Missioni Consolata - Marzo 2005

che non si chiudono nel proprio in - temo, ma cbe agiscono apertamente sul mercato vendendo i prodotti della propria attività. Tutto questo senza mai dimenticare l'elemento fondante della solidarietà». Pertanto, il mercato rimane un elemento fondante anche nell 'economia solidaJe? «Esatto. Noi non riteniamo che il mercato sia il male assoluto. Tutt'altro. Noi riteniamo che il mercato siano gli altri, le persone, persone che hanno altri progeni. Pensiamo che il mercato non è soltanto una necessità sociale, ma che esso esiste quasi come un modo di organizzarsi e coordinare in solidarietà le deci - sioni.ln altre parole, esiste il mercato perché abbiamo bisogno gli uni degli altri. Se non ci fosse questo bisogno, il mercato non esisterebbe. Se noi diciamo questo, stiamo di - cendo che il mercato è un fatto solidale c fortemente sociale. Cenamente, questo concetto di mercato è completamente diverso da queUo capit~ilistico dominato dall'elemento finanziario. Per noi l'inserimento sul mercato è qualcosa di diverso. Per esempio, si lavora stando attenti alle esternaLità ambientali e sociali, cercando anche di provvedere alle risorse necessarie in un modo rispettoso del - la natura, valido senza sfruttare nessuno. Ancora: il marketing è fatto con trasparenza, senza ingannare, promuovendo e smbilendo rapporti con i clienti, con i consumatori solidali». Sì a1 mercato e sì al profitto, dunque? «Le imprese solidali non sono imprese no-pro/it. Cercano il guadagno, l'utile, anche riducendo i costi e cercando l'efficienza economica. Questi benefici economici vengono distribuiti in modo solidale con attenzione alla giustizia, corrispondendo a ognuno secondo ciò che ha fatto , ma anche perfezionando questo criterio con la solidarietà, andando cioè ad integrare il guadagno di coloro che, per diverse ragioni, hanno potuto contribuire meno e quindi hanno percepito meno frutti». Quando questa rivista critica l'economia capitalistica, subito arriva qualche lettera che, sic et sempliciter, ci accusa di essere «comunisti». MC l morw 2005 pagino 58 n nostro sistema . dicono questi Jet· tori · è il bene e dunque non criticabile, soprattutto perché dall 'altra parte ci sarebbe soltanto il comunismo (neUa defunta forma sovietica, tra l'altro...). Insomma, per molti non esiste altra economia possibile. Ole ci dice., professore? «Noi diciamo che l'economia è una attività umana necessaria, buona e santa. Dobbiamo però farla in modo diverso. In base a questa considerazione siamo partiti da una critica all'economia capitalista e all'economia socialista. Poi siamo andati ohre, cercando di superare anche l'economia di tipo cooperativo». Ma come, professore, neppure l'economia cooperativistica è un'economia solidale? «Noi abbiamo visto e sperimentato, che l'economia cooperativistica, ha dei valori alti, cioè una base culturale, etica e morale importante; una concezione dell 'uomo che ci sembra giusta, perché mette il lavoro sopra il capitale, l'uomo sopra le cose, ecc. Tutto questo ci va benissimo e vogliamo continuare a fare economia solidale con un rapporto di cooperazione anziché di competizione. Ma, al tempo stesso, ci siamo staccati nettamente da alcune concezioni, che noi riteniamo ridottive, di quelle economie. Secondo noi, esse hanno impedito a quelle economie di diventare efficienti e forti, caratteristiche fondamentali affinché queste alternative economiche diventino praticabili e quindi attrattive». Quali sono le differenze tra il capitalismo ed un sistema fondato sulla solidarietà? «La prima differenza riguarda il capitale. Noi riteniamo che il capitale nell'economia di solidarietà non è altro che il lavoro accumulato. n capitale è una forma di lavoro, anzi in un certo modo è una forma di lavoro subordinato. La seconda grande differenza con il capitalismo riguarda l'utilizzo dei fattori produttivi. Ad esempio, se qualcuno ha un locale, un pezzo di terra o un programma di software non se lo tiene unicamente per sé, ma condivide con altri queste risorse. Quindi, in uno stesso locale possono starei più imprese, in uno stesso appezzamento di terra ci possono stare p iù coltivatori, un programma di software può essere condiviso da molti... ». Forse l'impresa produttrice del software non sarà contenta, il pro· prietario della terra neppure... «Noi diciamo: sì alla proprietà privata, ma non in forma escludente. Siamo per un altro concetto di proprietà dei fattori produttivi». Continuiamo a parlare delle differenze con il capitalismo, professore... <<La terza distinzione netta rispetto al capitalismo è che il lavoro è autonomo, associativo e non subordinato: i lavoratori sono anche i ritolari dell' impresa. n lavoro non è lavorare per altri , ma per se stessi con un progetto condiviso che è di turri. Non esiste lo sfruttamento del lavoro. La quarta diversità netta è che noi abbiamo individuato l'esistenza di un fattore proprio, diverso, nuovo. Lo abbiamo chiamato "fattore C" , dove la Lettera C indica: com Wl ione, cooperazione, comunità, comunicazione. È il fare le cose insieme. È la solidarietà diventata forza produuiva. Noi siamo convinti cbe, quando Wl gruppo di persone mette assieme un progetto e degli obiettivi, hanno non solo una coscienza e una volontà comuni, ma condividono anche emozioni e sentimenti. Questa unione è un fattore aggiuntivo agli altri fattori produttivi>>. Non è ques to il «capitale sociale»? «Per noi è un fattore diverso, aggiuntivo, centrale in queste imprese. Per creare una impresa solidaria la prima cosa da fare è creare un gruppo umano, che abbia un progeuo comune e abbia messo attorno a questo progetto le proprie idee, la volontà, le emozioni, i sendmenti. Quando si ha questo fattore C, si è in grado di iniziare un'impresa>>. Altre differenze? La distinzione è il ruolo della cooperazione anziché della competizione. Noi diciamo che la cooperazione è più efficace che la competizione. Noi pensiamo che con ahre imprese simili, con altre persone, con i clienti si deve cooperare. Questo vuoi dire reciprocità, non vuoi dire donare.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=