Missioni Consolata - Agosto 1907

126 W <ZOt'}SO{ata Ma quali 'erano i mezzi con cui il Venerabile otteneva così oonsolanti risultati? Lo studio accuratissimo che egli faceva dell'indole dei convittori; la sorveglianza continua e minuta che esercitava sui loro atti; la sincera benevolenza e somma delicatezza con cui li trattava anche nel correggerli, ma sovra tutto. il precederli che egli faceva nell'osservanza del Regolamento loro proposto. «D. Cafasso, scrisse D. Bosco, aveva fisso nella mente che il più efficace comando di un superiore è il buon esempio », epperò il programrp.a da lui propostosi per la buona formazione dei convittori era di trovarsi sempre in mezzo a loro. A conoscere come egli potesse attuare tale programma, nonostante le infinite ed assorbenti sue occupazioni fuori del' Convitto, nulla ci può meglio servire che il passare anche noi, in ispirito, un'intiera giornata coi convittori di S. Francesco. Essi, come sappiamo, si alzavano alle cinque o cinque e mezza secondo la stagione, e mezz'ora più tardi si riunivano nella sala di studio per le orazioni del mattino e la meditazione. I primi ad arrivarvi vi trovavano o vi vedevano giungere impreteribilmente il. rettore, il quale, come già usava da ripetitore, preso posto confuso coi convittori su una. sedia. di legno « immobile di corpo, quasi fosse di sasso, con i gomiti appoggiati alla. tavoletta. superiore della. sedia., e durante la meditazione il capo fra. le mani, attendeva alla. preghiera comune·». Appena finita la medesima, i convittori già abilitati alla confessione o designati a dire quel giorno le prime messe, passavano nella chiesa di S. Francesco, mentre gli altri si mettevano allo studio, attendendo il rispettivo loro trirrio per celebrare. Questo finiva. verso le dieci, ~d era. regolato in·modo che chi era primo un giorno, rimanesse l'ultimo l'indomani. I convittori non ancora. sacerdoti poi, alle ore otto e mezza udivano, e per turno Servivano in cotta, la messa della comunità che si celebrava all'altare dell'Immacolata, il quale, abbellito, rimane tuttora allo stesso luogo a destra. dell'altare maggiore in San Francesco. Naturalmente non v'era ora fissa per la colazione, ma ciò non ingenerava il menomp disordine, dovendo ciascuno farla all'gra che gli ·tornava più comoda o in camera sua, oppure nel locale dove si prendeva il caffè o il cioccolatte: le uniche cose che fosse per-• messo farsi portare dal di fuori,' rimanendo assolutamente proibita l'introduzione di qualunque companatico da unire al pane fornito dal Convitto. Il Venerabile intanio, se non era chiamato fuori da un malato grave o da altra urgente occupazione, rimaneva nel suo confessionale, sempre accerchiato; ma anche di là e nelle brèvi apparizioni in sacrestia. sorvegliava i suoi sacerdoti, con un' oculatezza tanto più penetrante quant'era meno. apparente. Nei giorni feriali alle undici aveva luogo la prjma conferenza. Il Venerabile dal giorno in cui era stato nominato ripetitore l'aveva tenuta per undici anni, facendo negli ultin;ji quattro anche quella della sera. Ma divenuto rettore e pressato da infinite e sempre più gravi occupazioni , gli fu forza prendere a .sua volta un coadiutore nell'insegnamento, ' • scegliendo successivamente, coll'usata sua santa avvedutezza, ottimi ripetitori. Nei giorni festivi « a dar comodo ai signori convittori di udire la parola di Dio» come diceva. il Regolamento, essi erano liberi di uscire per recarsi a predica. Cosi giungevano le dodici, ora del pranzo. Durante il medesimo si faceva, fino alle frutta, lettura di libri di storia ecclesiastica. o di altri affini ~d adatti soggetti. Il Venerabile, non accettando da chicchessia·inviti che lo allontanassero dJI.lla mensa comune, al segno del campanello si trovava puntual- • mente in refettorio, tranne nell'ultimo giorno d'ogni quindicina. Secondo una prescrizione regolamentare, i convittori ogni quindici giorni dovevano cambiar posto a tavola. , Sebbene da questa legge fossero esenti i superiori, D. Cafasso ne voleva colpito se stesso, e nel giorno del cambio, giungendo ultimo o fra gli' ultimi in refettorio, prendeva quel qualunque pos.to rimasto dispohibile. .

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