mericon way o/ lr/e. E poi, da che mondo è mondo, gli schiavi vogliono imitare i pad roni... ». D'accordo, ma gli europei non sono così poveri. Eppure una partedi essi è attratta dall'amedcan way o/ /ife... «Per forza, da molto tempo noi facciamo parte della "megamacchina" americana. La gran parte delle imprese transnazionali sono americane e naturalmente si vede soltanto quella che è la punta dell'iceberg... ». Lei parla di «megamacchina». n libro omonimo inizia così: <(Siamo imbarcati su un bolide che marcia a tutta velocità ma ha perso il guida· tore»... «La "megarnacchina'' è l' organizzazione planetaria, che attraverso la combinazione dj tecniche economiche e scientifiche, sociali e politiche, ha imposto il proprio dominio sul mondo, trasformando tutti gli aspetti della vita, anche quelli culturali. .Attraverso la globaJizza:t.ionc, infatti, l'economia è entrata nella cultura o, peggio, ba p reso il posto della cultura, con effetti distruttivi sulle culture tradizionali e sulle identità locali». n concetto è chiaro. Ma chi sta dietro la «megamacchlna••? «La "megamacchina" è anonima c scnz<l volto, ma i suoi rappresentanti si chiamano G8, Club d i Parigi, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, Organizzazione mondiale del commercio, Forum di Oavos, Camera internazionale del commercio (potente organismo di cui non si parla mai)». Oggigiorno, sembra che le crisi economiche siano sempre più lungbe e soprattutto sempre più frequenti ... Gli economisti spiegano che i cicli ci sono sempre stati. I politici dicono che l' occupazione co· munque aumenta, dimenticando di precisare che i nuovi occupati sono quasi totalmente lavoratori precari (loro dicono «flessibili»), sfruttati e sempre malpagati . <<Il problema della crisi economica generalizzata è che non ci sono più sbocchi: con la mondializzazione l'ultima frontiera è saltata. Fabbrichiamo sempre più beni di consumo, ma chi può comprarli? Questa contraddizione ha potuto essere gestita per 50 anni , perché c'erano lo stato sociale nei paesi del Nord e una politica di sfruttamento dissennato della narura e dei paesi del Sud. Oggi la mondializzazione ha rotto questo modo di organizzazione e necessariamente la crisi è più forte. D'altra parte, non dimentichiamo che il modo di vivere degli occidentali non è più sostenibile. F inora è stato possibile soltan to perché due terzi dell' umanità banno accettato dj vivere al di sotto del minimo». Lei ha parlato dello «stato sociale». Secondo lei, perché si sta procedendo al suo smanteUamento? «Lo stato sociale è stato scalzato dalla mondializzazione del mercato. Attenzione, però. G li stati non spariscono. Sparisce soltanto la loro pos$ib il ità d i regolnre l'economia, mentre resistano ed anzi si rafforzano gli strumenti repressivi in mano loro. Naruralmente questo smantellamento è stato incentivato dalle imprese transnazionali c dai sostenito - ri della "megamacchina" , di cui abbiamo detto. Se il progetto di un impero mondiale americano è destinato allo scacco, il progetto di controllo so· dale rimane. Lo si vede anche in paesi, come la Germania e la Francia, che si sono opposti a Bush. Anche quei paesi arruano una politica interna di repressione e di controllo della popolazione, perché l'insicurezza e la crisi sono nel cuore di questo sistema economico e sociale>>. Si è molto parlato ned.i ultimi anni dei movimenti civifl e della società civile a livello mondiale (da Seattle a Porto Alegre) che lottano per un mondo diverso da quello in cui viviamo. Secondo lei, hanno un futuro o è una moda passeggera? «Hanno un futuro di sicuro, perché anche da noi questo sistema di· venta sempre p iù insopportabile. Ormai anche al Nord c'è distruzione Jell'ambientc, c'è disuguaglianza, c'è poveLtà. Non è necessario andare al Sud...». Dunque, i movimenti civili e mondiali hanno un futuro perché propongono un' idea diversa? «Sì, hanno un futuro perché la p rotesta cominuerà e sarà impo· neote. Nonostante gli stati siano diventati repressivi (con le leggi, con le for.re dell'ordine, ecc.), questi movimenti continueranno a crescere». E come s ingoli possiamo fare qualcosa di concreto? I nostri piccoli gesti quotidiani servono? «Naturalmente. Ci sonomolte cose da fare, ma debbono essere tutte in funzione dell'obiettivo. Dobbia-
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