Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2005

\'ittime e ~:arnefici viene addebitata alla stessa vittima. Le schiave nigeriane che arrivano in Italia, per esempio, sono affogate nei debiti fin da quando lasciano il loro paese. Al prestito iniziale per aiutare la famiglia di origjne e per le pratiche burocratiche, si assommano le spese di trasporto, di soggiorno nei vari paesi di passaggio fino a quello di destinazione, dove devonopagare le spese mensili: 100 euro per il vitto, 250 per l'alloggio, 250 per il posto di lavoro, e provvedere al vestiario, al trasporto e altre necessità personali. Cos1 il debito aumenta fino a 50-70 mila euro, anche se la loro capacità di «generare>> denaiO è enorme. Nella maggioranza dei casi esse ricevono appena una minima parte di questo denaro: il 90% dei guadagni va alle reti. Una ex vittima ha rivelato che, anche se arrivava a guadagnare 500 euro a notte, il suo sfruttatore si prendeva tutto e se tentava di trattenere qualcosa per sé veniva picchiata e drogata. Nell'impossibilità di pagare il debito o fuggire, queste donne restano schiave finché servono al «mercato»; dopo di che, molte entrano nella gestione deJ traffico con il titolo e compito di maman, passando cosl da vittime a carnefici . LA RAGNATELA DELLE ROTIE La natura clandestina e dinamica del fenomeno rende difficile non solo stime precise sulla sua ampiezza, ma anche le rotte dei nuovi <<negrieri>>. E poiché tale fenomeno riguarda ormai l'intero pianeta, cosi anche le rotte della tratta hanno assunto col tempo dimensioni che interessano l'intero pianeta. Esse variano e vanno non solo dai paesi del Terzo Mondo verso l'Occidente, ma anche dai paesi più poveri verso altri meno poveri e da una regione all' altra nella stessa nazione, come capita in Thailandia e altri paesi asiatici, ma non solo. Secondo uno studio de] Centro di riferimento, studi e azioni dell'infanzia e adolescenza (Cecria), Ong con sede nella capitale del Brasile, in questo paese esistono oltre 200 rotte di <<traffico interno» di persone, per lo più ragazze e bambine. Più complesso, invece, è il <<traffico esterno>>, cioè da un paese o continente all 'altro. Fino a una ventina di anni fa le rotte dei nuovi schiavi potevano essere tracciate senza grossi problemi, generalmente unendo il paese di origine e di destinazione: per esempio la Nigeria con l'Italia o il Messico con gli Stati Uniti. Oggi la tratta è divenrata un processo molto luogo nel tempo, che comporta tre momenti chiave: reclutamento, viaggio e arrivo neJ paese di destinazione. Nel tragjtto si effertuano diverse fermare in vari paesi di transito. Una delle caratteristiche di questo tipo di commercio, infatti, è proprio il continuo trasferimento delle vittime. Analogamente a quanto avviene per il commercio della droga, le rotte della schiavitù cambiano continuamente. Ogniqualvolta si modifica uno dei seguenti fattori: domanda nei paesi di destinazione, loro politiche migratorie, controlli di confine e presenza di personale corrotto all ' interno di uffici pubblici (ambasciate, polizia di frontiera, ministeri), le organizzazioni criminali implicate nella tratta si adattano velocemente, redifmendo le destinazioni e ridisegnando le rotte, sia che vengano utilizzate le linee aeree che quelle via terra o via mare. In tal modo si crea un ' intricata ragnatela in cui è difficile distinguere i paesi di origine, di transico e destinazione. Le restrizioni in materia di immigrazione dei paesi eu· ropei e lamaggiore vigilanza nei loro aeroporti hanno favorito la riapertura della ragnatela di rotte nel deserto africano, usate da millenni dalle carovane di schiavisti arabi che catturavano gli schiavi dai paesi dell 'Africa nera per rivenderli nei paesi bagnati dal mediterraneo e nella penisola arabica. Ai cammelli sono subentrati i camion, ma i drammi consumati dagli attuali trafficanti di clandestini sono identici se non peggjori. Una prima rotta, quella orientale, attraverso il Sudan e il Mar Rosso, fornisce immigrati all'Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Una seconda rotta, utilizzata da somali ed etiopi, attraversa il Sudan e prosegue verso il nord, percorrendo la valle deJ Nilo o il deserto della Libia. La terza rotta, quella transahariana, parte dal Senegal, Mali e Niger, in ctù confluiscono i disperati che scappano da Sierra Leone, Guinea, Liberia, Costa d'Avorio, Ghana, Benin, Togo, Nigeria e Camerun, e si dirama per raggiungere le coste maghrebine e imbarcarsi per passare nei paesi europei. Ogni mese 15 mila persone attraversano le dune deJ Sahara in marcia verso il nord. La rotta transahariana più occidentale parte da Dakar, nel Senegal, attraversa Mauritania e Marocco, per approdare nella penisola iberica. Ma da quando il Marocco si è impegnato con l' Unione Europea a respingere il flussomigratorio, il traffico dei clandestini si sposta a est, concentrandosi su Niamey e Agadez, nel Niger, dove confluiscono anche non pochi migranti dai paesi asiatici, come Pakistan e Bangladesh. TRAGEDIE SCONOSCIUTE Dal Niger alle coste della Libia e Tunisia, 2-3 mila chilometri su camion e furgoni sgangherati, slipati fino al - l' inverosimile, insieme a capre, bidoni e merce varia, il viaggio può durare parecchi mesi: il sogno dell'Europa diventa un calvario inimmaginabile. Nei 12 posti di controllo tra Niamey e il confine libico, i clandestini, soprat· tutto se neri e cristiani, sono sottoposti a estorsioni, botte e abusi di ogni genere da parte di poliziotti e soldati nigcrini; passata la frontiera, j reparti libici continuano le stesse angherie. Senza contare che, ogni volra che il veicolo si rompe, i passeggeri sono lasciati neJ cuore del deserto a morire di fame, sere e freddo. Già a metà viaggio, i clandestini restano senza un soldo e sono abbandonati a se stessi in qualche oasi. Per sopravvivere lavorano gratis nelle case di commercianti arabi o nei palmeti. NeU'oasi di Dirkou (N iger), per esempio, qualcuno ha contato fino 10 mila clandestini in schiavitù. Solo dopo vari mesi di fatica, il padrone li lascia andare, pagando finalmente il b iglietto per la Libia: 25 mila franchi (circa 39 euro). Raggiunte le coste della Libia e Tunisia, i clandestini ri - cominciano a lavorare per racimolare i soldi necessari per pagare la traversata fino alle coste italiane, se le carrette del mare non vengono inghiottite dalle acque. Per le donne clandestine, la schiavitù comincia fin dall'iniziodel viaggio. Oltre ad essere derubate dei pochi soldi necessari per il viaggio, vengono spesso violentate dai soldati e poliziotti. Quelle che riescono a sopravvivere raccontano storie raccapriccianti; molte di esse arrivano nei paesi europei incinte o addirittura con un figlio partorito neJ cuore del deserto. • MC l ottob...-novembre 2005 pagina 13

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