della pelle, che si distingueva da quello latteo dei cinesi. Era stato allettato dall'idea di ravvivare, con una gita fuori porta, la monotonia di quel convegno, il cui unico motivo d' interesse era il buffet offerto a mezzogiorno e sera. Io gli avrei offerto un passaggio sul taxi e lui ci avrebbe messo la favella. n sito era appena ai bordi deJ deserto e consisteva in alcuni cumuli di macerie grigie. Salendovi, si capiva che quei detriti erano stati edifici, perché sotto i piedi si aprivano di tanto in tanto spazi vuoti , un lontano ricordo delle stanze di un tempo. Non c'era molto che potesse attirare l'interesse del profano, ma, nella sua irrealtà e assoluta desolazione, il luogo soggiogava. Veniva voglia di andare verso l'orizzonte di quel mondo di sabbia, dove il sole non bruciava, nési vedeva, seminascosto dal pulviscolo sospeso nell'aria. C'incamminammo. Quando intorno era scomparso anche l'ultimo segno di vita, eccetto le lucertole albine che ci sfrecciavanodavanti a coda levata, il mio conoscente intavolò una conversazione rischiosa. Ce l'aveva coi cinesi, razzisti, che trattano gli uiguri come gente di seconda categoria, li discriminano, si riservano i lavori migliori, fanno una politica demografica spietata. Gli uiguri cbe vivono in campagna possono, sì, avere fino a tre figli, ma a distanza di tre anni uno dall'altro. Le donne che rimangono incinte portano avanti la loro gravidanza di nascosto; ma se vengono scoperte, sono costrette ad abortire. Mi confidò che le stazioni radio MC l febbraio 2005 pagina 52 più seguite sono la Bbc e la Voice o/ America. Sperava che 1' America sarebbe arrivata anche lì. a sistemare un po' di cose. Ascoltavo senza fare troppi commen6. Non volevo togliergli quelL'illusione. Sul conto dell'America, intendo. Anche una speranza vana, finché rimane viva, scalda il cuore. E poi, potevo fidarmi di lui? Non lavorava, forse, per il partito? ALLA LARGA DAI TURISTI Eppure, quelle parole non dovevano sorprendere sulla bocca di un uiguro. Solo pochi giorni prima, a Kasbgar, avevo misurato 1' ampiezza dell'opera di ricostruzione che il governa di Pechino sta compiendo a spese della cultura locale. Non era la mia prima visita in città; vi ero stata lO anni prima; tuttavia, appena arrivata mi sembrò che la memoria mj tradisse forte - mente. Mi ero fatta portare all' albergo dove avevo alloggiato la prima volta; ma il percorso mi era parso molto diverso da come me lo ricordavo; giunta a destinazione, non avevo riconosciuto né il quartiere, né la via. Rkordavo case basse, filari di pioppi, carretti trainati da muli e cisciò a motore. Adesso c'erano ampi marciapiedi, larghi edifici squadrati, automobili e taxi rossi. Non miricordavo i due aceri finti nell'aiuola accanto alla porta dell'albergo, uno dalle foclie di plastica verde smeraldo e l'altro rosso cardinale, oé l'ascensore panoramico nell'atrio. Noo volevo stare lì. Avevo letto cbe c'era una pensione uigura nel cuore della città, nel groviglio di vicoli intorno alla grande moschea Id Kah. Ne avevo un ricordo vivido, perché lO anni prima quello era il quartiere più interessante per il visitatore: vi pulsava la vita, piazza e strade erano un susseguirsi di botteghe e locali dove gli uiguri si ritrovavano a mangiare kebab, a fumare e bere innumerevoli bicchieri di tè. Ora camminavo nella via affol - lata, tra la polvere e il rombo di macchine al lavoro. Aun certo punto mi
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