Missioni Consolata - Gennaio 2005

gliamo la forma di amore che ci mette meno in discussione. Scegliamo una forma di amore che possiamo comprare con i soldi. Non si può pénsare di amare i figli perché si apre il portafogli. Il bambino sente questo amore castrato e falso che gli è stato dato e mette in atto degli atteggiamenti di protesta. Noi diamo un bene piccolo». Quanto~ presente lo sport? «Quando lo sport è presente lo è in maniera quasi ossessiva. Lo sport, l'attività ricreativa, il violino, la danza, il corso di qualcosa, vanno a sommarsi al già grande carico di lavoro che hanno gli studenti, i bambini in particolare. Perché non educhiamo i nostri figli-alunni in maniera meno pesante? Non è possibile che i bambini dopo otto ore di maestra abbiano voglia di ascoltare un'altra maestra. Questo mi impressiona molto. lo penso che non ci sia nulla da imparare per forza. Si creano cosi dei bambini con personalità poco bambine, con ragionamenti da uomini già a otto anni. Vivono per tappe forzate, imposte. Perché oggi tutti i giovani vanno alruniversità? Perché nessuno riesce ad immaginare un futuro felice senza la laurea. Non riescono ad avere il fiuto della felicità, come non lo abbiamo noi. La felicità è diventata diDossier MC l gennaio 2005 ~ina38 pendente dalresterno, dal telefonino come dagli amici, dal corso di qualcosa, dall'amore. Non si riesce più ad essere felici partendo da cosa siamo noi. È un germe che abbiamo inoculato noi a loro. La generazione come la mia, nonostante i grandi ideali ha puntato tutto sui sokli, perdendo di vista il tempo e la gioia». Coso sognano f ragazzi? «Non Lo so. Temo che non abbiano sogni. Alcuni dicono che hanno sogni materiali. Io non sono d'accordo, perché, qualora anche Li aves~ sero, essi hanno la coscienza che sono dei palliativi, sanno che non hanno preso il toro per le corna. Infine, non è forse una grave negazione del sogno anche lo usmontare" la fede dei bambini?». Ascuola si parla della gue"a? «No. Dei ragazzi che conosco io il 98% non segue la cronaca. Le mie lezioni si agganciano alle grandi questioni planetarie. Ho provato a fare un'intervista, anche ai colleghi, sull'argomento Darfur nei giorni in cui questo problema era seguito da ser~ vizi giornalistici. Sai cosa mi rispondevano? «Dar che? Ah! Carrefour!». Dobbiamo fargli capire che il mondo non è il paesino o quartiere dove vivono. Sevado a scuota e faccio un richiamo alla cronaca eclatante del giorno prima, non ho risposta. Se venisse una guerrucola qui e loro dovessero rinunciare ai beni di consumo, il 70% dei ragazzi (ma anche degli adulti) morirebbe di fame. Stiamo combinando un grosso guaio con loro perché li stiamo educando a non affrontare la vita». La chi«Sa e il suo rapporto con f giovani. «La chiesa a mio avviso è un po' ferma. Avrebbe dei canali di presa, sa quali sono le corde da toccare e credo che le realtà più incisive siano quelle missionarie. Ogni anno invito un gruppo di volontariato presentando i loro progetti. Questa è la parte più attiva della chiesa che agisce sui ragazzi. Cinquecentomila giovani sono andati a vedere il papa a Tor Vergata perché vedono una figura in cui credono, un adulto-adulto. Il giovane, più di altri, ha bisogno di scoprire il senso della vita e il papa è coerente con quello che manifesta. Io credo che noi gli confondiamo le idee nella sua ricerca impedendogli di vederlo con chiarezza: questo è peccato. Il papa dice apri· te le porte a Cristo e cercate la verità lungo quella via, con autorevolezza, semplkemente e senz:a esitazioni». •

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