l - Neisu (Congo Rd) •••••••••••••••••••••••••••••••••••••• l'IVECO••• RACCONTA Per narrare la missione, padre Antonello Rossi ha dato la parola... a un vecchio camion. I nnanzitutto una breve"presentazione: sono il camion della missione, Fiat Iveco, modello 60-8. Anno di nascita: 1988. Per venire a prendermi a Kisangani, padre Oscar mandò Mothis, con un viaggio in aeroplano: ancora oggi egli tnostra ai suoi figH e agli increduli il big1ietto aereo, testimone del suo viaggio tra le nuvole. Quando qualche velivolo solca il cielo di Neisu, lui lo addita orgoglioso e immancabilmente dice: «N gai namataki kuna (io sono salito lassù)». Così iniziai il mio primo viaggio Kisangaoi-Neisu, accompagnato dall'autista Mothis e da padre Fedele Crippa. Attraversai la foresta equatoriale dell'Ituci. Le strade erano discrete e in tre giorni arrivai a Neisu, accolto con gioia e soddisfazione daimissionari e dalla gente. Terminati i battimani... iniziai il duro lavoro e vi assicuro che non è mai mancato. Unico motnento di riposo, le pause forzate a causa di guasti e dci pezzi di ricambio che non si trovavano più a Kinsbasa e che bisognava ormai chiedere a Torino. Ho trasportato di rutto e gente di ogni tipo; sì, perché il camion della missione è polifunzionale. M a andiamo con ordine. La gioia più grande è quella dei bambini della scuola materna. Tutti gli anni, amaggio, le suore organizzano una piccola gita; non vado molto lontano, ma qué.i pochi chilometri sono tiempJti di gdda, strilli e canti. È un g(1Uldi~simo avvenimento, di cui per giorni ne parlano ai genitori e ai fratelli. Per i bambini è come andare in giostra. BraveJe suore che peQsano anche a questo! A volte il mio carico è più preoccupato. Questo avviene ai primi di luglio, quando devo portare una trentina di studenti per gli esami finali di maturità a Isiro. L'atmosfera è tesa e preoccupata. Qualche genitore viene a salutare; altri portaIl mitico lveco, ormai pieno di acciacchi e sempre bisognoso di riparazioni. no banane, arachidi, riso .P.erpoter sopravvivere in città; altri ancora danno gJl ultimi consigli prima della grande prova. Per l'occasione anche il parroco benedice, augurando <<buona fortuna» e ripetendo: «Coraggio! Se avete s~dia~o, .nien~e paura!». Ma lo sappiamo tutti: og_ni upo di esame e setnpre una sorpresa; solo quella fina - le e definitiva ooo lo è più, essendo stato rivelato in anticipo: «Avevo fame... avevo sele... ero ammalato... ». A tmosfera più allegra e fracassona quella vissuta lo scorso novembre, quando tras ortai i 24 giocatori della squadra sportiva~ Neisu, per partecipare al torneo di calcio, organizzato a !siro in occasione dei 100 anni di evangelizzazione nella diocesi. Tornavano trionfatori: cinque vittorie su sci partite disputate. Fatto straordinario che una squadra della foresta riuscisse a battere le squadre cittadihe. Tutti si chiedevano se da «N azaret>~ potesse venire qualcosa di buono... La gioia era talmente grande che all'arrivo si suonò la campana e tutta Neisu si riversò sul piazzale della chiesa. Una cosa paragonabile, fatte le debite differenze, a quello che avviene a Maranello, quando vince la Ferrari. li parroco avtebbe voluto sgridare Mothis, l'autista, che avev1i caricato 100 persone, quando l'ordine dato era di portame solo 30: i 24 giocatori e i 6 accompagnatori. Evidentemente, i tifosi andati a !siro non se l'erano sentita di tornare a piedi (32 km); e cosi, adagio~dagi~ per non rompere le balestre, li ho riportati tuttl a NeJ.su. Anche il parroco, davanti a questo spettacolo gioioso, non se l'era sentita di guastare la festa e, mescolato al-
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=