Missioni Consolata - Febbraio 2005

del oomejanjaweed) contro i gruppi ribelli presenti nel Darfur. Senonché la furia dei miliziani arabi si è scagliata sempre più spesso contro la popolazione civile, in particolare conero l'etnia zaghawa. Ed è a questo punto che il Ciad entra in scena od conflitto sudanese: il presidente ciadiano Déby, infatti, appartiene proprio all'etniazaghawa, che vive in una zona a cavallo del confine tra i due paesi. Secondo un recente rapporto dellaBanca mondiale, Déby sta subendo forti pressioni da parte della sua élite militare (anche questa di etnia zaghawa), affinché invii l'esercito ciadiano a difendere i «fratelli» sudanesi dalla ferocia deijanjaweed. Si tratterebbe, dunque, per il p re· sideme Déby, di lanciarsi in un clamoroso voltafaccia a Khartoum, nonostante il debito di riconoscenza nei confronti del presidente sudanese Ornar Hassan AJ Bashir, grazie all'appoggio del quale Déby era arrivato al potere in Ciad nel1990. La Pan Sahel Initiotive, dunque, al di là delle parole e delle intenzioni del colonnello Smith, si innesta in una realtà tutt'altro che trasparente, dove l'addestramento militare viene fornito a eserciti di paesi percorsi da profonde contraddizioni politiche, inclini ai reciproci regolamenti di conti e propensi a interferire l'uno negli affari interni dell'alLro, in maniera spesso sotterranea e i.ocontrollabile. Tanto più che, paradossalmente, il più grande successo, per quanto riguarda la lotta ai gruppi terroristici che operano nel Sabd, lo ha ottenuto finora non l'esercito regolare ciadiano, bensì i ribelli di un brancaleonesco «Movimento per la democrazia e la giustizia in Ciad», che ha catturato, nel marzo del 2004, un gruppo di appartenenti all'algerino «Gruppo salafìta per la predicazione e il combattimento» (Gspc), sedicente affiliato di Al Qaeda e bersaglio dichiarato della Patt Sahel Iniliative. L'OMBRA DI BIN LADEN Che i membri di AJ Qaeda siano presenti in Africa occidentale non è una novità; cosl come sono da tempo noti i legami del Gn1ppo salafita con gli uomini di Osama bin Ladeo. «Fu l'allora capo del Gspc, Nabil Sahraoui - scrive H giornalista algerino Cberif Ouazani - che negli anni '90 favorì: l'infiltrazione in Algeria del messo di Bi.o Laden, Abddaziz el Moukrine, e che lo aiutò a lasciare indisturbato il paese, quando Moukrine fu incaricato di organizzare iljihad in Arabia Saudita>}. Il Gruppo salafìta aveva goduto momenti di effimera notorietà, nel 2003, dopo essersi reso responsabile del sequestro di una trentina di turisti europei nel Sahara. I turisti furono rilasciati dietro il pagamento di un riscatto di 8 milioni di doUari, corrisposto dal governo tedesco, grazie al quale il Gspc aveva potuto rimpinguare il proprio arsenale. Il protagonista dell 'operazionefu Amari Saifi, ex paracadutista delle forze speciali algerine, convertitosi al terrorismo con il nome di Abderrezak el Parà, figura di spicco del Gspc, divenutone l'emiro dopo la morte di Sabraoui. Proprio El Farà era alla guida del manipolo catturato nel marzo 2004 dai ribelli ciadiani. La sua cattura ha dato origine a una serie di trattative incrociate tra i governi di Ciad e Algeria, in cui è intervenuto anche il presidente deUa Libia Muhammar Gheddafì, da mesi impegnato a compiacere i governi occidentali, che gli hanno di recente concesso una sorta di riabilitazione internazionale, dopo averlo per anni considerato un nemico irriducibile. La faccenda della consegna di El Parà aveva assunto i tratti di una telenovela: il governo algerino rifiutava di trattare con i ribelli ciadiani e faceva invece pressioni sul presidente Déby, dal canto suo incapace di imporre la propria volontà ai ribelli; fino alla pirotecnica entrata in scena del colonneUo Gheddafì, che minacciò di intervenire militarmente, se El Parà non fosse stato consegnato alle autorità algerine. Moli: cavaliere di etnia dogon, rivestito delle sue regoli e. MC l f.bbraio 2005 pagina 29

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