Ut eo.,solata 29 Q - o dolce effigie di Maria Consolatrice, Regina dell'augusta Torino! « E giunsero giorni di maggior dol0re: le brine caddero sul mio capo, ma· sempre superai torrenti di affanno, perchè la mano di Maria sempre mi guidò; la celeste sua provvidenza non mi venne mai meno e, stra· niera e quasi esule, trovai as.ilo ed appoggio nella città. della Consolata. Non posso narrare. tutte le grazie particolari ricevute da Maria SS. chè occorrerebbe scrivere un vo· lume: tenterò piuttosto, nella mia incapacità., di far conoscere l'ultima e più evidente. «Mi trovavo a servire a Tori'no. Ma,-nè per la mia età nè per la mia indole, potevo adattarmi nella casa in cui mi trovavo: arami indispensabile uscire da quella posizione. Quando mi era possibile facevo mia gita al santuario della Qonsolat~, a' raccontarle in quale conturbazione io vivessi, l' impossibilità. di durarvi e la difficoltà. di trovare altra casa adatta. La mia salute andavasi alterando e la mia padrona che se ne acc<l'rse, mi dichiarò che in casa ·su.a nemmeno una mezza giornata avrebbe potuto tenermi in letto. Ragionevolissimo: ella era carica. di bimbi. « L'inverno in quell'anno (1893-94) fu rigidissimo : a Torino l'influenza émpì di ammalati gli ospedali; il pericolo a cui mi esponeva la mia debolezza fisica aumentata dal mio stato d'animo, andava crescendo. Oh, quante volte mi rivolsi, piangente alla Consolata; quante volte io la pregavo e la scongiuravo con tutto il fervore d'aiutarmi come in passato. Ed Ella, la buona Madre? Finse di non volermi esaudire; ·simulò di non intendere neppure le mie preghiere: pareva inaco corrucciata ed il benefizio che io aspettavo da Lei, sotto ai miei occhi lo diede ad altra persona. «Ma come, andavo. io dicendo con figliale lamento, ma come, o Regina di misericordia, siete meco così sdegnata? Non siete forse Voi stessa che dal mio paese lontano, mi avete indirizzat!!- a questa ' vostra città.? Ed ora volete abbandonarmi? Qui tutti vantano le vostre consolazioni: nobili e volgari; giusti o e peccatori: io sola sarò lasciata derelitta da Voi, dopo che mi avete ricolmata di grazie per il decorso di tanti anni? - M~ nè la· menti nè preghiere fingev~~o di più udire da me la Vergine Consolatrice; però nell'apparente suo corruccio andava preparandomi la provvidenza che indefessamente 'Le domandavo, andava appianando le vie, per -cui già. da mesi aveva preparato il perfetto adempimento- de' miei desideri. « L' influenza intanto aumentò insieme colla neve e col freddo: io-lavorai finchè mi fu possibile reggermi in piedi. Ma un mattino riuscii con istento ad alzi!-rmi alle nove, presi un piccolo involto delle mié robe ed uscii, dicendo alla mia padrona che andava a presentarmi all'ospedale. Barcollando, ap· poggiandomi ai muri, ebbi ancora la forza di recarmi al santuario della Consolata : potei accostarmi alla comunione e farmi vedere da Maria SS., che tuttora non mi dava sentore di avermi già. esaudita, tenendomi ignara della grazia ch'Ella voleva farmi, fino all'ultimo momento. «Uscita di chiesa mi venne un'idea; secondandola mi trascinai a prendere il tr&m . che va al paese di ..... dove sapevo di avere 1 una casa ospitale, sebbene povera. Mi vi presentai e trovai la buona mia amica colta anch'essa dall'influenza, ma obbligata tut· tavia a reggere in piedi per accudire a due altre persone della famiglia costrette a stare a letto, perchè più aggravate di lei: io sarei stata la terza malata da servire... Non mi rifiutò per questo: mi disse che al momento . poteva prestarmi un letto sino al venturo sabato, giorno in cui verrebbe da Torino uno della famiglia a dormirvi, come era solito e come n'aveva il diritto. Io accettai con riconoscenza quel letto provvisorio pensando: chi sa che non mi diminuisca il male? Intanto ho dove coricarmi. « Difatti migliorai. Sentivo però tanta ripugnanza a riprendere il mio servizio, che, sebbene avessi pattuito per tutta l'invernata, scrissi alla mia padrona, pregandola a !asciarmi libera. Che respiro ebbi al ricevere una sua cartolina, in cui mì accordava la
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