Missioni Consolata - Febbraio 2005

sero a mille miglia di distanza, tanta è l'estraneità tra i due mondi. La città cinese è attraversatada un ampio viale, che è anche l'arteria di collegamento con la parte uigura. Non appena vi si arriva, però, il viale si scioglie in un reticolo di stradine non asfaltate e polverose, gli autobus fanno dietro front e se ne tornano in fretta nella civiltà. All'imbrunire la strada principale a ridosso della moschea si riempie di geme e, finalmente, appaiono i venditori ambulanti di specialità uigure, con un campionario di mercanzie, la cui varietà offusca quella di Kashgor: teste di montone bollire, polpettoni di riso, frattaglie corte, pesce affumicato, specie di patate ovali bollite, di un rosso intenso. l pastai tirano gli spaghetti per il /anghman , mentre alcuni clienti hanno già affondato le loro bacchette nelle ciotole con le porzioni già pronte. I bambini fanno girare le trottole a suon di frustate, mentre i grandi si raccolgono attorno a un televisore, che un venditore intraprendente ha portato in strada per attirare i clienti e che alimenta con un rumoroso generatore. Mi dispiace di non potere comunicare con la gente. In Cina le barriere linguistiche sono insormontabili; ma qui, nella città uigura, sento che c'è curiosità nei miei confronti: non abbiamo una lingua in comune, però me lo dicono i gesti e gli sguardi. Una donna mi fa cenno di sedermi accanto a lei; le sorrido, le faccio capire che apprezzo il suo invitÒ, ma che non riuscirei a parlarle. Lei è contenta così, le basta aver attirato la mia attenzione. È già scuro, torno nella città cinese, al mio albergo cinese. La vera incomunicabilità la speri - mento qui. La mattina ho faticato a trovare un hotel. Uscita dalla stazione degli autobus ho girato a lungo col mio bagaglio avanti e indietro per il viale prima di infilarmi nel portonegiusto. Non è solamente un problema di lingua e di alfabeto: non un gesto, non un cenno, non il minimo tentativo di cercare un contatto. Per fortuna non è sempre cos1, ogni tanto trovi chi tenta di aiutarti; ma spesso aw_i occhi dei cinesi mi sono sentita alla stregua dei muri delle case, materia inerte, priva d'interesse. TRA GRATTACIELI EMUMMIE Aqualche ora di strada a sudest di Hotan parte una camionabile di recente costruzione, che consente di attraversare l'immensa distesa del deserto del Taklamakan, invece di girarci intorno. Così si può arrivare a Urumchi, la capitale del Sinkiang, in meno di 30 ore di autobus. Urumchi è una moderna città cinese; la presenza uigura è molto ridotta. Anche qui faedo fatica a orientarmi; i ricordi di 10 anni prima non mi sono di molto aiuto. Ho cercato di nuovo l'albergo dove ero stata in precedenza; ma al suo posto vi ho trovato un palazzo di 30 piani, bassettino, tutto sommato, rìspetto a quelli che gli stavanocrescendo intorno. U rum chi ha una skyline da fare invidia aManatthan e continua ad arricchirsi di nuovi grattacieli, sempre più alti e avveniristici. Anche case di media altezza non sono al sicuro dalla smania costruttrice degli amministratori locali. «Se in questa remota provincia la corsa alla modernità ha raggiunto simili livelli di frenesia, cosa sta accadendo aPechino?» mi chiedo; ma la mia fantasia non riesce a immaginare niente di plausibile. Molto meglio usare l'energia rimasta per andare a rivedere le mummie custodite nel museo locale: uomini, donne, bambini di tremila anni fa, perfettamente conservati dal dima asciutto del Taklamakan. LI deserto li ha preservati con tale cura, che nulla è andato perduto: capelli, ciglia, sopracciglia, denti, occhi , abiti, monili. Nell'osservare le fattezze di quei volti provo un senso di vertigine: mi sento diventata d'un tratto testimone diretta di quella vita lontana, come se il tempo fosse stato d'improvviso risucchiato. Così, viaggiando tra il XXI secolo e illOOO a.C., sono arrivata all'aeroporto di Urumcbi. L'edificio per i voli internazionali è assai male io arnese: niente a che vedere con il modernissimo terminai dei voli nazionali, cheho potutoammirare da lontano. Noi passeggeri del volo perMosca ci accalchiamo davanti al check in senza quasi lo spazio di rigirarci con i nostri bagagli. Le operazioni d'imbarco, già lente, s'interrompono, La moschea di Yarkant, città ai margini del Taklamakan. Kashgar: mercato degli animali. perché tutti i computer sono andati in tilt. Nell'attesa che riprendano, do una sbirciata alla copia del China Daily, il giornale in inglese, che ho preso in albergo. Devo sfogliado tutto per trovare finalmente quello che sto cercando: le notizie dal mondo sono alle ultime Mc, due pagine. MC / febbraio 2005 pagina 55

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