OTTOBRE 2023 | MC | 81 di PAOLO CANDELARI PRENDI IL LIBRO E MANGIA librarsi Con la resistenza civile Dentro un conflitto cruento o contro un regime oppressivo, cosa funziona di più? La resistenza armata o quella civile? Al di là delle valutazioni morali, studiare quali azioni sono più efficaci e catalogarle e raccontarle, come ha fatto l’autrice del libro di questo mese, può offrire una risposta semplice e logica. Ne è venuto fuori un database, aggiornato di anno in anno, formato da 623 casi storici, il cui elenco si trova in appendice al libro. Esso dimostra che le rivolte nonviolente hanno avuto successo nel 50% dei casi, contro un 25% delle rivolte armate. Il database è disponibile online al sito del progetto Navco (Nonviolent and violent campaigns and outcomes). Azioni, lotte, movimenti Da quegli studi nasce il libro Come risolvere i conflitti. L’edizione americana è del 2021 e ha un titolo diverso, a mio parere più incisivo: Civil resistance: what everyone needs to know (La resistenza civile. Ciò che ognuno dovrebbe conoscere). È questo, resistenza civile, il nome che Erica Chenoweth dà a quel complesso di azioni, lotte, movimenti che altri chiamano lotta nonviolenta, che Gandhi chiamava Satyagraha, forza della verità. E mette subito in chiaro che si tratta di un metodo di lotta contro il potere costituito, giacché in un mondo e in situazioni ingiuste, i conflitti vanno innanzitutto suscitati, e solo dopo risolti, mentre il nemico peggiore è l’assuefazione a quella che Johan Galtung chiama «violenza strutturale». La nonviolenza funziona? Il libro è organizzato in domande, che costituiscono i titoli dei paragrafi, questi a loro volta raggruppati in cinque capitoli: le «La nonviolenza è una bella idea, però funziona solo in alcuni casi. Se tutti fossimo nonviolenti, il mondo sarebbe più giusto e pacifico, ma non è così, e sin tanto che esisteranno aggressori, prepotenti, tiranni, dovremo attrezzarci per combatterli con le loro stesse armi». «In una democrazia, la resistenza civile è da preferire, ma nelle autocrazie, dove il popolo viene represso da un governo dispotico, non raggiunge risultati». «Di fronte a un’aggressione come quella della Russia nei confronti dell’Ucraina, l’unica resistenza possibile è quella armata». Quante volte abbiamo sentito ripetere questa narrazione, anche da parte di chi non guarda alla nonviolenza con sospetto e rifiuto preconcetto. E quante volte i pacifisti si sono trovati in difficoltà nel rispondere, opponendo petizioni di principio più che fatti? Il libro di Erica Chenoweth nasce proprio per contestare queste obiezioni con i fatti della storia. È interessante che la stessa autrice nella prefazione confessa che inizialmente era molto critica sulle possibilità della resistenza nonviolenta. Nel 2006, con Maria Stephan, iniziò studi sui movimenti sociali contemporanei, catalogandoli tra «prevalentemente violenti» e «nonviolenti», al fine di valutarne, in modo sistematico ed empirico, i tassi di successo. basi, come funziona la resistenza civile, la violenza interna, la violenza contro il movimento, il futuro della resistenza civile. La domanda principale che sottende tutto il volume è: la resistenza civile funziona per ottenere giustizia e difendere i diritti umani? In quali circostanze? Il metodo di lavoro usato astrae Erica Chenoweth, Come risolvere i conflitti. Senza armi e senza odio con la resistenza civile, Sonda, Milano 2023, pp. 448, 22 €.
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