APIEDI SCALZI Nel1994 ero a Doruma, un gr?sso villaggio a una decina di chilometri dal confine con il Sudan. Virimasi per 5 anni. Oltre all 'amministrazione, mi occupavo dell'officina meccanica e delia faleg!lameria. Al tempo stesso mi fu affidata la responsabilità di portare a termine alcune cappelle rimaste da molto tempo incompiute. Isolata dal resto del paese, Doruma era dimenticata dal governo centrale e le poche strutrure pubbliche erano in pessime condizioni. ll SU· periore della missione decise di affi. darmi il compito di provvedere anche aUe riparazioni dell'ospedale locale e delle scuole pubbliche. Intanto era scoppiata la guerra dei Grandi Laghi, che ben presto si estese allo Zaire, provocando la caduta del regime di Moburu e lo sfascio del suo esercito. Tra la fine del 1996 e l'inizio del '97, vivemmo momenti drammatici. Inseguiti dagli invasori ugandesi e rwandesi, i soldati di Mobutu si diedero alia fuga, abbandonandosi a razzie e saccheggidovunque passassero, non esitando a uccidere chiunque o~ponesse resistenza. Le missioni dell AltoDele furono depredate. Anche aDoruma, fummo costretti ad abbandonare la missione e rifugiarci nella foresta, insieme con le suore congolesi. Per 15 giorni vivemmo sotto un tendone, finché riuscimmo a imbarcarci insieme agli altri missionari della regione su un piccolo aereo, proweduto da varie ambasciate europee, e raggiungemmo Kisangani e poi Kinshasa. Quando nella regione, ormai sotto il controllo dei soldati ugandesi, sembrò ritornata la calma, affrontammo varie peripezie per raggiungere Islro; quindi ci preparammo a rientrare nelle rispettive missioni. TI superiore padre Ariel Hoyos mi accompagnò a Doruma, insieme a padre Honoré Tsiditeta, giovane confratello congolese. n viaggio fu luogo, ma senza intoppi. Anzi, lungo la strada la gente ci salutava calorosamente, felice per il nostro ritorno. Arrivati nella parrocchia, le suoDorumo: suore indigene guidano il conto durante lo celebrazione dell'eucaristia. re congolesi e la popolazione si strinsero attorno a noi, mostrandoci tutta la loro gioia e il loro affetto. Riprendemmo le nostre attività. La gente pensava che la guerra fosse finita. Noi lo speravamo. Ma all' inizio di ottobre del1998, arrivò a Doruma una colonna di ribelli sudanesi, che circondarono la missione, dicendoci che erano venuti con intenzioni pacifiche. Invece, ci fecero sedere rutti nella veranda, guardati da quattro <<angeli custodi», armati di fucile e granate, mentre gli altri svuotarono le camere, uffici e magazzini. Requisirono pure le nostre auto, per portare il bottino oltre il confme. n giorno seguente, sfruttando una loro disattenzione, riuscimmo a eludere la loro sorveglianza e, con l' aiuto della popolazione, ci rifugiammo in un lontano villaggio nella foresta. Vi restammo per un mese, alloggiati in una capanna, affrontando i numerosi disagi della situazione, sostenuti daUa generosità dei nostri cristiani. All' inizio di novembre, dopo aver derubato e saccheggiato tutta la popolazione di Doruma, i ribelli sudanesi si decisero a rientrare nel proprio paese e potemmo tornare alla missione: la trovammo spoglia di rutto. Ma riprendemmo lentamente le nostre attività per quanto fu possibile. Seguirono tre mesi di grande incertezza. A più riprese, gli allarmidi eventuali scorribandedi ribelli ci costrinsero a t:nettere in un sacco le poche cose personali cbe ci erano rimaste e fuggire nella foresta. Uniti ai nostri cristiani celebrammo il natale nella più squisita semplicità e povertà. Approfittando di un momento di calma relativa, un giovane riuscì a portard i saluti del nostro superiore, percorrendo lo bicicletta i 350 km di strada tra Isiro e Doruma. Nel suo messaggio padre Ariel diceva che sarebbe giunto da noi al più presto e ci avrebbe portato le cose di prima necessità, comprese le lampade apetrolio. Watti, arrivò ai primi di febbraio del '99. La sera facemmo un po' di festa e d scambiammo le notizie: erano otto mesi cbe non ci vedevamo. La notte trascorse nella calma, ma alle P.rime ore del mattino fummo svegliati da rumori strani, come sbattere di porte. Ci alzammo in fretta per vedere che cosa stesse succedendo; ma nell 'aprire la porta ci trovammo le armi puntate dei militari sudanesl. Ci intimarono di lasciare tutto; ci spinsero fuori ; ci fecero sedere sui gradini, e cominciarono a rastrellare tutto quello che trovavano, compresi materassi , coperte e biciclette. Al padre Ariel tolsero pure le scarpe e le calze, !asciandolo a piedi nudi. Tutto ciò durò circa un'ora, quando si udirono degli spari provenienti dal villaggio. Sentendosi circondati dai giovani armati di Doruma, i ribelli sudanesi, una quarantina, cominciarono a sparare e lanciare granate, per coprirsi la ritirata. OgnuMC l marzo 2005 paglno 17
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