190 lli ~Ot'}SO{ata: che. si lasciasse da frascherie distogliere dai suoi compiti 'in casa; nel recarsi a scuola, di solito, anzichè la via in mezzo d paese, percorsa dai chiassosi suoi condiscepoli, prendeva una ripida e deserta scorciatoia, camminando_cogli occhi sull'aperto libro di testo per ripassare ancora la sua lezione. Cosi coltivato,. il naturale ed equilibrato ingegno di quell'ornino di dieci anni già dava i suoi frutti. Pochi condiscepoli potevano stargli a pari per rapidità nel comprendere e memoria nel ritenere le spiegazioni del maestro; anche i maggiori d'età spesso )o pregavano .di schiarimenti ed aiuti, che sempre ottenevano colla migliore cordialità del mondo. A questo proposito un certo Giovanni Gribaudo narra un grazioso aneddoto: «D. Cafasso - dice - fu mio compagno di scuola; in fatto di studio però se la cavava assai meglio di me, quindi quando io non capivo una cosa, ricorrevo sempre a lui, dom11-ndando spiegazioni che ei mi dava con tutto piacere. Per ricompensarlo largamente... (così allora mi pareva) di quanto egli faceva per me, gli promisi due merli, ma - oh, giovanile incostanza! - non glieli ho poi dati. Sono però sicuro che D. Cafasso mi ha già perdonatO». Certo quando il Gribaudo così rammentava la cosa, il suo debito gli era stato da lunga pezza condonato, ed il non averne mai il piccolo Giuseppe reclamato il pagamento dice quanto egli fosse superiore alle inezie, a cui nella prima età si dàr tanta importanza. Compiuti sotto D. Musso i primi studi di ita:Iiano, il nostro dovette intraprendere privatamente quelli di latino, non essendovi allora per essi pubblica scuola in Castelnuovo. Si recò egli pertanto duraAte tre anni a prender da solo lezione da un altro sacerdote compaesano, D. Moglia; ma la cosa, lungi dall'incres!Jergli, era di pieno suo gusto. Nel raccoglimento tranquillo, così propizio allo studio ed alla pietà, di quei tre anni Giuseppe cominciò a dar segno dell'alta vocazione a cui era chiamato. Non più contento della sola carità di pane materiale, egli, soa-· vemente guidato dallo spirito di Dio, prese colla stessa naturalezza e bontà a distribuire il pane spirituale ed a zelare, senza pur rendersené chiaro conto , la salute delle anime. Mettendo a profitto l'attitudine all'insegnamento prococemente acquistata nel compiacere i suoi condiscepoli della prima scuola, il nostro studente di latino incominciò a far ripetizione di catechismo ai suoi coetanei tardi o negligenti ad impararlo in chiesa. Nella sua famiglia ogni sera si re-_ citava il rosario in comune: giunta l'ora prefissa, egli andava attorno a chiamare e sollecitare i servi, ed all'amabilità del suo invito raramente, anche dopo le più faticose giornate, qualcuno resisteva. I suoi genitori tenevano· in casa come vaccaro un giovanetto al quale, perchè. balbuziente in sommo grado, nessuno aveva mai fatto imparare le preghiere del cristiano. Il nostro si mise alla difficile impresa: ogni sera, ritardandosi anche il sonno, faceva al poco comodo allievo ripetere parola per parola alcune frasi delle orazioni, finchè le avesse ben apprese. Dalli su oggi, dalli domani, infine riuscì pienamente nel pio suo intento, con qual sua fatica e pazienza e con qual gioia del discepolo, si può facilmente immaginare. Fortunatamente, non solo le disgrazie, ma anehe le opere buone sono come le ciliegie che una tira l'altra. Dal radunare ragazzi alla spiegazione del catechismo e famigli al rosario, Giuseppe passò ad invitare di quando in quando piccoli e grandi, tra i parenti e le conoscenze, a recitare in comune preghiere. Talora poi, finite le medesime, egli, fattosi pulpito d'una sedia, prendeva a ripetere con mirabile esattezza le prediche udite in chiesa e ne faceva anche delle proprie, durando, se l'argomento si prestava, anche un'ora, senza punto annoiare gli invitati che rièmpivano la stalla, anzi mandandoli via dilettati e stupiti, chiedentisi a vicenda: Che di_verrà mai questo caro e sapiente fanci·ullo? · Un solo punto nero app.ariva ne~i'avvenire · . che tutti pronosticavano splendido per lui: Giuseppe non alto ed assai esile di ·corporatura, aveva così gracile saluté, da far temere
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