Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2005

scimento pubblico e tende a scorgervi un aiuto alla sua missione evangelizzatrice, se non già un effetto della evangelizzazione. Sotto le apparenze più sofisticate della «religione civile» sta tornando una forma moderna di <<cristianità», in cui lo stato stn1mcntalizza la reli - gione come mero collante di convivenza sociale e civilizzazione, senza nlcun riferimento nl suo vnlore trascendente e soprannaturnle. Da pane della cruesa, può tornare la vecch ia tentazione della «crisùanità», cioè dJ «battezzare» il potere, col pericolo di subordinare la profezia alla diplomazia, di tacere di fronte a disuguaglianze e ingiustizie stridenti, di fingere di non vedere le illegalità e prevaricazioni della classe politica al potere. Non meno grave, poi, è la tentazione di ridune l'annunzio evangelico alla sua di - mensione sociale. La promozione umana è certamente parte integrante della ev~geliz~ion~; questa però non potra mru prescmdere, senza rinnegarsi, dall' annunzio integrale della salvezza e del regno di Dio. Bisogna dunque stare attenti a non tornare indietro verso forme pur rinnovate d i «cristianità»; ma, mentre ci si apre al dialogo e al confronto con la storia c i problemi del tempo, occorre ritrovare il coraggio della testimonianza profetica della risurrezione e del regno e il coraggio dell'annunzio della parola di Dio, st~ ne glossa. CRISTIANI MATURI CERCANSI Questa sintesi tra servizio all' uomo e testimonianza viva della fede è la sfida che la costruzione dell'Europa oggi pone sia alle chiese che ai singoli cristiani, chiamati a operare <<l~l icamente>> con tutti gli altri cittadini del continente. In particolare i cristiani impegnaù a costruire l'Europa, in posti eli responsabilità o anche come semplici cittadini, dovranno sforzarsi di ricuperare il significato integrale dei valori e principi fondamentali fissa - ù dal Trattato costituzionale. Infatti , quando si passa dall 'enunciazio· ne teorica alla loro applicazione pratica, le interpretazioni divergono e spesso contrastano, come awiene specialmente in alcuni ambiti delicati, come quello della vita e della saIute o del matrimonio e della famiglia. Toccherà ai cristiani servirsi della loro competenza professionale e degli strumenti democratici di - sponibili per dare ai valori fonda · mentali della Costituzione europea il necessario «supplemento d 'anima>>, cioè per interpretarli e appli - carli in senso p lenario pur nel rispetto della loro laicità. Accanto a questo sforzo, non meno efficace e urgente è il dovere della testimonianza di una vita cristiana autentica. Di fronte al mul ticulturalismo e «laicismo>> odierno, occorrono veri cristiani che abbiano fatto personalmente la scoperta del vangelo, che aderiscano a Cristo, non in vinù della nativa tradizione sociologica o culturale, ma per avere incontrato personalmente il Ri - sorto nella fede. I n conclusione, che giudizio dare del dibattito, n?~ ancora SOJ?ito, sulla opporturuta o meno eli un richiamo esplicito alle «radici cristiane>> nella Costituzione europea? In primo luogo, è owio che nell'Europa di oggi, secolarizzata, pluralistica, multietnica e multireligiosa, non si può pensare di parlare di «radici cristiane» in senso confessionale, come aweniva al tempo della «cristianità» della prima Europa. Oggi, nel contesto europeo, accanto ai circa 560 milioni di cristiani (269 cattolici, 170 onodossi, 80 protestanti, 30 anglicani), vivono 32 milioni di musulmani, 3,4 di ebrei, 1,6 di induisti, 1,5 di buddisti, 500 mila sikh. È owio che non si può defini - re l'Europa come un continente esclusivamente cristiano dal punto di vista confessionale. Dal canto suo, il Concilio Vaticano II ha defin itivamente chiarito che il cristianesimo non si identifica con nessuna civiltà, neppure con quella europea. Dunque era prevedibile che la menzione delle «radici cristi ane>> non sarebbe entrata nell'articolato della Costituzione, anche perché essa avrebbe potuto causare delicati conflitti interpretarivi, nel caso, per esempio, dell'ammissione in Europa di stati di cultura e religione diversa (come la Turchia). ll Preambolo invece sembrava a molti il luogo adatto per ricordare l' influsso storico esercitato d al cri· stianesimo sulla nascita e sulla erescita deU'Europa e sulla sua civiltà, senza con ciò negare l'apporto di altre culture, come quella ebraica, greco-romana, islamica e illuministica. Ma il Preambolo parla solo gene· ricamente di «eredità culturali, reli - giose e umanistiche dell ' Europa». Tuttavia, nonostante il moncato ri - chiamo esplicito, in realt~1 le «radici cristiane», come abbiamo visto, sono sostanzialmente ben presenti nella Costituzione europea. E ciò vale molto d i più di un mero riconoscimento formale. PertAnto, ora la cosa che più importa è impegnarsi a interpretare in coerenza con la loro origine cristiana i valori e i principi enunciati dal · l'articolo 2 della Costituzione euro· pea, rispettandone la laicità. Watri, la fecondità del servizio cristiano non dipende dal suo riconoscimento formale o meno. Lo afferma anche il Concilio: la chiesa <<OOf!pone la sua speranza nei privilegi offertile dall 'autorità civile; anzi essa rinuncerà all'esercizio di certi dirirri legittimamente acquisiti, ove constaLasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni» (GS76). In altre parole, la forza del cristianesimo sta nel suo stesso messaggio, nella potenza disarmata della parola di Dio e nella testimonianza coerente dei cristiani. Se alla cosrruzio· ne della nuova Europa dovesse mancare il contributo effettivo di cristiani adulti e forri , a nulla servirebbe la menzione formale delle «radici cristia- Mc ne» nel Preambolo del Trattato costituzionale. •l'articolo è lraHo do uno conferenza che padre Bartolomeo Sorge ho tenuto o Cinisello Balsamo il 16 marzo2005. li testo intero è stato pubblicatonel sito della porro«hiodiMilanino e, insintesi, nel boJ. leHino cartaceo lD scossa. MC / lugrio-ogot1o 2005 poema 19

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