Padre )anez Mihelchic mentre celebra la messa nella chiesa cattolica o Bishkek. abbiano dato lustro al regime zadsta, le autorità comuniste non hanno mai cercato di oscurare i suoi meriti, dedicandogli anche un interessante museo. SON KUL DOVE ANCORA CAVALCA MANAS Torniamo sulla Via della seta per dirigerci verso un altro lago, (?iù piccolo, ma decisamente ricco di fascino: il Son Kul. La strada che vi conduce lascia senza fiato, per la straordinaria bellezza dei panorami: in pochi chilometri il Mammut (camion delle truppe militari) arranca tra paesaggi alpini che ricordano le valli svizzere, tra desolazioni desertiche afghane, per poi sfrecciare in pianure altaiche. È durante questa tappa che iniziamo a scorgere le prime yurte e i primi cavallerizzi. Sono le <<avanguardie)) del .fiero popolo kirghizo, quello che non ha mai scordato le sue origini nomadi e battagliere, che ha per patria le steppe, per dèi gli astri del cielo, per compagni i cavalli. Tutto questo si materializza a Son Kul, una perla azzurra incastonata tra chilometri e chilometri di verdi praterie e dolci colline. Non è difficile in1maginare gli eserciti agli ordini di Manas, l'eroe della mitologia kirghiza, scorrazzare tra queste pianure, per poi scontrarsi con i nemici,lancinandol'aria con urla e sibili di frecce, mentre gli zoccoli dei destrieri lanciati all 'attacco, fan tremare l'acqua del ]ago. Son Kul: famiglia kirghizo davanti allo proprio yurto e ragazzo klrghizo o cavallo. MC l giugno 2005 pagina 70 ASon Kul non c'è elettricità né acqua corrente; si dorme nelle yurte assieme ai nomadi, sistemazioni spartane, ma sicuramente le più compatibili con l'ambiente. Da secoli i popoli delle steppe vivono in queste capanne mobili. Marco Polo, ne Il Mtlione, descrive in modo mirabilmente minuzioso queste dimore: <<Le case sono dz· legname e sono coperte di feltro, e sono tonde_ e portanseli dietro ù1 ogni luogo ov'egli vanno, però che egli hanno ordinato sì bene le loro pertiche, ond'egli le/armo, che troppo bene le possonoportare leggiermente in tutte le partiov'eglivogliono. Queste loro case sempre hanno l'uscio verso ilmezzodie.. . )>. Nulla è cambiato da allora ad oggi Al crepuscolo, sorseggiando kumus e sbocconceUando delrtan e kurut, ascoltiamo Chinara e Jazgul, due manaschi che intonano canzoni kirghize. Parlano di amori impossibìli, di epiche battaglie, di Manas, delle «Quaranta Madrt" Tribali>), da cui si dke discendano le40 tribù che formano il popolo kirghizo. Racconti tramandati da secoli, sentiti da migliaia di mercanti che transitavano sulla Via della seta, cosl come oggi noi li risentiamo. Stesse parole, stesse melodie, che si perdono nelle stesse praterie, rimbalzando sulle acque cristalline del Son Kul. Emozioni. Le stesse provate nel sentire, il giorno dopo, la nonna raccontare al nipotino come il grande Gengis Khan aveva sconfitto i turchi, passando proprio dove ora è innalzata la loro yurta. E se poi questo
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