Missioni Consolata - Giugno 2005

In Kosovo, oggi, vige una situazione di apartheid. Chi non è di origini schipetare (albanesi) sopravvive in una sorta di limbo, fondato sul razzismo etnico: sono negati il dirit· to al lavoro, a essere curati, alristruzione, alla spesa anche solo per il sostentamento alimentare della propria famiglia, alla libertà di mo~ vi mento, al diritto del proprio credo religioso. Persino la continua e provocatoria interruzione della fornitura dell'acqua e dell'elettricità, sono usate per rendere impossibile ruso dei frigoriferi (per affamare la gente, poiché le scorte alimentari marciscono), delle radio e tv, dei telefoni, unico filo virtuale di tomunicazione col mondo reale, impedendo praticamente anche una allucinante normalità. In compenso la Compagnia elettrica kosovara sta mandando a tutte·le famiglie serbe ancora presenti le bollette con gli arretrati di tutti questi anni: bollette che arrivano anche a 1.000 euro. STORIE DIORDINARIA INGIUmZIA In pochi giorni siamo stati subissati da centinaia di storie di vèssazioni, come quella di un contadino bastonato a sangu~, arrestato perché indicato da un albanese come un criminale, in prigione per tre anni, senza awocati né alcun tipo d'interrogatorio, poi rilasciato e minacciato di morte affinché abbandonasse il Kosovo. Un'altra storia riguarda una madre Douier MC l giugno 2005 paglna36 Un gruppç di abitanti dell'enclave di Gorazdevac aiutati dall'associazione Sos Kosovo. di 5 figli, aiutata dalla nostra Asso- €iazione. I banditi dell'Uck le hanno ucciso il marito e bruciato la casa. I resti dell'abitazione si trovano, ora, ai lati della base della.Kfor, che le impedisce di tornare aviverci per motivi di sicurezza militare. Anche se diroccata, è l'unica cosa che le rimane e tornarvi è meglio che continuare a vivere in case di altri. Ha deCiso di piantare una tenda dove c'era la casa e la Kfor dovrà cacciarla con la forza insieme ai suoi .bambini. Altre storie riguardano Hcomportamento della Kfor. Durante il capodanno degli albanesi, alcuni di loro erano an(lati verso lr.enclave sparando raffiche di mitra e lanciando granate. La gente dell'enclave protestò presso la Kfor perché intewenisse per sequestrare le armi (visto che le enclavi ·erano state minuziosamente perquisite); ma i soldati, indispettiti, hanno intimato ai serbi di rientrare nelle case e di non insegnare a loro cosa dovevano fare. Durante il capodanno ortodosso, invece, i soldati accorsero e requisirono ai bam· bini serbi dell'enclave alcuni petardi con cui giocavano,•. perché distur~ bavano. Oppure la storia di un anziano, padre di un giovane che è venuto in Italia in cerca di lavoro e ora è in re~ gola·con i documenti. Il figlio lo ha invitato in Italia per rivedersi dopo 5anni e prima che il genitore muoia. Per andarci avrebbe bisogno del timbro del consolato italiano di Pristina; ma il vecchio non può uscire dall'enclave e andare a Pristina: essen· do serbo lo possono ammazzare. Ci vorrebbero giorni e mesi interi per raecontarle tutte i le storie riportate bastano per dare un'idea della situazione allucinante, da antico Far West, ma che accadono nel 2005. ATTENZIONE: CAMBIARE LA TARGA! Prima di awenturarsi per le strade del Kosovo è di norma sostituire le targhe delle auto: una vettura con ta vecchia matricola federale sarebbe subito attaccata; gli occupanti potrebbero finire ammazzati. Lo abbiamo fatto anche noi, pur avendo la S€orta armata della Kfor: cacciavite e copia taroccata di una targa kosovara e via, nel regno della democrazia e della civiltà portate dall'Occidente. Etutto con buona pa<;e di quei «primitivi e cavernicoli» cittadini kosovari che, fino al1999, a qualsiasi etnia autoctona del Kosovo Metohija appartenessero, potevano andare dove volevano e con chi volevano. Sostituire la targa a seconda delle zone in cui ci si trova è reato in tutti i paesi della terra, come lo era in Kosovo 6 anni fa . Ma, paradossalmente, finvito è quasi un ordine dato dalla Kfor, altrimenti i soldati non rispondono della vita di chi non lo fa . Anzi, ci sono ione dove si è autorizzati a girare senza targa... Viva il Kosovo «libero»! Aparte i bla bla bla occidentali su libertà e democrazia: è il diritto alla vita stessa che viene negato oggi 1n questa parte d'Europa. Chi cerca di perseguire anche uno solo di quei diritti ritenuti basilari pet una minima convivenza umana in qualsiasi paese det piane~, in Kosovo rischia di essere assassinato. Vita quotidiana colma di terrore, angoscia, vessazioni materiali e morali, tensioni devastanti per la psiche dei bambini e degli adulti: questo è oggi la provincia del Kosovo Metohija; questo è il risultato dell'aggressione alla Repubblica federale jugoslava di 6 anni fa, con la «guerra umanitaria» e «bombardamenti etici», per portare in quella regione, di· cevano, i «diritti» e impedire le violenze o, addirittura, i genocidi. •

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