Missioni Consolata - Febbraio 2005

' PAliSriNA-·SRAEL/E La visione del cinema indipendente La via della pate tra Palestinii e Israele può passareanchedal à· nema (documenta~ film, cortometraggi politically committcd). Da/lavoro corale, dall'amicizia è collaborazione di registi palestinesi e is~:aeliam: da produzioni coraggiose che denunciatzo a unmondò òccidentale sempr~ più sordo e cieco, imbonito dalle manipolazioni dei media, dei politici e dei grandi gruppi indu· striàl.i, la tragedia di un popolo oppresso e quella del suo oppressore. Raccontare le umiliazioni quotidiane subite dai pàlestinest~ la ·vio· lenza che colpisce i bambini dez: villa"i e dei campi profughifin .dentro re loro case .. minando per sempre quel flebile accenno di fid:ucia e di protezionea cui ancora potevano auspteare .. non è argomento che interessi i grand{giornalio le tv. Illflstrarefin nei minimidettagll r effetto catastrofico di ch4 foa i giovani ptJiestines~ si /a espùxiere (Jnnientato d.a folle disperazione, quel/t> sì, è temache stuzzica e coinvolge. Anche la critica nei r;onfroftti .del governo israeliano per la suapolitt(:q. neicmifrontidel;>opoLodi Palestina, per noi occidentali è diventata un tabù: si è subito accusl)ti di antis.emitismo (come se semitifossero solo gli ebrei e non anche tutti gli arabi!). Seppur una gr.a1t parte dei dttpdini europei ritenga che il governo israeliano rappresentt" la m4ggior minaccia per la sicurezza dell'umanità, go.- tJerttPnti e leader di partitofannQ fa· fica a raccogliere gli stimoli della gente comune e a prendere chzar.e posi'zianidi condanna nei confronti della disumana pòli~a anti-palestinese di Te!Aviv. Perché, contrariamentea quanto sostienecettapropaganda e il receJtte libro della giornalista Fiamma Nirenstein (Gli antisemiti .J?rO· gressisti, Rizzoli 2004), denunciare Sharon è i suoi accoliti non significa essere antisemiti, bensì a,vere acuore t'atttica e ricca.cultura ebraica. In!att~ parr.KlossalmeJzte, i giudizi p;ù duri contro l&~ Strategia di Sbaron arriva11o proprio dall'intemo di Israele. Quasi a spiegare che malattia ecurasono compresenti inognirealtà e che sipuò guarire dal dolore, ma attraverso il riconosaimento della. dignità umana del ptopno nemico, ~·­ sraeliano o patestùtese che sia. A.La. MC l f.bbraio 200.5 pagina 58 Yoav Sbamir, Eyal Sivan e Michel Khleifi sono tre /ilmmaker, tre uomini che hanno in comune una grande e bella terra: l'antica Palestina, ora elivisa tra j Territori palestinesi e Israele. I pritni due sono israeliani, il terzo palestinese. Conelividono anche un' altra passione: quella per il cinema eli denuncia sociale e politica. Le loro opere - <<Cbeckpoint» di Shamir e «Route 181» eli Kbleifi e Sivan - sono due capolavori del cinema-documentario, vincitori di numerosi premi internazionali. YOAV SHAMIR, REGISTA ISRAELIANO Inquieto, un po' timido, sempre attratto da nuovi stimoli suggeriti dall'ambiente e dall'epoca in cui viviamo, inglese fluente, Yoav Sbamir, 33 anni, racconta la sua vita e il suo grande amore per il cinema, che, con Checkpoint, è eliventato eli «impegno politico e sociale>>. Laurea in storia e filosofia all'Università eli Tel Aviv, e master in cinematogra6a, il giovane cineastaentra con profondità emotiva nelle questioni esistenziali, sociali e politiche che costituiscono i temi dei suoi documentari. Yoav, su cosa concentra maggiormente la sua attenzione? «Mi interessano i senùmenti, le emozioni della gente eli cui parlo, israeliani, palestinesi o cubani (Cuba è stato il soggetto del mio primo documentario). Cerco eli capire come certe situazioni condizionino i

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