Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2005

scappati per vivere in strada operarruolarsi negli eserciti irregolari» scrivono i documenti ufficiali sul feno - meno della violenza minorile. PIENI DI ODIO Secondo la psichiatra Isabel Cuadros, <<la società li riempie di un odio pronto ad esplodere alla prima opportunità. Contro il prossimo che gli si para davanti, ma anche contro lo - ro stessi: la depressione li spinge a delinquere per farsi ammazzare, mettendo fine, nell' unico modo che vedono possibile, alla loro sofferenza». Sono migliaia i ragazzi che, ancora oggi, seguono l'esemp io di Byron di farsi assoldare dalla mafia o di organizzarsi nelle bande di quartiere che terrorizzano le principali città colombiane. E sono altrettanti coloro che combattono quotidianamente nelle file delle Fare o dell' Eln (i principali gruppi guerriglieri sopravvissuti) o nei vari blocchi paramilitari, che formano le Autodejensas Unidas de Colombia (alle prese da un paio d'anni con un singolare negoziato di pace fatto con quello stesso stato, che fu loro promotore e mandante). E altri ancora i minorenni delle classi popolari, che sono reclutati a forza durante le tradizionali pesche notturne e spediti nella selva a combattere i ribelli. A Bogotà fece scalpore nello scorso marzo il caso di Fior, una giovane cameriera che s'incatenò davanti al ministero della difesa per ottenere che suo figlio diciassettenne fosse trasferito dafbattaglione di contro-guerriglia di Larandla, in piena foresta amazzonica, dov'era stato assegnato contro ogni regola e logica. Insieme con pochi altri governi lari - noamericani, il governo di Bogotà non ha firmato il protocollo della Convenzione sui diritti del bambino delle Nazioni Unite, che vieta agli stati il reclutamento forzato e la spedizione dei minorenni nelle zone di guerra. Come spesso accade, nessuno può dirsi innocente nella violenza generalizzata colombiana e tanto meno nella sua guerra civile, imbarbarita e destinata ad essere sempre di più «una guerra di perdenti», visto che lo stato non riesce a sconfiggere la guerriglia e questa, tanto meno, ha possibilità di prendere il potere. A fare le spese dell'inutile carneficina che ne consegue sono i soggetti più deboli, a cominciare dai bambini. Ma ne fan - no le spese comunque, anche senza guerra. CON OSENZA GUERRA Secondo il Dipartimento amministrativo nazionale di statistica (Dane), lavorano per guadagnarsi la vita più di 8 dei 12 milioni di colombiani rra i 5 e i 12 anni. In maggioranza sono sfruttati nelle piccole fabbriche o nel commercio di strada, mendicano e, soprattutto le femmine svolgono lavori domestici (diventando spesso oggetto di aggressioni sessuali) o sono costretti alla prostituzione. Oppure si armano, trasformandosi in protagonisti nella guerra. In una lettera inviata nei mesi scorsi daJavier Zuiiiga, direttore per le Americhe di Amnesty lnternational, al segretario delle Fare, Manuel Marulanda, viene condannato il reclutamento di minori nelle fale dei ribelli (in un numero che va, secondo di - verse fonti, dai 5 ai 7 mila ragazzini), ricordando il «danno irreparabile procUiato alle generazioni future». Nella lettera, Amnesty contesta la giustificazione data aJ fenomeno dal comandante guerrigliero Sim6n Trinidad (recluso dal dicembre scorso in un supercarcere statunitense, dopo esservi statoestradato con la solita accusa di narcotraffico): «Per un minore è meglio stare nella guerriglia che essere sfruttato in miniera o in un campo di coca». In realtà, ci sono anche altre rafon.i che fanno aprire le porte dell organizzazione ai ragazzini (secondo varie testimonianze, sono «più intrep id i, più predisposti alla guerra e, sebbene non gli si dia alcuna responsabilità, ubbidiscono a tutti gli ordini>>). Ma la spiegazione «sociale» del comandante Trinidad non è del tutto pretestuosa. Se l'organizzazionedi Easton Street n. l ha ragione nel ricordare i diritti fondamentali e le intese internazionali, è altrettanto vero che buona parte dell'infanzia colombiana continua disperatamente a passare dalla padella alla brace. Lo testimoniano le storie dei ragazzi che, dopo avere disertato o dopo essersi fatti fortunosamente catturare in battaglia (fortunosamente perché nelle battaglie colombiane, in genere, non si fanno prigionieri), partecipano ad un Corso di riabilitazione governativo all'Istituto colombiano di tutela familiare. «Arrivò l'esercito e ci bruciò la casa. Volevo vendicarmi e per questo a 12 anni sono entrato nella guerriglia» ricordaJuan, mentre}orge dice di esservi entrato perché «come contadino, uno non è niente e non ha nessun futuro». Ma le esperienze più terri - bili sono quelle delle ragazzine che, oltre alla miseria, soffrono di continui abusi sessuali. Le testimonianze apparse sui boUertini di «Niiiez y sus derechos» della Defensoria del Pueblo, un organismo consultivo svuotato di ogni potere dall ' insediamento di Alvaro Uribe a Palacio Nariiio, raccontano l'umiliazione di essere considerate, spesso anche dai genitori, un pezzo di carne pron to a soddiMC l ottobre-novembre 2005 pagina 51

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