ODORE DI POLVERE Nel Centro Romagna, un grande edificio ru cinque piani, i cappuccini hanno costruito le aule per l'asilo e la scuola, fino all'ottava classe. A1 suono della campanella che annuncia la ricreazione, tutti si riversano nel piazzale antistante il portone per giocare al ritmo ru musiche U'adizionali. I maglioru celesti della &visa si mescolano ai sorrisi, al battere delle mani e al rrambusto dei pie& che segnano il selciato in un ampio girotondo. Ma le donne che scendono la collina, alla periferia dj Addis, non sanno nulla della tenerezza di q ':l el gioco, portano da una vita e sulle spalle tutta la sofferenza ru un fascio di erba e legna. Ritornano in città con il materiale necessario per riparare le loro casupole, per preparare un giaciglio o, semplicemente, per accendere il fuoco. Quando si arriva nelle vie del centro, l'odore di polvere che rotola dalle colline e impregna le vesti si mescola a quello della benzina delle auto che sfrecciano davanti all'ambasciata ameri - cana, fortificata come se stesse per essere attaccata. Lungo le vie, accanto alle case in costruzione, la vi - ta brulica tra i banchetti dei piccoli commercianti, mentre una sottile e incessante fila dj mendjcanti marcia verso la cattedrale ortodossa. Nel giardino che circonda la chiesa alcuni pregano il Cristo esposto, altri bivaccano e parlottano sotto i piccoli o lcandri, da dove sbucano le mani rinsecchite dj chi chiede un po' ru spiccioli. Anche nella parrocchia di San Salvatore, i cappuccini cercano di venire incontro alle esigenze delle famiglie. Hanno così orgaruzzato un incontro pubblico per decidere una linea di intervento e coordinare gli aiuti dall' Italia, proprio per rendere più dolci le fesùvità natalizie: solo che le richieste d'intervento sono più numerose deJ1e mosche che si appiccicano intorno agli occhi dei bambini. Un lavoro quotidjano, in risposta ai problemi della povertà, viene svolto da padre Tommaso Bellesi A sinistra, bambini di un asilo di Soddo. A destra, Centro Romagna in Addis Abeba. che ba creato e ora gestisce il <<Centro San Giuseppe», una sorta ru Caritas etiope che segue più di 5.000 casi di persone indigenti. L'assistenza garantita dai cappuccini va dalla distribuzione di vestiti e pasti al fi . nanziamento dj piccole attività economiche, fino àlla copertura delle spese mediche, comprese quelle relative a interventi chirurgici e alle tasse scolastiche. Tra loro ci sono anche malati ru Aids, orfani, lebbrosi, disabili fisici e mentali che, ogni giorno, formano una processione cenciosa e dannata davanti agli operatori de] Centro per chiedere una scodella, un farmaco o un paio ru scarpe ortopediche. È un'umanità che lascia sgomenti, che sconvolge lamente del visitatore, la cui anima è turbata da mille interrogativi che sorgono dai cunicoli della storia, dominata dalla precarietà dell'esistenza, che qui si fa sentire con forza: al mattino, respiri e d sfami, ma non sai se al tramonto sarai ancora vivo o se dovrai lasciare per strada un occhio, un figlio o tutt'e due. Al pomeriggio, il Centro chiude e la città si riprende i suoi diseredati. Intorno alla grande piazza dove il passato regime comunista massacrava gli oppositori, la polizia dell'o· dierno governomultipartitico non li fa girare. E allora se ne vanno io periferia, a muccbietti intorno agli incroci, fermi davanti alla fermata dell'autobus che non prenderannomai . Un viso intagliato nelJa pietr<J scura guarda fiero la sera che scende sui negozietti di semi e di tessuti, ritagliando bizzarri giochi di ombre e dj luce. E, tra quella massa grigia di storpi e affamaù, ogni camo si infila a zig-zag un monaco ortodosso con il suo candido mantello. IL «PALO» DELLA CULTURA Quando si esce da AddisAbeba, si entra in un altromondo. L'uruca strada per raggiungere il sud è asfaltata solo nei primi cento chilometri, poi si trasforma in una pista piena dj buchi, che incrocia ogni tanto il letto ru un fiume in secca. Lo sterrato attraversa valli e gole che si aprono sull'altopiano, in un dislivello (rispetto alla capitale) di circa 700 metri ru altitudine. Lungo il tragitto, si incontrano i segru vivi dell'economia e della cultura di questo paese: vendjtori dj collane, qualche contadino che zappa ]a terra, piccole chiese copte, sepolcri recintati, capanne di paglia, greggi dj pecore e mandrie di buoi. Colpiscono i pastori di dromedari, sparsi sotto i sicomori e awolti in un Logoro mantello che lascia scoperto solo il viso: maschere ru un tempo antico, bocche spolpate con i denti storti e marci sono due occhi iofuocati. Sono immobili, con il bastone in mano nel bassopiano sferzato dal vento e limi tato tutt' intorMC l giugno 2005 pagina 23
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