Vittime c carnefici da parte del padrone dei documenti di identità o degli effetti personali. In Italia abbiamo già avuto dei casi che hanno portato al fermo giudiziario di chi aveva organizzato queste forme di estorsione del consenso, non a caso nd confronti di lavoratori immigrati. Esistono però delle possibilità di costrizionemeno forzose, ma non per questo molto meno limitative della libertà individuale. Ad una lavoratrice di una piccola azienda di materie plastiche, immigrata con tre figli a carico, il datore di lavoro ba comunicato che doveva passare a part-time e che, in caso di diniego, sarebbe s tato costretto a licenziarla. In caso di licenziamento avrebbe perso il lavoro e la casa che le era stata affittata dal padrone dell 'azienda, in caso di accettazione del part-time avrebbe lavorato per pa~are l'affitto e non avrebbe avuto i soldi per mantenere 1figli. Era un'azienda con un numero di addetti inferiore ai quindici, quindi non si poteva neppure contestare illicehziamento ed avere una buonuscita maggiore come prevede la legge. È finita che si è consigliato alla lavoratrice dì accettare la condizione imposta e di cominciare a cercare subito un altro lavoro, nel frattempo si sarebbe cercato di ottenere degli aiuti da enti ed istituti pubblici per mantenere la famiglia. Una sottoli.neatura particolare va posta alla questione della casa. La legge fa obbligo al datore di lavoro che chiede un permesso di lavoro per un lavoratore straniero di garantire un luogo di abita~ione. Le ragioni sono nobili, lo si fa lavorare e non lo sì lascia su una strada o in balia di speculatori che si arricchiscono offrendo un letto, eppure si introduce così un ~rrado di vincolo verso l'impresa ancora più cogente: se perdi il lavoro, perdi l'abitazione e perdi il permesso di soggiorno. Esistono delle alternative? Soprattutto, si possono progettare altre alternative? Basterebbe considerarli lavoratori come gli altri. LA PAURA n terzo è un caso limite, paradossale quanto reale. TI lavoro so~getto a violenza fisica è una delle espressioni più evidentl del lavoro servile. Recentemente, si è rivolto ad un servizio del sindacato (che affronta le violazioni delle norme contrattuali e di legge nei rapporti di lavoro e nei trattamenti salariali) un giovane lavoratore che era stato picchiato dal suo datore di lavoro. Era una piccola azienda ed alcuni colleghi di lavoro avevano assistito al fatto ma avevano timore a testimoniare. Al lavoratore il sindacato ha confermato che era doveroso denunciare il fatto sia rendendolo pubblico che trasmettendo le informazioni all'organo giudiziario: il lavoratore ba chiesto di non farlo perché avrebbe perso il lavoro. Emergono in questo caso due aspetti di costrizione che vengono anch'essi considerati dall'Ufficio internazionale del lavoro come «minacce di punizione»: l'esclusione dalla comunità e dalla vita sociale e la perdita di stato sociale. Sono casi diffusi, senza giungere, per fortuna, alla situazione dell'accettazione della violenza fisica, pur di poter continuare a lavorare. Sono cosl diffusi che ormai è di dominio comune un termine inglese come <<mobbing>>. La violenza e la pressione psicologica è sempre esistita nel lavoro, tant'è veMC l ottobre-novembre 2005 pogina 20 ro che anche in questo caso viene la voglia di arrendersi e di chiedere di ritornare alla situazione precedente allo Statuto dei lavoratorz·, la legge del 1970 sui diritti e le libertà nei luoglù di lavoro. Con questa legge si faceva divieto agli addetti alla vi - gilanza dell' impresa di controllare i lavoratori, un aspetto deteriore dei rapporti sociali interni all ' impresa e per questo combattuto dagli interessati e daJ sindacato. Eppure, avere una persona nota e vestita in modo diverso dagli altri che aveva la funzione di controllare il tuo comportamento in azienda era forse più umano che essere controllato e punito da altrilavoratori come i colleghi in ragione del fatto che l'efficienza è fattore di competitività e se non si è efficienti tutto il gruppo è penalizzato. Si giunge cosl a situazioni estreme. Trentacinque lavoratori di una cooperativa di lavoro della provincia di Modena hanno avuto un avviso di garanzia per la complicità in un omicidio compiuto da tre loro colleghi nei confronti di un altro lavoratore della cooperativa. Questo lavoratore, un immigrato tunisino, aveva scoperto lilla situazione di frode (si producevano cosce di maiale per prosciutti con animali provenienti dall'Est Europa per poi certificarle come originarie <<di Parma») ma, invece di denunciare il fatto, aveva iniziato a ricattare la cooperativa. Tre lavoratori lo banno aspettato sulla strada tra la casa ed il lavoro e gli hanno sparato sette colpi di pistola alla schiena. n lavoro della cooperativa è proseguito ancora per un anno, quando si è conclusa l' indagine e la magistratura ha inviato i mandati di cattura e gli awisi di garanzia. QUALE FUTURO PER IL LAVORO? La mia riflessione sui rischi di un lavoro sempre meno libero nasce quindi da un punto di vista, di osservazione, abbastanza empirico. Fuori dai paradossi e dalle ironie, va pure sottolineato che il mercato ha una discreta funzione regolatrice per cui, per esempio, forme di rapporto di lavoro come il «contratto di lavoro di somministrazione a tempo indeterminato» e lo «staff leasing» non hanno avuto diffusione nelle imprese, perché non funzionali ad una organizzazione del lavoro come quella attuale. Rimane invece una grande domanda sul futuro del lavoro. Andiamo sempre più nella direzione di un lavoro senza senso (dell'tmomùz, come paventava Emile Durkheim?), almeno per la grande maggioranza dei lavoratori? Il senso del lavoro si ritrova ormai esc1usivamente nei soldi percepiti per la prestazione svolta e per la conseguente collocazione sociale che il consumo determina? Ci incamminiamo verso una organizzazione del lavoro senza socialità, perché nega lo scopo collettivo di uno deipiù importanti impegni dell'essere umano? E verso un lavoro senza umanità, perché nega che il lavoro possa rappresentare una crescita della personalità del - l'individuo? Se così fosse, la differenza tra lavoro libero e lavoro servile sarebbe solo determinata dalla possibilità o meno di essere liberi di accedere alla sfera del consumo. In quel caso ritornerebbero di attualità quei filosofi dell'antica Grecia che motivavano le ragioni dell'esistenza della schiavitù. •
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