Haitiani C’è poi la questione etnica, perché nei bateyes vivono e lavorano quasi esclusivamente haitiani o loro discendenti. I rapporti tra haitiani e dominicani sono storicamente stati sempre complicati. Haiti, prima repubblica nera a raggiungere l’indipendenza e secondo stato nelle Americhe (dopo gli Stati Uniti), ha occupato varie volte il territorio della Repubblica Dominicana. Nel paese, ancora oggi, la discriminazione degli haitiani è forte. «C’è una storia difficile tra la Rd e Haiti. Quest’ultima è stata additata come il paese della barbarie, perché a maggioranza afro discendente. C’è quindi stata questa introiezione da parte degli stessi migranti haitiani, che spesso disconoscono le proprie radici, tra le quali la religione vodù e le loro credenze». Come per le tradizioni, anche per la lingua: «Per lo stesso motivo, le seconde generazioni tendono a non volere imparare il creolo (kreyol, la lingua parlata ad Haiti, nda), proprio per le introiezioni dell’ostilità della società dominicana. Magari lo capiscono, ma cercano di non parlarlo in pubblico, e non hanno la smania di voler mantenere la cultura, la tradizione. Mentre, invece, i giovani migrati da poco parlano in prevalenza la lingua di origine». Invertire i rapporti di potere Come detto, il fatto che un uomo, per di più europeo, si interessasse alle loro storie è stata per l’antropologo una chiave di accesso, perché era un riconoscere che le loro vite sono importanti, degne di ascolto: «E anche il fatto che facessi un lavoro su di loro, era una maggiore mo- | MC | AGOSTO-SETTEMBRE 2023 60 tivazione per raccontare quello che stavano soffrendo. Erano infatti consapevoli di una condizione di sofferenza, il che permetteva a loro di riflettere e di cercare strategie di emancipazione. Ho deciso di non intervenire in Mujeres con un mio filtro, per mostrare come, anche in situazioni così difficili, le donne trovano dei margini di rivendicazione, autonomia, attraverso una serie di narrazioni che magari non sono così aderenti alla realtà, ma che servono loro per pensare di avere uno spazio di libertà, che in alcuni casi conquistavano effettivamente». Un esempio frequente è quello delle relazioni prostitutive: «Quella che da un certo punto di vista è una relazione di dipendenza, di subalternità dal punto di vista relazionale, loro lo ribaltavano dicendo: “Quello che io ho è un corpo, te lo faccio pagare”. In un certo senso invertivano i rapporti di potere. Come dire: sono gli uomini che dipendono da noi. Antropologicamente è interessante. Nelle nostre categorie di analisi la prostituzione è una condizione di sfruttamento delle condizioni di subalternità della donna. È così, ma ascoltando la voce delle dirette interessate c’è una narrazione che ribalta la prospettiva: siamo noi che decidiamo se a quanto e quando vendere il nostro corpo». Le voci delle sette donne del batey Ciguapa danno origine a un racconto potente, spesso duro, ma con venature di tenerezza. Mostrano la vita concreta di ogni giorno, con le sue fatiche, le paure e le speranze. «Anche aprendo il libro a caso ci si trova immersi in quello che è un dialogo. Come se il lettore fosse presente in questo gruppo di donne che parlano tra di loro e ascoltasse le loro storie. E lui stesso ha la possibilità di farsi la sua idea, diventando attore del senso e del significato che vuole attribuire alle parole che legge». Marco Bello REP. DOMINICANA Sopra: Il libro «Mastico y trago», ed. Editpress, Firenze 2023, €22. | Qui: Raúl Zecca Castel con un abitante di un batey. © Raúl Zecca Castel
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