in Egitto, il nemico di coloro ai quali Geremia invitava ad arrendersi (Ger 43,1-7). Non è un caso che la tradizione vuole Geremia morto martire. Il suo libro o altri scritti biblici non ne dicono niente, ma sarebbe coerente con la sua esperienza. Una persona tormentata Già il contesto e il messaggio di Geremia ci hanno messo di fronte a una situazione complessa, faticosa. Ma a tutto ciò si aggiunge anche la personalità del profeta, che non è un combattente e non vorrebbe essere dove si trova né dire ciò che deve proclamare. Si ritiene troppo giovane e incapace di parlare in pubblico (Ger 1,6), è costretto ad annunciare al suo popolo che subirà violenza e oppressione e per questo, quando le cose vanno ancora bene, viene preso in giro (Ger 20,8) e gli viene fatto notare che ciò che annuncia non si compie (17,15). Viene rifiutato dalla sua famiglia (12,6) e si lamenta più volte della propria sorte, che non avrebbe desiderato: «Ahimè, madre mia, che mi hai generato uomo di litigio e discordia!» (15,10). Eppure, ribadisce di non aver voluto annunciare il lutto e la distruzione, ma di essere semplicemente stato mandato da Dio a farlo (17,16). In una letteratura e in un mondo culturale che non erano abituati a cogliere e quindi a narrare le lotte interiori, Geremia appare dilaniato dal desiderio di rinunciare al proprio mandato di parlare a nome di Dio, un compito che sente scaturire da dentro sé: «Mi hai sedotto, Signore, e io ho lasciato che tu mi seducessi. Mi hai violentato, sei stato più forte di me. Mi dicevo che non avrei più pensato a te, non avrei più parlato in nome tuo, ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, NOVEMBRE 2023 | MC | 33
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