Liberi lutti del traffico delle persone e dello sfruttamento della pro· stituzione del 1949 (ratificata nel nostro ordinamento con legge 23.11.1966 n. 1173), che sl proponeva il rafforzamento della cooperazione tra gli stati nella lotta al traffico degli esseri umani, partendo dalla constata· zione dell 'insorgere di forme sempre più violente ed aggressive di criminalità a carattere transnaziona1e. AUvello europeo, le principali fonti generali di riferimento (ove è stabilito il divieto eli schiavitù e di tratta degli esseri umani) sono la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del1950, la Carta dei diritti fondamentali del2000 (cd. Carta di Nizz.a ), poi trasfusa integralmente nella recen· tissima Costituzione per l'Europa, firmata a Roma il 29 ottobre 2004, e la Decisione quadro del Consiglio dell'Unione Europea del19.7.2002 sul traffico degli esseri umani, che, nel dichiarato intento eli favorire l'armoniz· zazione delle legislazioni nazionali, afferma con chiarezza la volontà di individuare standards minimi comunitari per la tutela della dignità della persona e dei diritti fondamentali dell'uomo, elencando, all 'art.!, tutta una serie di condotte (tra le quali, appunto, la schiavitù, o praticbe analoghe alla schiavitù o alla servitù) che debbono esser considerate come reato nelle legislazioni nazionali dei vari stati membri dell'Ve. Del resto, le fenomenologie delle cosiddette «nuove schiavitù>> appaiono profondamente intrecciate con la gestione dei flussi migratori, assumendo dimensioni e significati che trascendono sia la singola realtà ordinamentale, sia il mero piano della realizzazione monosoggettiva: anche le condotte suscettibili, in linea astratta, di realizzazione al di fuori della dimensione associativa, come la riduzione o il mantenimento in schiavitù, o l' acquisto e l'alienazione di schiavi, si presentano, per lo più, come gli obiettivi o stadi terminali di un mercato organizzato e gestito da complesse ed articolate reti criminali, dinamicamente proiettate, nella loro dimensione transnazionale e post-moderna, a sfruttare le richieste di mercato provenienti soprattutto dai paesi più «sviluppati». In tal senso, un significativo riconoscimento del carattere metanazionale, noncbé dell'attualità e gravità degli illeciti aventi ad oggetto le forme di realizzazione delle «nuove schiavitù», è contenuto nell'art. 7 dello Statuto isti· tutivo della Corte penale interna· zionale, che considera <<riduzione in schiavitù» l'esercizio su w1a persona di uno o dell'insieme dei poteri inerenti al diritto di pro_prietà, anche nel senso del traffico di persone, in particolare di donne o bambini a fini di sfruttamento sessuale. La definizione enucleata nell'art. 7 dello Statuto istirutivo della Corte penale internazio. naie ribadisce dunque la formulazione già contenuta nell'art. l della Convenzione di Ginevra ael1926, pre· cisando che nel concetto di schiavitù è da ritenere incluso l'esercizio dei poteri cbe danno vita al diritto di proprietà nel corso del traffico di persone, in particola· re di donne e bambini. Ed è senza dubbio significativo, in tale prospettiva, che a distanza di oltre settanta anni dall'adozione della Convenzione internazionale sulla schiavitù uno stru· mento globale come lo Statuto istirutivo della Corte penale internazionale senta il bisogno di riconfermare sostanzialmente, quale modello generale di riferimento, la validità di una definizione ormai costantemente accetta· ta e seguita nella prassi internazionale. Una recente sentenza del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia (Prosecutor v. Dragoijub Kunarat; R.adomir Kovac e Zoran Vukovic), del resto, dopo avere attentamente esaminato la prassi intemazionale formatasi negli ultimi decenni (ed orientata decisamente nel senso di riconoscere alla schiavitù una connotazione corrispondente a quella determinata dalla definizione di cui all 'art. l della Convenzione del 1926) ha affermato la coincidenza tra la definizione di schiavitù enunciata dalle su citate pertinenti Convenzioni internazionali e quella che costituisce il nucleo della norma di diritto internazionale consuetudinario rela· tiva al medesimo fenomeno, con la conseguenza che l'ampiezza della definizione stessa implicherebbe l'assorbimento di fattispecie illecite che il diritto internazionale classico qualificava come fenomeni
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