Liberi tutti La repressione penale della schiavitù è stata prevista a Uvello internazionale dalla Convenzione stiptÙata a Ginevra il 25 settembre 1926 (resa esecutiva in Italia con r.d. 26 aprile 1928, n. 1723) e dalla Convenzione supplementare relativa all'abolizione della schiavitù, della tratta degli scruavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù, firmata anch'essa in Ginevra il 7 settembre 1956 (resa esecutiva in Italia con legge 20 dicembre 1957, n. 1304). In sede internazionale, per la verità, il problema della schiavitù fu formalmente considerato per la prima volta solo nel Congresso di Vienna del 1815, che, dopo essersi pronunziato contro tali pratiche, affermava l'esigenza di ulteriori e più approfondite intese tra gli stati. Ed infatti nel1841 un trattato anglo-franco-russo-austro-prussiano riconosceva ad ognuna delle potenze contraenti il diritto di ispezione e cattura per quei vascelli che si sospettavano adibiti alla tratta degli schiavi, con la possibilità di procedere al giuJizio nei confronti del «negriero». Altre convenzioni ed intese a livello bilaterale, poi , rafforzarono e specificarono il contenuto del trattato del 1841 (ad esempio, il trattato anglo-americano del 1862). ln seguito, la normativa internazionale fu tÙteriormente ampliata e rafforzata per effetto della Dichiarazione di Bruxelles del1890, della Convenzione di BerUno del L885 e della Convenzione di Saint Germain-en Layc dell919. Tuttavia, è solo per effetto delle Convenzioni di Ginevra sopra citate che il problema della schiavitù viene affrontato con organlcità e chiarezza sistematica, ribadendosi innanzitutto l'intrinseco legame tra La schiavitù e la tratta, unitamente all 'impegno reciproco delle parti contraenti ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali adeguate sanzioni penali per la violazione del divieto di schiavitù e di tratta. Una caratteristica comune a tutte le forme di schiavitù è senz'altro l'assoggettamento permanente di un uomo all'altrui dominio, cui corrisponde il potere giuridico di usare e di disporre della persona as· soggettata, analogamente al diritto di proprietà. Ed è, infatti, proprio la nozione di proprietà ad essere richiamata nella definizione contenuta nell'art. l , n. l, della Convenzione di Ginevra dd 1926, secondo cui «L'esclavage est l'etat ou condition d 'un individue sur lequel s'exercent les anributs du droit de proprietè ou certains d 'entre eux» (definizione poi ripresa anche nell'art. 7 della Convenzione supplementare di Ginevra del 19)6). E evidente che in tal modo lo schiavo, quale oggetto di proprietà al pari di una reso di un animale, perde, insieme alla libertà di decidere della propria vita, anche la capacità giuridica connessa alla qualità di uomo {1). ln Linea generale, secondo il diritto internazionale, per ritenere che la schiavitù sia ammessa in un determinato ordinamento, non si richiede necessariamente l'esistenza di una norma scritta che la riconosca, potendosi ravvisare Ja sua legittimazione o in una norma consuetudinaria, owero anche nella desuetudine abrogativa di una norma che continui solo formalmente a vietarla. Occorre inoltre considerare: a) che l'eventuale consenso prestato dalle vittime non può avere alcun valore MC l ottobre-novembr. 2005 poglna 108 scriminante, trattandosi di beni assolutamente indisponibili; b) che la eventuale legittimità del fano secondo la legge dello Stato del luogo in cui il fatto stesso viene commesso non puo' avere alcun valore scriminante per nessuno e quindi neppure per il cittadino dello Stato scbiavista. La disposizione più rilevante della Convenzione supplementare di Ginevra del l956 è senz'altro quella contenuta nell'art. l, il quale, a 6anco della schiavitù vera e propria, defiillva le stuazioni ad essa parificare: a) la schiavitù per debiti; b) il servaggio o servitù della gleba; c) le istituzioni e pratiche sociali che consentano: l ) la vendita eli una donna nubile come sposa; 2) la vendita di una donna maritata; 3) l'acquisto mortis CflUSO di una donna maritata; d) la vendita di tm minore di anni 18 per l'utilizzazione lavorativa. In ordine alla produzione normativa internazionale finalizzata alla repressione della tratta e della schiavitù si cakola che siano stati oltre trecento gli strumenti adotta ti sin dagli inizi del XIX secolo, tanto che può' dirsi ormai, in forza della sua costante affermazione nel corso degli anni, che il divieto di tratta e di schiavitù costituisca parte integrante ed imprescindibile del diritto internazionale consuetudinario (2). Di estrema importanza, in particolare, oltre alla Dichiarazione universale dei diritti dell 'uomo del1948 (il cui art. 4 stabilisce che nessun individuo potrà essere tenuto in stato dl schiavitù o di servitù; La schiavitù e la tratta deroi schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma) ed al Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 (art. 8), che ribadisce con chiarezza tale principio, è anche la Convenzione Onu per la soppressione
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=