Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2005

N ata il 12 giugno del1945, Aung San Suu Kyi è stata premiata con il Nobel per la pace nel 1991, come riconoscimento per la sua instancabile lotta in favore dei diritti del popolo birmano. Nonostante le molte angherie subite da parte del governo di Rangoon, San Suu Kyi ha sempre ritenuto che le armi più poderose contro la violenza e roppressione fossero la non violenza e la disobbedienza civile. Così ne tratteggia brevemente il pensiero il figlio Alexander Aris, nel discorso di accettazione del premio Nobel ricevuto a nome di sua madre detenuta agli arresti domiciliari. «Anche se mia madre è sovente descritta come una dissidente politica, che si sforza di conseguire un cambio democratico attraverso strumenti di pace, dobbiamo ricordare che la sua è fondamentalmente una ricerca spirituale. Ha detto più volte che "la rivoluzione per antonomasia è quella dello spirito" e ha scritto in merito ai "propositi essenzialmente spirituali della lotta", la cui realizzazione dipende esclusivamente dalla responsabilità umana. "Per vivere una vita completa - dice -, si deve avere il coraggio di assumere le necessità del prossimo... bisogna avere il desiderio di assumere tale responsabilità". Inoltre, unisce fermamente tutto ciò con la sua fede quando scrive che "il buddismo, come principio della cultura tradizionale birmana, dà grande importanza all'uomo, che è l'unico che può raggiungere lo stato supremo della serenità buddista. Ogni uomo ha dentro di sé la potenzialità per comprendere la verità, attraverso la sua volontà e i suoi sforzi, e per aiutare gli altri a raggiungere la stessa comprensione". Dice, infine, che "la ricerca della democrazia in Birmania è la lotta di un popolo che vuole condurre un'esistenza sana e ricca di significato, di persone che vogliono vivere come membri liberi e uguali della comunità mondiale. È parte dell'incessante sforzo umano il dar prova che lo spirito delruomo può trascendere le imperfezio· ni della sua natura"». S.CA.

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