Storie di solidarietà tra poveri . . CAREZZE A DOMICILIO Il programma di lotta all'Aids, promosso dalla diocesi di Lusaka, coinvolge migliaia di volontari. di Michele- Luppi L egato il foulard rosso sulla testa, sistemata la grossa borsa grigia sulla spalla, Mami Monica saluta la nipotina e si incammina lungo la strada polverosa. Questa mattina percorrerà a piedi 10 km, sotto la canicola africana, per portare aiuto alle persone che assiste nel suo quartiere. Que$tO non è per lei un giorno eccezionale, ma la normalità. Ormai da anni ripete gli stessi gesti due o tre volte alla settimana. Mami Monica è una delle 75 caregivers (assistenti volontari) che a Kafue partecipano al Community Home Based Care Program (programma di assistenza domiciliare comunitario). Vi collabora dal1993, quando, dopo la morte del marito si è trasferita a Kafue, dove oggi vive con la famiglia. Abita nel Chawama compound, un quartiere povero ma dignitoso, con piccole case di mattoni, circondate dagli alberi di mango, non ammassate ma disposte ordinatamente. Douier MC / luglio-avoato 2005 pagina40 I l Community Home Based Care Program dell'arcidiocesi di lusaka nasce ufficialmente nel 1994 per dare una struttura di coordinamento a tutti i progetti nati spontaneamente sul territorio per combattere il dilagante problema dell'Hiv. Già alla fine degli anni '80, inf_atti, all'interno di alcune comunità erano nati i primi gruppi di volontari che nel 1992 iniziarono le prime attività assistenziali. Due anni dopo, i responsabili sentirono resigenza di unificare gli sforzi, dando vita ad un unico grande progetto. Oggi il programma è una realtà consolidata che conta sessanta sedi e coinvolge circa 3.500 volontari, offrendo assistenza domiciliare a 12 mila persone. Il CommunityHome Based Care Program prevede 5aree d'intervento: assistenziale, medica, formativa, amministrativa e assistenza agli orfani. Ogni area ha un suo supervisore. «<l nostro obiettivo - afferma Kennedy Mpandamwike, responsabile del programma - è quello di fornire alla persona un'assistenza olistica (holistic care), ovvero un intervento che non mira soltanto alla cura fisica e materiale della persona, ma anche a quella spirituale e psicologica». Un aspetto importante del programma è quello della prevenzione. Estato infatti attivato un progetto sul cambiamento delle abitudini, che prevede una formazione sulla sessualità responsabile. Le varie sedi sono legate alle realtà parrocchiali delrarcidiocesi e sono gestite da un manager agente da un coordinatore. l'organizzazione opera sul territorio attraverso dei volontari, i «caregivers». Ogni volontario assiste tre o quattro pazienti che visita regolarmente due o tre volte alla settimana. I volontari devono necessariamente operare nella zona in cui abitano. «E bello pensare che una persona si prenda cura di chi gli vive accante - afferma Kennedy Mpandamwike -; questo ci permette di contare su persone che conoscono approfonditamente le situazioni in cui sono chiamati ad operare». Il programma prevede la distribuzione gratuita di cibo e di medicine: le medicine per i malati di Tbc sono finanziate dall'Organizzazione mondiale della sanità. I volontari sono seguiti nella loro attività dai vari responsabili che organizzano momenti periodici di verifica. Alcuni di questi incontri prevedono attività di formazione con psicologi e religiosi. Il personale del programma non è interamente volontario ma vi sono anche medfci e infermieri stipendiati. Aloro, però, è chiesto, prima di essere assunti, di svolgere tre mesi di volontariato in modo da iniziare a conoscere le dinamiche dell'organizzazione. L'intero progetto è finanziato da donazioni provenienti da varie Ong, come Cafod, Cristian Aid, Cornice Kelief (Inghilterra), Misereor (Germania), Catholic Relfej Service (Usa) e Irish Aid {Irlanda). A rriviamo alla casa di Mami Monica percorrendo la strada prin· cipale che collega lusaka a KaVolontari sanitori in casa di un malato eli Aids (sinistra} e con la borsa delle medicine (destra}.
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