Jll czo.,solata 105 * * * M. Crawford, una moderna scrittrice in· glese, autorevolissima nel campo dell'azione della donna cristiana, scrive in un recente volume che non è buona opera sociale quella ehe non comincia coll'occuparsi del buon assetto delle famiglie povere, e che non è atta ad esercitarla la donna se non ha prima dato di sè saggio esemplare ·nella propria casa. A questo concetto giustissimo informò preeisamente l'opera sua pubblica Elena d'Aosta, ed appunto divenne regina dei cuori tra i poverelli, perchè prima tale erasi fatta nella sua famiglia. Le case dei grandi sono di vetro, come si dice, e niuno è più severamente invigilato e sindacato di chi pare al disopra d'ogni controllo. È quindi noto quale perfetta armonia regni tra gli augusti coniugi Duchi di Aosta; e per sapere come Emanuele Filiberto di Savoia ami ed apprezzi la sua sposa, basta ricordare il suo contegno negli angosciosi momenti in cui temette di perderla. Tutt1 poi sanno in Torino come i principini Umberto ed Aimone siano sempre con la loro mamma, di cui sono i più preziosi gioielli. Non tutti forse sanno però che ella, non credendosi menomamente dispensata pel suo g~ado dai doveri di ottima madre, invigilò fino dai primi loro giorni sull'allevamento dei suoi figliuoli, prodigando loro personalmente, ed ogni giorno, quelle cure minuziose che tanto pesano alle madri frivole e vane, non -t~mendo di essere disturbata anche la notte dai loro pianti. Naturalmente poi, a più forte ragione, i principini ebbero ed hanno in lei la prima solerte educatrice e maestra, specie per la parte che riguarda la formazione morale e religiosa dell'animo e del ca:rattere; eome per l'insegnamento del catechismo e della storia sacra, materie che ella vuole a sè esclusivamente riservate. Dall'intimità di tale casa, il cui morale decoro d'assai sorpassa il materiale splendore, specialmente a cominciare dalla nascita del suo primogenito, usciva ben sovente Elena d'Aosta per portare il conforto, la pace e l'ordine nelle case dei derelitti dal mondo, dei poveri di beni e di virtù. E niuno era più degno di questa missione. Due volte la settimana almeno, di buon mattino, la Duchessa in abito succinto; con fitto velo sul volto, dal suo Palazzo si recava alla prossima chiesa di S. Filippo, dove l'attendeva una suora della Carità. Con questa - una delle sue guide ed interpreti - la principessa percorreva a piedi, anche nel cuore dell'inverno, le più strette ed appartate vie di Torino; attraversava anditi oscuri, meandri di cortili puzzolenti, e saliva a quelle soffitte che sono· la vergogna di tutte le grandi città. Nel· l'affaticarsi per le strette, mal tenute, interminabili scale, la Duchessa con vivo spi· rito di fede spesso diceva alla sua compagna: Ricordiamoci che nella persona dei poveri, noi andiamo a servire Gesù Cristo. Il gene· roso soccorso materiale che eJla sempre por· tava ai miseri era un nulla; appetto a(lesori del cuore che la Donna regale veniva a prodigar loro, insieme colla stessa sua persona. Spesso la visita era ad una povera madre di 'famiglia ammalata. La Duchessa aiutata dalla suora le rifaceva il letto, la cambiava, puliva i recipienti in uso nelle ~alattie; voleva ella stessa spazzar~ e rassettare la misera stanza nel miglior modo possibile. Intanto accarezzava i bimbi, sebbene coperti di vestine bisun~e, coi visini sporchi e le masse di riccioli biondi o bruni, non solo arruffati e polverosi, ma sovente ancora nidi di schifosi insetti. Anzi le sue mani delicate molte volte liberarono da quel flagello le povere testine, come pulirono biancherie e coltri da ospiti alquanto diversi, ma non meno incomodi. E tutto ciò vincendo terribili ripugnanza, com'è facile immaginare. Anzi il pettinare malate o bimbi, in sul principio della sua carriera di carità, richie· deva' all'augusta Signora un tale penoso sforzo che, sebbene ella tacesse, la suora se ne avvide e la pregò di lasciare a lei quel' compito: - Che, che, rispose pronta la Duchessa, bisogn~t bene avvezzarsi a tutto! - E seguitò a compiere anche quest'opera di misericordia.
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