Missioni Consolata - Maggio 2005

fe politiche pubbliche <<CARA ANZIANA, CARO ANZIANO••• ,> Qualsiasi politica pubblica per gli anziani deve considerare che questi non sono dei «terminali passivi», ma una «risorsa». Per sé e per gli altri. di Maria Cristina Pantone, assistente sodale Sono assistente sociale da 11 anni ed ho avuto la grande opportunità di iniziare il mio percorso professionale in una Casa di riposo a Genova, nel quartiere di Quezzi. I miei studi di servizio sociale a Roma e l'esperienza di vita acquisiti hanno preparato e predisposto la mia sensibilità professionale ad accogliere con attenzione l'esperienza che si stava schiudendo per me. Non ho avuto il privilegio di vedere invecchiare i miei genitori perché sono morti in età giovanile (57 anni la mamma e 60 anni il papà). Devo a loro, però, il dono del rispetto per i «vecchi» e la «vecchiaia»: in sintesi, il rislJE!tto per la vita. Forse è anche qualcosa di più del riconoscimento di una stima: è il valore della persona. Il mio primo lavoro fu, appunto, nella Casa di ·riposo di Genova, che accoglieva un gruppo di 60 anziani, fra uomini e donne, anche coppie, autosufficienti e parzialmente autosufficienti, pensionati fuoriusciti dal circuito lavorativo. Dagli anni Settanta in poi l'Opera nazionale pensionati d'Italia (Onpi) era l'ente preposto a garantire una continuità di vita ai pensionati fino al loro trapasso (1}. Nel1994 lo scenario della popolazione genovese era il seguente: 660.000 abitanti con una popolazione anziana di circa 200.000 unità di cui l'800fo anziani dai 60 ai 100 anni. Tre grandi istituti cittadini accoglievano una popolazione di 1.000 anziani autosufficienti, non autosufficienti e parzialmente autosufficienti. Attorno a questi istituti di lunga degenza ruotavano una serie di servizi e soprattutto molto volontariaDouler MC l moggio 2005 pogino38 to. L'anziano comincia ad acquisire un suo peso politico a livello nazionale: diventa un «problema» sociale (riforma delle pensioni) e sanitario (stato di cronicità se anziano disabile). Si moltiplicano i convegni, i seminari e i forum perché il panorama nazionale di un'Italia che invecchia senza avere le risorse adeguate per sostenere l'invecchiamento della popolazione è uno scenario temibile e difficile da governare. Vìene recuperata, in termini generali, una prospettiva che rischiava e rischia di andare in disuso: la prevenzione. Gli studi sociali delineano la rete delle relazioni dell'anziano (tecnicamente definita network). Un programma di prevenzione dovrebbe considerare i bisogni primari di socializzazione e di integrazione della persona anziana (famiglia l parentela l vicini di casa l amici/ colleghi e comunità locale l operatori sociali j operatori sanitari l operatori volontari) con lo scopo di permettere all'anziano di riscoprirsi «risorsa» di aiuto per sé e per gli altri. Forse è necessario ricordare che uno dei principi fondamentali del Servizio sociale è l'autodeterminazione della persona in difficoltà. L'anziano non può più essere un «terminale passi vo» di una politica d'intervento. Una politica preventiva valorizza una serie di interventi sociali quali l'informazione, l'aspetto psicblogico, l'attivazione e il coordinamento di interventi volontari, l'utilizzo possibile di ricoveri temporanei, di centri diurni, che potranno consentire all'anziano e ai suoi familiari di condurre un'esistenza vivibile, protetta sufficientemente, ma aiutata nei momenti di emergenza. I l nuovo millennio si è aperto, dal punto di vista legislativo, con l'emanazione di una nuova legge per la realizzazione di un sistema integrato di interventi sociali e sanitari, la legge quadro n. 32812000. Essa tutela il diritto soggettivo dei

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