Missioni Consolata - Giugno 2005

menti e altro sangue. Un evento del genere potrebbe risvegliare forti sentimenti patriottici. di dignità e identità nazionaU nella stessa Serbia; tali sentimenti potrebbero saldarsi a quelli della resistenza dei serbi kosovari, gettando benzina su una situazione che le forze internazionali denunciano ad alto rischio conflittuale, capace di far precipitare i Balcani in una nuova spirale di guerra. Così verrebbero stravolti tutti i disegni di pacificazione armata pianificati in questi anni di occupazione da parte della Nato e delle forze occidentali. Si riproporrebbe uno scenario di <<instabilità regionale», autentico rompicapo per la «comunità internazionale». Non è in gioco solo il Kosovo, ma tutta l'area balcanica. Tale avventura provocherebbe un effetto domino. Anord coinvolge la Serbia meridionale, dove recentemente è stato deciso di dispiegare ulteriori forze delresercito serbo, per il susseguirsi di atti provocatori del cosiddetto Esercito di liberazione del Presevo, Medvedja e Bujanovac. Questi «liberatori», oltre a chiedere apertamente la secessione di tali regioni dalla Serbia e runificazione col Kosovo albanese, sembrano essersi legati all'Armata nazionale albanese, che a sua volta mira alla costruzione della «Grande Albania». Anche nella provincia del Sangiaccato, sono ormai migliaia i serDoJJier MC l giugno 2005 paglna40 Posto eli blocco controllato dalle forze cleffa Kfor, ai confini e/ella provincia e/el Kosovo. bi e i rom che, sotto minacce e violente pressioni da parte degli estremisti albanesi, stanno lasciando la città di Novi Pazar e villaggi circostanti; qui, tra l'altro, dopo numerose e violente dimostrazioni degli estremisti, è stato concordato il ritiro dalla città dell'esercito serbo. Ma «l'instabilità regionale» coinvolge anche la Macedonia: in molte aree del paese è ancora in vigore il coprifuoco e, da anni, la minoranza albanese cerca la secessione e l'unificazione con il Kosovo e l'Albania. Un eventuale ·ribaltamento del «giocattolo Kosovo» potrebbe coinvolgere anche la Grecia, dove dall'anno scorso si è fo rmato un partito della minoranza albanese che rivendica il nord del paese come territorio albanese e predica la separazione. Non bisogna dimenticare la zona a sud del Montenegro, abitata in grande maggioranza da albanesi. Questi, l'anno scorso, hanno ottenuto una serie di agevolazioni giuridiche, economiche, doganali, linguistiche, evidente riscossione del sostegno dato dall'ex Uck a Djukanovic, attuale presidente montenegrino. Di fatto, per potersi affermare, il presidente ha stipulato patti non solo con la mafia pugliese (come risulta da incriminazioni e mandati di cattura emessi dalla procura di Bari), ma anche con la mafia albanese, indicata dalla Dea (Agenzia antidroga statunitense), come strumento operativo di controllo economico e militare dell'Uck. EUROPA-USA: STRATEGIE DIVERSE È evidente che, sotto la cenere di quell'area, la posta in gioco è molto alta e va ben al di là dei diritti della comunità serba e non albanese della regione kosovara. Perciò i negoziati, che in questo 2005 dovrebbero definire lo «status finale» del protettorato Kosovo, contengono aspetti e implicazioni politiche estremamente delicate: esse riguardano i futuri assetti geostrategici di tutta la regione balcanica, cui sono coinvolti pienamente i rapporti tra l'Europa e il gendarme americano, insieme alle loro rispettive mire e interessi. Per questo appaiono sempre più marcate le contraddizioni tra le strategie Usa da una parte e quelle di Germania e Francia dall'altra. Esse emergono sia negli aspetti politicoamministrativi della regione che nella sponsorizzazione di alleati locali privilegiati. Ma anche negli aspetti di investimenti economid e processi di ricostruzione mire e obbiettivi strategici appaiono diversi. Non meno diversificati si rivelano gli approcci alla situazione e alle

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