ridotti in schiavitù. Verso gli <<infedeli» della «casa deJ patto», soprattutto i <<popoli del libro» (ebrei e cristiani), il Corano suggerisce trattamenti di riguardo. Si fa per dire. La sura 9,29 non è affatto tenera: <<Tra le genti della scrittura, combattete qucl.li che non praticano la vera reli - gione. Combatteteli pure fino a che non abbiano pagato, uno ad uno, il tributo e non si siano umiliati>>. Ebrei e cristiani possono vivere all'interno ddla comunità islamica, purché paghino un' imposta in cambio della protezione (dhimma) da parte dello stato. Ma in caso di insolvenza possono essere ridotti in schiavitù. Tuttavia, a partire dall'vm secolo, con l'espandersi del dominio islamico, i dettami del Corano in materia di schiavismo vennero interpretati in maniera sempre più restrittiva e severa, sia nei confronti delle popolazioni africane che verso i cristiani, induisti e buddisti. Dalle guerre di conquista per convertire gli infedeli si passò alla p.irateria e alle razzie, soprattutto nel continente africano. I mercanti musulmani avviarono un intenso traffico di schiavi neri, percorrendo tre rotte: orientale, suaanese, sahariana. La prima partiva dalle coste orientali dell'Africa e, attraverso l'Oceano Indiano, portava la merce umana nelle regioni deJ Golfo Persico, in India e fino alla Cina e all' Indonesia. La seconda portava schiavi catturati tra le popolazioni etiopi, nubiane e nilotiche in Egitto e nella penisola arabica, passando per il Mar Rosso e discendendo la valle del Nilo. La rotta sahariana riforniva paesi e porti non africani con schiavi catturati nelle regioni sud-sahariane ed equatoriali. Quando i paesi coloniali europei aprirono la rotta atlantica verso le Americhe, buona parte degli schiavi venivano fomiti da mercanti musulmani e popolazioni africane islamizzate. Turtavia, mentre lo schlavismo cristiano-occidentale durò poco più di 300 anni (XV1-XIX secolo), quello di matrice islamica si protrasse per oltre 1.400 anni (vn-xx secolo). Inoltre, mentre la tratta atlantica portò nelle Americhe circa 12 milioni di schiavi africani, i mercanti musulmani, nell'arco di 14 secoli banno messo in catene oltre 100milioni di neri. ENON È ANITA Mentre in quasi tutti i paesi deJ mondo l'abolizione dello schiavismo fu sottoscritto tra la metà e la fine del secolo XIX, vari stati arabo-musulmani hanno impiegato più di un secolo per fare altrettanto: in Arabia Saudita, per esempio, la schiavitù è stata abolita ufficialmente solo nell962 e in Mauritania neJ 1981. Ma non basta una legge per sconfiggere il mercatodi esseri umani. Sotto antiche e nuove forme, lo schiavismo di matrice islamica persiste sia in Arabia che in molti paesi africani, tra il Nilo e il Sahara, più di quanto si possa immaginare. Ma nessuno ne parla, come poco si è studiato e detto della tratta islamica dci secoli passati, a differenza di queJla atlantica. Dal Niger al Sudan, la schiavitù continua a essere praticata e giustificata in nome deJ Corano. A cilanciare l'allarme sono i vescovi dell' Africa nera: «A lungo le analisi su questo tema sono state poste all'indice. Una causa della paralisi di questa coscienza storica è stato l'atteggiamento di molti intellettuali e governanti musulmani riguardo alla tratta trans-sahariana. Per ragioni di sensibilità religiosa non vogliono riconoscere adeguatamente la responsabilità araba e islamica in questo dramma, i cui effetti nefasti continuano tuttora. Oggi neJ mondo arabo il rermine nero significa semplicemente schiavo. Le tracce del commercio trans-sahariano formano strade geografiche che portano neJ Maghreb e nel Medio O - riente». • MC l ottobre-novembrw 2005 pagina 63
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