Missioni Consolata - Settembre 2005

Pa:)torate ift.digel\a DIO CAMMINA TRA l MAYA N ell'ambito della difesa dell'identità autoctona, gioca un ruolo fondamentale la dimensione religiosa. Nel passato l'incontro tra religioni indigene dell'America e cristianesimo non è sempre awenuto in termini di comprensione e tolleranza. Ma a partire dal Concilio Vaticano II, molti atteggiamenti sono cambiati: si guarda alle religioni autoctone con rispetto, come una realtà da valorizzare e fecondare mediante L'annuncio del vangelo. zione», che ha lo scopo di creare comunità veramente cristiane e, al tempo stesso, totalmente maya. «Un giorno, magari, potremo avere una chiesa autoctona», sospirano il sacerdote indigeno padre Mario Tubac Cuxé e Carmela Cotòc, donna indigena, agente di pastorale di Città del Guatemala. È quanto awiene anche in Guatemala, mediante i programmi di «pastorale indigena», ispirata alla teologia della liberazione e all'opzione preferenziale per i più impoveriti, attuata attraverso reducazione popolare, rorganizzazione delle comunità di base, la traduzione della bibbia nelle lingue locali e la celebrazion_e liturgica con linguaggi e simboli della cultura indigena. Eil cosiddetto processo di «incultura- «Oltre che parroco di Santa Maria Varillas, a 46 km della capitale - spiega padre Mario -, sono membro della Commissione della pastorale indigena della nostra arcidiocesi, composta da 8 sacerdoti e 7 laici. Lavoriamo in tutti i quartieri del centro e della periferia della capitale, ma solo con 7 comunità linguistiche, le più rappresentate: quiché, quekchf, mam, kachike/, sacapulteco, achf e pocomchf». «lo sono quiché - continua Carmela - e sono agente di pastorale nella parrocchia della Misericordia e mi occupo del taria, nel costruire una nuova cultura di pace, afftnché mai pil:1 si ripeta la violenza sofferta nel passato. OCCORRONO RISARCIMENTI Tutto questo lavoro inelica che la situazione sta cambiando in meglio; ma è indispensabile che a tali sforzi seguino azioni concrete per elevare la qualità della vita di comunità e persone che banno \~Ssuto sulla propria pelle il flagello della violenza. n processo di pace e riconciliazione deve portare a gesti eli risarcimento. A tale proposito è stato creato il Programma nazionale eli risarcimento (Por), a capo del quale c 'è MC l settembre 2005 pagina 64 Rosalina Tuyuc, ex deputata e leader ineligena guatemalteca. «Come strategia dilavoro usiamo la riparazione tanto materhùe quanto psicologica - spiega la signoraTuyuc -. Dnostro o · biettivo è quello eli creare un registro nazionale delle vhtime e delle esumazioni. Inoltre, vogliamo assicurare un risarcimento a11e vittime della guerra e riparare i danni psicologici e fisici causati da torture, esecuzioni extra giudiziarie, stupri e tutti i delitti di lesa umanità commessi dall'esercito, agenti della polizia segreta e gruppi paramilitari. I membri indigeni che partecipano al Pnr esigono che il progetto abbia anche una dimensione culturacentro di formazione "Casa San Benito". Mio compito specifico è il sostegno alle donne indigene. Il nostro lavoro nella pastorale indigena consiste nel riunire le persone per dar loro una formazione integrale, sensibilizzandole nel recupero dei valori culturali e della propria identità indigena. Tuttavia, i maggiori sforzi sono rivolti ai più poveri ed emarginati, con una evangelizzazione inculturata: oltre afar sì che il vangelo si incarni nella propria cultura, vogliamo che esso s1a di ispirazione per affrontare le necessità della vita di ogni giorno, per difendere i propri di - ritti e per essere solidali nella difesa dei diritti dei popoli indigeni. Per tale scopo prepariamo materiali e sussidi nelle rispettive lingue, sia perché queste non vengaRiunione di agenti di pastorale. le, che costruisca, cioè, una mappa dei centri cerimoniali distrutti e del - le comunità indigene smembrate. Tali dati sono importanti per riuscì · re a contestualizzare la vastità egravità delle conseguenze che la guerra ba lasciato nei popoli indigeni. Finora abbiamo in mano dati molto generici. Si sa, ad esempio, che d sono attualmente 663 cimiteri clandestini, ma non si sa quanti siano i ci - miteri per ognuna delle 23 comunità linguistiche; ci sono stati un milione e me~zo di profug~'li, ma ~c,o~a no~ sapptamo da qual1 comuntta lmgmsttcbe provengono». Rosalina Tuyuc ci tiene a sottolineare che «l'impatto culturale del

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