Missioni Consolata - Settembre 2005

AFRICA-EUROPA Il tema del rapporto tra Africa ed Europa, o l'incontro-scontro tra culture, è una costante nella cinematografia africana: anche quest'anno è ben rappresentato al Fespaco. La nigeriana Branwen Okpako lo presenta in Valle degli innocenti, mettendo in scena africani immigrati in Europa o afro-europei. Zéka Laplaine, della Repubblica democratica del Congo, con il suo Il giardino di papà preferisce raccontare gli stereotipi delle paure che gli europei hanno dell'Africa e degli africani, attraverso un film opprimente, ma talvolta comico, interamente girato di notte: una coppia di sposi francesi va in viaggio di nozze in Congo, dove lui è cresciuto, ma con il quale ha ormai perso il contatto. Lui si comporta goffamente, mettendo in luce un atteggiamento quasi razzista. Lei, a contatto per la prima volta con la realtà africana, alla fine di innumerevoli disawenture arriverà a capirla meglio. Jean Marie Teno, documentarista affermato, ma anche regista di fiction, vuole approfondire questo tema in chiave storica con il suo Il malinteso coloniale (vedi inteiVista). Documentario di 87 minuti, girato tra Germania, Sudafrica, Namibia e Camerun, è quasi un'inchiesta volta a dimostrare la storica influenza negativa delle missioni cristiane (in questo caso i protestanti tedeschi in Namibia) nello sviluppo deltAfrica di oggi. Una serie interminabile di interviste a professori e ricercatori, ma anche a uomini di chiesa, come il vescovo anglicano di Swakopmund, il vecchissimo archivista della diocesi, memoria vivente di quasi un secolo di missione. Interviste in tedesco, inglese, francese, il film è impegnativo e vuole condurre lo spettatore all'assunzione della tesi del regista. Mancano di fatto argomenti contraddittori e resta debole la voce della chiesa africana. «È un lavoro di memoria sul continente - spiega il regista - e la gente vuole questo. Penso che il cinema sia un buon mezzo per raggiungere il grande pubblico, anche su tematiche difficili». IL PIÙ AMATO Ma qual è il film che più è piaciuto al popolo del Fespaco? IL Premio l'UOMO CHE FACEVA PIANGERE C rescluto in WlO sperduto villaggio sudafrlcano MAx BuA è mandato daJ.. la famjglla a Johannesburg, per studiare e diventare un «dottore bianCO». Arriva nella megalopoli con una capra, Mona, e l soldi faticosamente raccolti per iscriversi all'università. Ingenuo e Impreparato alle regole di quella società, è fagocitato dalla città multiforme. Max. però, ha una dote magica partkolare: sa far piangere la gente a comando. Lo zio, un poco dl buono, sempre alle prese con l gangsters, fiuta l'affare e lo fa diventare un cpiangltore professionista•; diventa suo manager e ne vende i servizi ai più svariati funerali della dttà. Dopo una serle di successi, Max fallisce il funerale più Importante: quello del fratello del gangster. Una fuga roçambolesca porterà al lieto fine: Max non solo si salva, ma riesce a recuperare l soldi per l'università, che si erano volatlJizzatl dopo il suo primo incontro con lo zio. Con una buona dose di autoironia, U regista presenta uno spaccato dJ Sudafrica dJ oggi e delle sue contraddlzlonl: •Ho scelto di mostrare tre ambienti molto diversi: campagna, città e townshlp, per far capire allo spettatore la psicologia di Max, che attraversa questa società, ma alla fine si Integra nella nuova realtà1'. Ci racconta Mattera. Il sudafricano T eddy Mattera, regista del fifm Max ond Mono. U film mescola modernità e tradizione, spiritualità e rnateriallsmo. ;J>enso stano l nùgliori strumenti per creare contraddizione. C'è pure Il fatto che vivo In una città con molto materialismo, ma che resta profon· damente spirituale e caratterizzata da molteplici sfaccettature. Per esempio, l gangsters a Johannesburg sono vegetarlafll,.. Ma perché questa idea del funerali? «Penso che cl sia ancora un po' di speranza per l'umanità. Con la morte di qualcuno abbiamo la possibilità di rlscoprlre la nostra propria mortalità-. Teddy Mattera sembra lui stesso uscito da un suo film. Giovanile e trasgressivo, ma non più giovane, è quasi timido dJ fronte al microfono. Dopo gU studi dJ clnerna in Usa ed Europa, ha esordito con U film Hoop Dreams, che ha ricevuto una nomfnation agli Oscar del '93. Lavora molto su documentari e cortometraggi. Sul cinema sudafricano, a confronto con le altre produzioni del continente, dice: .Spero che il nostro ruolo non sia quello di diventare Imperialisti culturali, perché Il pericolo c'è, .ma piuttosto catalizzatori Importanti, per r:lgenerare questo settore. Abbiamo la possibilità dl offrire formazione e strutture ben organizzate. Abbiamo più mezzi degli altri paesi dell'Africa e siamo arriVati allivello commerciale con l nostri flltn». MAX ANO MoNA, di Teddv Mattera -Sudafrlca 2004- 98 minuti. del pubblico se l'è aggiudicato Tasuma (il fuoco) del burkinabé Daniel Kollo Sanou, che si aggiudica anche il terzo premio assoluto, lo Stallone di bronzo di Yennenga, oltre a due premi speciali {Onu e Cedeao). Tasuma è la storia di Sogo Sanon, 65enne, ex combattente nell'eserci· to francese in lndodna e Algeria. Tornato in patria, lotta per ottenere la pensione militare daltamministrazione francese; ma si scontra con una burocrazia pesante e una lunghissima attesa. IL tema è molto sentito tra gli anziani combattenti deltAfrica Occidentale, che dopo aver servito la Francia in epoca coloniale sui fronti del mondo (spesso contro patrioti che cercavano l'indipendenza, ma anche per liberare paesi occupati durante la prima e seconda guerra mondiale), si vedono discriminati rispet· to ai loro colleghi francesi. Tasuma, che aveva già ricevuto l'apprezzamento del pubblico burkinabé, ha cosi conosciuto una consacrazione internazionale. Farcito di humor tipico dei registi del Burkina, presenta uno spaccato di vita di questo paese. «Gli ex combattenti sono dei pionieri delle indipendenze. Sono i primi che sono usciti dal sistema coloniale e hanno visto altre realtà. Sul Douler MC l settembre 2005 pagina33

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