Missioni Consolata - Aprile 2005

C i sedemmo attorno alla tavola e padre Paolo iniziò a raccontare alcuni episodi della sua vita e del motivo per cui si trovava nel cuore del deserto siriano, a 1.400 metri di altezza. Disseche è originario di Roma. Fu allievo dci gesuiti; dal1977 è in Medio Oriente per servire l'impegno dclJa chiesa nelmondo islamico. N cl 1982 arrivò alle rovine di Deir Mar Musa e se ne innamorò. Qui trovò la possibilità di realizzare i suoi sogni e desideri, quelli mistici, ma anche comunitari, culturali e politici. Con l'aiuto di volontari del luogo e persone di passaggio iniziò i ]avori di restauro del monastero e il recupero di oggetti e libri sparsi tra le macerie. Piano piano arrivarono altre persone, uomini e donne provenienti da diverse chiese e paesi. Nel 1991 nacque una comunità. Raccontò che, fin dal tempo di Maometto, il monastero svolgeva una funzione socio-spirituale, nota, apprezzata e rispettata ncl mondo musulmano. Costituiva un testimone della vita spirituale de11a regione. Diceva che, con l'impegno e lavoro suo e dei suoi compagni, voleva recuperare tale funzione e riproporla nel mondo attuale. Deir Mar Musa si affaccia su una valle tra le montagne a oriente di Nebek. Quest'area era inizialmente abitata da cacciatori di gazzelle, pastori di capre e briganti. Era una zo· na ideale per il pascolo de1Je capre. Forse i romani avevano costruito j . nizia1mente una torre di guardia. In seguito i cristiani eremiti usarono le grotte naturali formatesi nellamontagna come luoghi per la meditazione. Si creò quindi il primo centro monastico. Sulla base della tradizione locale, San Mosè era il figlio del re de1J'EMC / aprile 2005 pagina 50 tiopia. Rifiutò di accettare la corona, gli onori e un matrimonio, per dedicarsi alla ricerca di Dio. lnjziò a viaggiare in Egitto e in terra santa. Visse come un monaco a Qara, un villaggio siriano, e poi come un eremita tra queste montagne. Morì martirizzato dai soldati bizantini. Con l'ausilio di studi storico-archeologici sappiamo, spiegava padre Paolo, che il monastero esisteva dalla metà del V1 secolo, apparteneva al rito siriaco di Antiochia. Dalla traduzione delle iscrizioni arabe che si possono le_ggere sui muri, il monastero sarebbe stato costruito nel450 de1J'epoca islarnica (1058 d.C.). Nel XV secolo è stato parzialmente ricostruito e allargato; ma dalla prima metà del XIX secolo è stato completamente abbandonato. Lentamente cadde in rovina. Tuttavia rimase nella proprietà della diocesi siriana cattolica di Homs, Hama e Nebek. Gli abitanti di Nebek hanno sempre continuato a visitare il monastero condevozione e la parrocchia locale lottò per conservarlo. Nel1984 iniziarono i lavori di restauro,.grazie a una comune iniziativa dello stato siriano, chiesa locale e un gruppo di volontari arabi e europei. n restauro è stato completato nell994 grazie alla cooperazione tra gli stati italiano e siriano. I l suono di una campanella ci informò che stava per iniziare, come ogni sera, l'ora del silenzio. Un'ora da dedicare interamente alla preghiera e riflessione. Lnprovvisamente ognj conversazione e ogni attività furono interrotte. Terminato il silenzio, all'interno della chiesa padre Paolo iniziò a recitare i vespri secondo il rito sirocattolico. Eravan1o seduti attorno a lui, sopra dei grandi tappeti, con in mano una candela, perché il generatore di corrente non sempre riusciva a fornire energia sufficiente a illuminare tutte le stanze. Dopo i vespri iniziò la messa. Terminata la lettura del vangelo, completamente in arabo, chi voleva poteva esp~imere un suo .giud!-zio, u~ suo penstero, una sua riflesstone sw Viaggio nel deserto siriano, grazie a un passaggio dato da un contadino. brani letti. Poi nel momento della comunione, vennero fatd passare una ciotola con vino e una pagnona di pane, con cui ognuno poteva condividere con gli altri il corpo e il sangue di Cristo. Terminata la funzione padre Paolo mi indicò gli alloggi riservati alle donne, mentre gli uomini dormjvano in stanze ricavate nella roccia fuori del monastero. I l giorno seguente Elena, una ricercatrice in studi islamici, che avevo incontrato all'università di lingue orientali a Venezia e che per caso trovai n, mi portò a fare un giro dclJ 'edificio. Mi disse che, come padre Paolo, anch'essa era arrivata a Deir Mar Musa e se ne era innamorata. Aveva deciso di rimanere per aiutare, soprattutto ne11a riorganizzazione della biblioteca. Mi accompagnò all' interno della chiesa dove, con la luce de] sole, era più facile poterne ammUare gli affreschi. Essi vengono fatti risalire al secolo X1 ·XII e rappresentano l'unico ciclo completo dj affreschi sul giudizio universale scoperto in Siria. La chiesa era stata costruita nel 1058. Lo spazio, circa 10x10 metri, era suddiviso in due parti: la più grande è a una navata centrale, illuminata da due piccole finestre ; la seconda è il santuario con l'altare e l'abside. La piccola chiesa si affaccia sulla terrazza ed è situata nel cuore deJJa costruzione. NclJe altre zone si trovano la cucina, le stanze per dormire, un piccolo museo e una biblioteca, nati grazie al recupero di oggetti vari e libri. Attraverso uno stretto passaggio, dove erano custodjte delle enormi anfore di terracotta per conservare l'acqua, mi condusse fuori dal monastero dove stavano iniziando la costruzione di alloggi per i monaci e per gli ospiti. Al momentovenivano utilizzate principalmente le grotte che servivano anche come stalle per il riparo degli animali. Ma la comunità si stava piano piano allargando, per questo risultavano necessarie nuove costruzioni. TI materiale veniva portatO daJ pae· se con l'aiuto di muli e una piccola carrucola. Elena mi disse che moltissime persone del paese offrivano il loro aiuto, sia nel trasporto del ma-

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=