Missioni Consolata - Novembre 2023

ITALIA Qui: Novembre 2015. Zona di esclusione di Chernobyl. Yuriy lavora rottami radioattivi in un magazzino che ricicla metalli. Dal 2007, il governo ucraino ha legalizzato il riciclaggio di questi materiali con il metodo della sabbiatura. L’azienda in cui lavora Yuriy con altri undici uomini, in condizioni molto pericolose, ricicla 30 tonnellate di metallo all’anno che viene poi venduto ad aziende ucraine e straniere. Attualmente si ritiene che nella zona di esclusione ci siano ancora un milione di tonnellate di metalli, per un valore di un miliardo di dollari. | A destra in alto: 27 aprile 2015. Un incendio si alza dietro la città fantasma di Pripyat, 20 km a nord di Chernobyl. Gli incendi sono una delle maggiori minacce presenti nella zona di esclusione: le ceneri radioattive dei boschi si diffondono nell’atmosfera. | A destra: ottobre 2015. Pripyat. Da sette anni Victor lavora come guardia al checkpoint della città per 12 ore al giorno. Il suo compito è di controllare gli accessi, verificando i permessi. | Qui sotto: settembre 2015. Un dipendente della centrale nucleare di Chernobyl dentro la sala di controllo del reattore n. 4. Sabato 26 aprile 1986, qui si fuse ed esplose il nocciolo del reattore distruggendo il blocco. Dopo il disastro la sala di controllo è stata racchiusa in un sarcofago di cemento e piombo. Da allora l’accesso è limitato ad alcuni lavoratori. negli anni Cinquanta scrisse con la luce pagine memorabili del Neorealismo in Friuli. Pierpaolo che spazia dal ritratto alla fotografia di viaggio, sempre mantenendo alta l’attenzione sulle persone. Sono le persone, infatti, le loro storie, la loro cultura, ad attrarre lo sguardo del giovane fotografo, specialmente le vite dimenticate, quelle ai margini. La Bosnia: ciò che resta È il 1998 quando Pierpaolo decide di documentare le conseguenze della guerra dei Balcani. Il fotografo parte per Sarajevo perché gli sembra impossibile che il conflitto, così vicino a casa sua, sia già dimenticato. Va in Bosnia con due idee molto chiare sul suo lavoro: la prima è che la guerra guerreggiata non fa per lui. Non vuole raccontare il sangue, il dolore dei soldati feriti, il lutto per i compagni morti, lo strazio delle armi e della violenza. In fondo, un soldato che muore sul campo fa il proprio lavoro, come un giornalista di guerra, un umanitario, o qualsiasi figura legata allo sporco affare che sono i conflitti in armi. La seconda idea chiara, forse ancora più importante, è quella di voler raccontare chi è sopravvissuto e deve sopravvivere in un paese dove non ci sono più Stato, leggi, rispetto per la vita. Pierpaolo vuole raccogliere ciò che resta quando si è perso tutto, le piccole storie, quelle che si tende a dimenticare o a nascondere. E racconterà l’alienazione delle persone di fronte al loro presente, al futuro, e rispetto al loro passato. E la coscienza sporca dell’Europa che ha permesso per troppi anni genocidi e pulizie etniche. | MC | NOVEMBRE 2023 52

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