Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2005

zampilla nelle fessure dei pavimenti di legno. Qualche volta arriva lm filo d'acqua potabile; qualche volta. Gli abitanti di questa città sconosciuta, grande come Firenze, camminano su passerelle di legno. Ma la tristezza del popolo del fango non dipende dai fu. mi dello stagno dove runi rovesciano tutto. Malaria e colera endemico sono l'abitudine di case spugnose per l'umidità. La solitudine è l'angoscia che li ammutolisce. Un milione di profughi ha cercato rifugio attorno alle luci della città dopo aver scavato, tagliato, bruciato senza fortuna nella foresta. Considerano la palude un posto prowisorio in attesa deUa prossima occasione. E per difendere la vaghezza di un posto segreto, dove la ricchezza li aspetta, non parlano con nessuno. Sono le baracche più silenziose che abbia mai incontrato. I missionari hanno nascosto Carlos Augusto qui. Un disperato Storie c pal' ... i in più non dà nell 'occhio. «Vorrei guardarti in faccia... ». «Guardo la macchina, perché è lei che ascolta... ». Comincia il racconto. Per i nuovi schiavi, ancora inconsapevoli, raccolti su un camion a Recife, il caporale ha un nome magico: «Gato» (vedi box). Sul camion diGato, Carlos Augusto trova gente che gli somiglia: tasche vuote, tante famiglie, senza veri documenti, ma i documenti non servono: «Firmo, se il posto è vicino a una città. Sono cresciuto in una città. La foresta mi fa paura». <<Firma, è vicino». LA PAGA È••• UN DEBITO Viaggiano due giorni e tre notti e arrivano a Sao Felix do Xingu. Gato sparisce, altri capataz li prendono in consegna. «Cosa devo fare?». «Hai detto che sai usare la motosega. Tag)jerai piante e brucerai arbusti per liberare il pascolo». «Ho paura dei serpenti». «Noi vi accompagniamo... >>. Li aspettano quattro camioncini. AJtre dodici ore in una pista stretta fra le piante. <<Fmalmente ecco il posto: è la sera del quano giorno. Una casa di legno e una baracca che sembra un magazzino. Ci aspettano uomini armati. Loro dormono nella casa, noi nel caparmone. L'amaca deJia guardia dondola davanti alla porta». Al mattino si alzano col sole. Il lavoro è lontano: dieci, quindici chilometri. Schiavi a piedi, guardie armate a cavallo. Non sanno di essere schiavi fino a quando non arriva la bustB paga. Protestano: non c'è dentro niente. Un foglietto li avvisa deJ debito che sono obbligati a saldare con l'impresa. «Gato si è sbagliato nelle p romesse, inoltre dovete pagare la roba che comprate allo spaccio. Mangiare e bere costa caro. Bisogna portare rutto qui. Fino a quando il debito non è saldato impossibile tornare a casa». «DOVE SONO?» Carlos Augusto mi chiede un'altra sigaretta. «Non ~otevi scappare?». «Non sapevo dov ero. Nessuno lo sapeva. Loro avevano radio e jeep, cavalli e un elicottero parcheggiato in un posto che non doveva essere lontano. La radio parlava con la polizia». AUa distribuzione di ogni busta vuota col fog)jetto che aggiornava la crescita del èfebito, il capo delle guardie scuoteva la testa: «Dovrete sgobbare vent'anni senza battere la fiacca per restituirmi i soldi>>. l camioncini portavano via i tronchi deJ legno prezioso. E nei prati che avevamo ripuli - ti incontravamo altre guardie con centinaia di mucche al pascolo. Qualcuno provava a scappare. Riappariva dopo qualche giorno: davanti a tutti lo torturavano per dare il buon esempio. Ma la tortura era meno straziante della vita che ci imponevano. Riprovavano sempre e quando la foresta nascondeva i fuggitivi, il capo delle guardie chiamava la polizia locale, la polizia federale, i militari. Gridava al microfono della radio in modo che tutti ascoltassimo: <<Due uomini armati sono fuggiti dopo una rapina. Hanno ucciso tre guardie. Sono pericolosi. Aiutateci a trovarli... ». Insomma, non c'era scampo. Alla fine anche Carlos Augusto scappa. La Commissione pastoraleper i Senza terra - religiosi e laici che i veMC l ottobre· novemb,.. 2005 pagina 47

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