Missioni Consolata - Gennaio 2002

imprigionamento, lontano dal pro- prio villaggio, è l’unica protezione che la legge può offrire. IL FLAGELLO DELL’AIDS «Di per sé, la protezione della don- na in Centrafrica è garantita dal co- dice della famiglia, ma continuano a manifestarsi sempre nuove forme di violenza, altri abusi contro le donne - afferma Maria José Feisani Fei- tuarnbuna, presidentessa dell’Asso- ciazione nazionale delle donne cen- trafricane e deputata al parlamento -. Su un totale di 109 deputati all’as- semblea nazionale, solo otto sono donne: troppo poche per essere ve- ramente influenti. Siamo quattro del partito al governo e quattro dell’op- posizione. Ma quando si tratta degli interessi del paese e della protezione della donna, agiamo in pieno accor- do. Ci stiamo organizzando per far sentire il nostro parere e convincere gli uomini a tenerne conto». Oggi, una delle più gravi sfide del paese è l’epidemia di Aids, che sta causando una vera strage a tutti i li- velli. Si calcola che in Centrafrica 35 mila persone siano giàmorte di Aids e oltre 300 mila siano sieropositive. È una cifra enorme: il 14%della po- polazione del paese. «Nell’assem- blea nazionale, uomini e donne sen- za distinzione, sentiamo il dovere di parlare di questo problema e lottare contro la diffusione della malattia - continua l’onorevole Maria José -. Ne parliamo dappertutto e in qual- siasi circostanza, nelle circoscrizioni e nei raduni delle donne e giovani. Vogliamo che la gente prenda co- scienza del pericolo e faccia atten- zione. Ma cosa fare contro gli inse- gnanti sieropositivi che abusano del- le alunne e le infettano?». In Centrafrica sono sorte molte Ong che lavorano per sensibilizzare ed educare la donna sui problemi dell’Aids. Ne vengono spiegati gli ef- fetti, le cause della diffusione e le precauzioni per evitare il contagio. Ormai in tutte le associazioni fem- minili, anche in quelle confessionali, si parla di questa piaga sociale. Par- ticolare attenzione è rivolta alle stu- dentesse di università e licei, senza trascurare le alunne delle elementa- ri, spesso sessualmente precoci. «La nostra azione non si esaurisce ai problemi dell’Aids - continua l’o- norevole Maria José -. È importante che la donna venga sensibilizzata su tutti i veri problemi che la riguarda- no. Per “veri problemi” intendo la capacità di accogliere i cambiamen- ti che avvengono nella società. Nel- la mia circoscrizione di Mbrés, per esempio, grazie alla collaborazione della missione cattolica e delle suore della mia vecchia scuola, abbiamo lanciato una Ong chiamata Les Ra- meux verts (rami verdi) per fare una capillare campagna di sensibilizza- zione tra le donne, perché si convin- cano a fare vaccinare i figli contro la polio e altre malattie infettive. Altro campo di azione di Les Ra- meux verts è quello economico. Le donne sono molto sensibili a tutto ciò che aiuta amigliorare l’economia familiare, intensificare le coltivazio- ni e commercializzazione dei pro- dotti. Anche questo produce svilup- po e procura risorse da in- vestire nell’educazione dei figli». L a chiesa di S. Paolo a Bangui, la più antica del Centrafrica, sorge esatta- mente sul luogo in cui, nel 1894, sbarcarono i primi missionari spiritani: dal Congo attraversarono l’Oubangui in piroga e iniziarono l’evangelizzazio- ne del paese. Da 33 anni la diocesi è affidata a un centrafricano, mons. Joa- chim N’dayen, ritenuto uno dei punti di riferimento per la vita del paese. Gli chiediamo il suo parere sul ruolo della chiesa in Centrafrica. «Portare il vangelo che lega Dio all’uomo e gli uomini tra loro: ruolo di tutta la chiesa nel mondo. Tale compito è svolto con effi- cacia dai missionari, ora affiancati dal cle- ro locale, religiosi, religiose e operatori a- postolici centrafricani. L’orientamento generale dell’attività della chiesa e della vita dei cristiani è diretto a creare maggiore fraternità tra gli uomini. Ho la netta impressione che la gente ab- bia recepito questa realtà e si aspetti dal- la chiesa cattolica un ruolo determinante di mediazione in situazione di conflitto. Più volte sono stato richiesto di svolgere tale opera. Quando vi furono varie rivolte nell’esercito, per esempio, i ribelli scelse- ro l’arcivescovado di Bangui come luogo rassicurante e neutrale per prendere i pri- mi contatti, parlare, trattare con i rappresentanti del governo. Accolsi tali in- contri per oltre un anno, nel 1996-97. Più recentemente, quando i lavoratori hanno scioperato e la situazione stava facendosi difficile, offrii ufficialmente il mio aiuto, in occasione della chiusu- ra del giubileo. Pochi giorni dopo, i lavoratori chiesero la mia mediazione al- l’unanimità. Accettai questo servizio, coinvolgendo il rappresentante dell’O- nu. Insieme abbiamo trovato uno spazio di intesa fra i lavoratori e il governo. È un peccato che ora lo sciopero sia ripreso, perché lo stato non ha onorato il contratto, non riuscendo a pagare i lavoratori. Ma siamo sempre pronti a svol- gere questo ruolo per portare la pace ai fratelli in difficoltà. Un altro compito che la chiesa si propone di svolgere riguarda la formazione dei giovani. È un problema importante e urgente. A causa degli scioperi, mol- ti giovani non vanno a scuola o la frequentano saltuariamente. C’è malessere tra gli stessi maestri in stato di agitazione. Sentono di penalizzare i loro figli per le manchevolezze del governo. Ancora una volta si guarda alla chiesa. Le scuole del nostro paese impartiscono un insegnamento generico. Vorrem- mo formare i giovani sui valori fondamentali dell’uomo, della realtà, della vi- ta e, al tempo stesso, offrire loro una formazione professionale. Esiste già qual- che cosa presso i salesiani. Ma bisogna fare di più. Spero che, con l’aiuto del- la Conferenza episcopale italiana e la collaborazione di missionari e religiosi locali, potremo presto costruire un istituto di formazione professionale in cui preparare giovani muratori, meccanici, elettricisti, ecc. Se il progetto andrà in porto, tutto il paese ne ricaverà profitto». G.B.A Mc Il ruolo della chiesa

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