., i zane di apprendere quest'ultima. La relazione tra la lingua e la cultura di partenza e quella di approdo è decisamente meno complessa per i latinoamericani e per i rumeni. Julia è una studentessa di origine peruviana iscritta al terzo anno di un istituto tecnico superiore di Torino. Earrivata quando aveva 10 anni ed è stata inserita in quinta elementare. Racconta delle iniziali difficoltà di comunicazione ma anche dell'entusiasmo che l'ha portata ad apprendere abbastanza velocemente vocaboli, verbi e sintassi della nuova lingua. Ora è una delle migliori della classe: studia volentieri e molto, è ben inserita e molto stimata da compagni e insegnanti. Per il forte senso di responsabilità e per la maturità che la distinguono, è diventata la referente per le attività di biblioteca e per altri laboratori. La scuola è dunque un luogo privilegiato per monitorare il fenomeno dell'immigrazione minorile, sia regolare sia irregolare, e dei suoi cambiamenti. le sanatorie degli anni Novanta hanno portato ai ricongiungimenti familiari • mogli e figli dei lavoratori stranieri presenti sul territorio - e a nuovi immigrati: questo significa, tra l'altro, che la loro presenza nelle scuole per l'infanzia, nelle elementari e nelle medie inizia a compensare la scarsa natalità delle famiglie italiane. Per esempio, i nuclei familiari maghrebini, e spesso anche rumeni, hanno in media dai tre ai cinque - sei figli. «SENnRSIITAUAN/)>: LE SECONDE GENERAZIONI Come abbiamo visto, i ragazzi stranieri cresciuti in Italia tendono a «sentirsi italiani» a tutti gli effetti, soprattutto grazie alla scuola. Lo spiega bene don Fredo Olivero, responsabile dell'ufficio migranti della Can"tas torinese: «La loro patria è questa: qui desiderano vivere e diventare adulti, studiare, laurearsi, trovare un posto di lavoro. Vogliono divertirsi~ uscire con gli amici, e immaginano un futuro diverso da quello dei propri genitori. Questa nuova condizione e prospettiva crea, in non poche famiglie - non solo musulmane ma anche peruviane, cineDouier MC l mano 2005 pagina 32 si, albanesi, ecc. -, frequenti conflitti e grandi tensioni. Qualcuno addirittura se ne va di casa». Nelle associazioni di volontariato arrivano spesso ragazzi in rotta con le famiglie: sono campanelli di allarme di un disagio interiore e dell'incapacità degli adulti a relazionarsi con i figli che éambiano, che crescono, che incontrano nuove realtà, magari diverse o opposte rispetto a quelle a cui erano abituati da generazioni. I quartieri-ghetto delle grandi metropoli italiane possono costituire un rifugio per un malessere che colpisce giovani italiani e immigrati, e la prevenzione, attraverso l'accoglienza, l'educazione, l'ascolto, l'offerta di opportunità e speranze, rimane l'unico strumento vincente. Secondo alcune proiezioni, tra il 2010 e il 2020, in Italia, le seconde generazioni raggiungeranno la cifra di un milione. Molti di loro, come già sta accadendo da alcuni anni, saranno nati qui e avranno frequentato le scuole insieme ai coetanei italiani «figli di italiani». Come sostengono i ricercatori della Fondazione Agnelli, saranno persone non più classificabili come «immigrati» o come <<stranieri», ma neppure come «italiani» tout court. Abbiamo iniziato a vederlo ora con i ragazzi arabi, latinoamericani, africani, ormai «naturalizzati», perché hanno visto la luce nei nostri ospedali o sono arrivati da piccoli. Hanno accenti regionali marcati o nessuna inflessione dialettale, vanno alle feste delle comunità di appartenenza e a quelle di compleanno dei propri amici o compagni di classe, portano ilfoulard o i jeans a vita bassa, i pantaloni che arrivano fin sotto le scarpe e i maglioni con la scritta alla moda, si fanno le treccine fitte fitte osi colorano di henné le mani. Come la maggior parte degli adolescenti, parlano in fretta «mangiandosi» le finali di ogni frase, usano fraseologie gergali e parolacce, oppure, per distinguersi, ostentano una sintassi e un lessico impeccabili; scari~ano musica dai computer e l'ascoltano con il portatile durante gli intervalli, si esaltano per divi della Tv o del cinema. Insomma, a scuola e per strada sono in qua.si tutto uguali ai compagni «italiani da generazioni»... Tr-anne che a casa: lì, infatti, molti rientrano negli «schemi familiari» previsti per loro. Quasi avessero una doppia esistenza o fossero costretti a vivere in una «schizofrenia» più o meno lucida e consapevole. Ciò accade, ovviamente, quando la famiglia è conservatrice ed estremamente tradizionalista, o non ha gli strumenti intellettuali per accettare nuovi stili di vita, e quando il comportamento «esterno» dei figli è radicalmente diverso da quello domestico. Esistono comunque tante «vie di mezzo» meno stridenti e traumatiche. UN GIORNO IL PRIMATO, OGGI L'ABBANDONO Quando proseguono gli studi alle superiori, i ragazzi immigrati sono spesso tra i più bravi della classe: s'impegnano, sono part-ecipi, si documentano. Quando emergono sono dei leader tra i compagni. Assimilano il meglio di due culture e fanno da «mediatori naturali». Come afferma Fredo Olivero, «quando le condizioni familiari e della società in cui vivono glielo permettono... ». Attualmente, invece, ci troviamo di fronte a numerose situazioni di abbandono scolastico subito dopo la terza media. Le motivazioni possono essere molteplici: la famiglia richiede al ragazzo/a di contribuire al bilancio domestico; i genitori sono rimasti in patria e lui/lei deve provvedere a mandare soldi per il mantenimento dei cari; mancanza di interesse per gli studi e scelta lavorativa; fallimento del percorso di inserimento scolastico, sociale e identitarie - o perché il minore ha trovato un ambiente ostile e insegnanti poco preparati ad accoglierlo, o perché la famiglia non rha sostenuto e appoggiato -; ritorno al paese d'origine, e altro ancora. Come l'esempio francese insegna, le seconde e le terze generazioni avranno ben chiaro in mente ciò che desiderano o rifiutano: saranno meno disponibili ad accettare i mestieri scartati dagli italiani - in genere umili e poco gratificanti -; si svilupperanno (già sta accadendo) conflitti familiari a causa delle differenze maturate; qualche tendenza ortodossa o, al contrario, estremamente liberale, si trasformerà in integrali-
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