Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2005

Per più di due anni i sudafricani dovettero ascoltare rivelazioni quasi giornaliere sui traumi del loro_passato. n faccia a faccia tra carnefici (alcuni pentiti, aJtri no) e vittime (alcune disposte a perdonare, altreno), fu un'esperienza ricca di emozione. Essendo un tribunale para-legale, non poteva pretendere il pentimento dei responsabili, né il perdono deUe vittime, tanto meno arrivare a fornire le_prove sulla sincerità di entrambi. (}uesto tipo di riconciliazione appartiene infatti all 'ambito religioso (come il sacramento della confessione) o alla sfera delle relazioni interpersonali. Ci furono alcune dimostrazioni molto drammotiche di rimorso e grandi gesti di perdono sia durante le udienze della Tre che negli anni successivi. Bisogna però sottolineare che, per i più, non fu per niente facile constatare l'impunità di alcuni dei peggiori responsabili di crimini contro l'umanità. Alcuni capi dell'opartherd non si presentarono neppure davanti alla Tre. Era il duro prezzo da pagare per raggiungere la pace. Molto probabilmente si sarebbe potuto fare di più per le vittime; ma non c'è alcun dubbio che la Tre è stata un potentissimo strumento di riconciliazione in Sudafrica e senza tale esperienza non si potrebbe parlare di pacificazione del paese. LA SFIDA CONTINUA Per svariate e serie ragioni, il processo di riconciliazione in Sudafrica rimane incompleto. U razzismo, per esempio, rimane diffuso. È una forma mentale che, si sapeva, nonpoteva scomparire da un giorno all' aJ. tro. Si dice che è stato solo messo sotto il tappeto. Affiora di tanto in tanto e, leggendo tra le righe, se ne può riconoscere la presenza. I bianchi, oggi, sono pronti a negare di essere «razzisti», lo sentono come grave insulto. Ma poi, capita spesso di sentire declamare frasi del genere: <<lo non voglio essere razzista, però... ». Abbondano le incomprensioni fra bianchi e neri. Alcune sono di matrice culturale, altre nascono dal - l'incapacità di riconoscere quanto la comunità nera ha dovuto soffrire durante il regime. Nel loro insieme, MC l luglio-agosto 2005 pagina 28 i bianchi mancano di riconoscenza per il miracolo di riconciliazione avvenuto in Sudafrica. Bisogna dire che non tutte le differenze e divisioni sono di carattere razziale e che tutti stiamo imparando, in modo sorprendente, a vivere insieme come nazione. I dirigenti atruali fanno tutto il possibile per celebrare e promuovere la riconciliazione. D 16 di dicembre, festa nazionale che una volta celebrava una vittoria militare, ora è il nostro «giorno della riconciliazione>>. Lo sforzo per Ja riconciliazione continua, perché, come ricorda spesso il presidenteThaboMbeki, siamo ancora una nazione divisa. L'altro grande male è la povertà. Molto è stato fatto: costruzione di milioni di case, estensione del servizio idrico ed elettrico, miglioramento di strade e scuole, economia in espansione... eppure molte persone sono ancora disoccupate e vivono in miseria. La giustizia economica sarà la grande sfida del futuro. Problema speciale è la criminalità, cresciuta enormemente con la fine dell'apartheid. Non sappiamo perché. Vi sono senza dubbio molti fattori concomitanti che spiegano l' aumento di rapine a mano armata, fttrti di auto, assalti ad abitazioni e banche, spaccio di stupefacenti, frode, corruzione, violenze sessuali e sui minori. Sarebbe troppo lungo analizzarne le cause. Diciamo, nmavia, che il Sudafrica non è il tipo di paese che permette a questi fatti di passare inawertiri e senza la volontà di cambiarli, ma cerchiamo di aiutarci a vicenda per non diventare apatici e compiacenti. In cima alla lista di tutti i problemi troneggia quello dell'Hiv/ Aids. U Sudafrica è uno dei paesi più colpiti al mondo da tale pandemia. Nel prossimo fururo, la nostra democrazia, economia e lo stesso processo di riconciliazione saranno messi in crisi dalla morte di milioni di giovani, molti dei quali istruiti ed economicamente produttivi, da milioni di orfani e da una popolazione sempre più traumarizzata da questa nuova tragedia. ll dramma dell'Hiv/Aids aggrava la situazione psicologica della popolazione sudafricana, già profon - damente traumatizzata dal terrorismo del passato e dalla criminal ità del presente. Altri soffrono il complesso di colpa o d'inferiorità. Jndi - vidualismo e avidità si insinuano dappertutto. Molti guardano al futuro con cinismo e disincanto. Abbiamo poca pace interiore e poca Ubertà personale. Anche questo è un grosso problema. D 'altro canto siamo un paese dinamico, pieno di energia e attivismo. Discutiamo, dibattiamo, litighiamo e ci accusiamo a vicenda. Ma di fronte ai problemi del razzismo, povertà, delinquenza, corruzione, violenze e Aids, organizzhuno proteste, mobilitazjoni, dimostrazioni e campagne. Nel linguaggio politico del Sudafrica rispondiamo con iltoyi-toyt' (danza dei militanti contro l'apartheù.l, ndr). Questo è un segno di speranza per il futuro, perché, tra ]'altro, queste forme d~ protesta riuniscono persone di differenti razze e fedj e cL~ture. Dal punto di vishl della speranza cristiana, poi, nonostante abbiamo fano tanta strada, dobbiamo andare ancora molto più lontano. Lo Spirito di Dio è sempre stato attivo in mezzo a noi; ma dobbiamo riscontrare chepace e riconciliazione sono ancora limitate, poiché molti di noi , presi individualmente, non sono in pace con se stessi, non sono ancora in pace con la terra né con Dio. Senza un maggiore grado di pace interiore, gli esseri umani , in Sudafrica come altrove, troverannosempredif6- fM 1 cile vivere t~a loro in pa- C ceearmoma. Padre Albert Nolan, teologo e scrittore sudafricano, da sempre impegnato per la giustizia in Sudafrica, è attualmente vicario generale dei domenicani. Il suo articolo, pubblicato su The PostoroE Review, d è pervenuto via e-mail.

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