Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2005

Vittime c carnefici davia, dove l'emergere del fenomeno ha rappresentato una frattura enorme con la cultura ed il sistema di valori del passato. L'area balcanica, soprattutto Kosovo e Bosnla-Herzegovina, è importante area di transito e molte donne vi giungono via Belgrado. Secondo i risultati di una ricerca realizzata daOim,le donne destinate al Kosovo vengono trafficate da 3 a 6 volte prima di arrivarvi E il Kosovo attualmente rappresenta, oltre ad un importante luogo di sviluppo dell'industria del sesso, anche un esempio emblematico della relazione tra presenza militare e industria del sesso (box apagina 29). DALLA VICINA ALBANIA: STORIA DI ELENA Le ragioni che spingono le donne a partire adesso dovrebbero essere chiare, come dovrebbe essere chiaro che le vittime della tratta non fuggono solo dalla miseria. L'esempio dell'Albania ci può servire per un'ultima riflessione. Perché le donne continuano a finire vittime della tratta? Perché assumono il rischio e partono? Perché l' informazione (ormai abbastanza diffusa) non le ferma? Facciamo l'esempio di Elena, bella e giovane ragazza rom: capelli neri lucidi e ricci, un brillio negli occhi e le fossette sulle guance _quando ride. Elena era stata trafficata per la prima volta in Grecia. Cioè, lei crede di essere partita con il suo «fidanzato>> per la Grecia, lei crede che il suo fidanzato l'ami e l'abbia aiutata a venir via da una vita senza speranza nel piccolo vil - laggio dell'Albania dell' interno dove era nata e cresciuta. K. - il «fidanzato» di Elena - l'ha portata via quando lei aveva 14 anni e mezzo. «Ma non mi ba mai messo in strada lui - diceva sempre - lui mi voleva bene; quello che mi ha trattato male è stato il secondo». Perché dopo un anno e mezzo passato a «compiacere» pochi uomini scelti in un appartamento dove viveva con il suo «fidanzato», viene trovata dalla polizia e rimandata in Albania. Una donna che rientra può essere per la rete <<merce ormai senza valore» oppure «merce valida»: allora si ritraEfica appena fossibile. Elena viene subito ricontattata da un amico de suo «fidanzato» e questa voJta viene portata in Francia. Ma lui la mette in strada e per lei sarà una esperienza dura. Vi rimarrà solo sei mesi e poi viene nuovamente rimpatriata. È allora chela conosciamo. Aveva 16 anni e già tanta vita suUe spalle. La famiglia non voleva che ripartisse, il padre fece scattare la minaccia della vendetta contro quaMC l ottobN-novembre 2005 pagina 28 lunque uomo che tornasse ad avvicinarsi a lei ed Elena ci chiede un sostegno. Vorrebbe imparare una professione e poi poter andare via dalla casa dei genitori: il clima di mal - trattamento di sempre le era divenuto insopportabile. Elena è di un villag~io di Gramsh, secondo i dati deUe Nazioni Unite uno det distretti più poveri. A 15 anni dall' avvio della transizione l'Albania è ancora il secondo paese più povero d 'Europa; ancora il 25-30% della popolazione d'Albania vive al di sotto della soglia di povertà e un altro .30% vi è prossimo. Ma non è solo questo. Le politicheeconomiche adattate dopo il crollo del regime hanno comportato drammatici costi sociali ed economici, primo fra tutti l'emergere di una polarizzazione economica crescente che oppone sempre più aree in espansione continua ad aree che sembrano congelate in un tempo immobile, fasce della popolazione con uno standard di vita elevato e fasce consegnate alla mera sopravvivenza. A Gramsh la percentuale cbe vive in condizioni di povertà èdel46%. Si legge nell'ultimo rapporto sullo sviluppo umano per l'Albania: <<È chiaro che gli effetti delle dfom1e volte alla liberalizzazione, al decentramento e alla privatizzazione non sono sempre stati quelli attesi. La logica è piuttosto semplice: la crescita economica non sta raggiungendo una percentuale significativa della popolazione e amtalmente sta generando profonde diseguaglianze sociali. In più, la situazione delle donne e la loro posizione sociale in Albania non è cambiata in maniera marcata nell'ultimo decennio. C'è un gap cresceme tra ricchi e poveri, nonché un gap di opportunità e benefici tra uomini e donne e tra settori urbani e rurali della società». Le donne, dunque, sono lamaggior parte dei poveri del paese. Ma, ancora una voJta, non è solo questo. Dloro status economico e sociale nella società non è cambiato molto negli ultimi 20 anni e la loro posizione nella famiglia è persino peggiorata. l cambiamenti imposti durante la costruzione del regime comunista avevano avuto un impatto positivo: specialmente l'attuazione della politica del <<lavoro per tutti>> aveva fatto guadagn~re loro l'uscita dall'asfissiame sfera domestica. Adesso, perdere il lavoro significa non poter disporre di nessuna entrata, dipendere finanziariamente dal marito ed essere ricacciare ad una sfe~a d<;>mestica spesso caratterizzata da violenza e prevancaztane. n liveJJo di diffusione della violenza domestica è uno degli aspetti più preoccupanti della vita delle donne. Secondo una ricerca realizzata oell996 da una Ong locale, il64% delle donne vive situazioni di violenza all'interno della famiglia e neJ 40% dei casi la violenza è «fisica» e viene esercitata abitualmente. Esiste un sistema culturale patriarcale che la legjttima, impedendo alle vittime di parlame e anche solo di essere riconosciute come soggetto aggredito. In Albania, la legittimazìone ad esistere socialmente e ad essere rispettata passa per l'osservanza delle regole della famiglia e, ovviamente, per l'appartenenza ad una famiglia. Se non si appartiene ad una famiglia non si è nessuno. Ecco perché è impossibile per le donne trafficate rifarsi una vita quando i familiari non la vogliano riaccogliere: il rifiuto da paTte loro equivale alla morte sociale. Elena riparte perché l'entità del suo trauma è così grande che il territorio non può fornire forme di riparazione o anche solo di legittimazione. Tornare ad esercitare la

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